Il viaggio è certamente una delle esperienze che più ci porta ad esprimere attenzione e sensibilità verso l’ambiente, verso le persone, verso i territori. Il viaggio è movimento, è conoscenza, è incontro ed è scoperta. Qualunque sia la destinazione e la motivazione di una partenza e di un percorso c’è sempre un senso di sorpresa, di emozione, di condivisione che ci pone nella condizione di alzare il nostro livello di sensibilità. E per le realtà e le organizzazioni che hanno il viaggio nella propria missione il tema dell’attenzione verso tutto ciò che concorre a generare impatto ha un valore speciale, sia in termini di sostenibilità ambientale, ma anche di relazione con territori e di gestione delle risorse. Per capire il rapporto tra questa industria, la sostenibilità e l’ESG abbiamo voluto conoscere l’esperienza e i progetti di Costa Crociere grazie al contributo del Sustainability Director e segretario generale di Costa Crociere Foundation Davide Triacca.
Iniziamo subito dal tema ESG: quanto è motivante e necessario il ruolo della misurabilità e dei rating per la vostra realtà? Quali vantaggi intravedete?
L’ESG è ineluttabile. Nel nostro caso, la nostra organizzazione era già ben instradata e solida dal punto di vista valoriale, e con un modello ben impostato sul fronte della raccolta dati quantitativi. Questa organizzazione ci mette nella condizione di apprezzare e valorizzare il frameworkESG, che rappresenta un’opportunità per qualificare il nostro valore a livello di impatto e per differenziarci sul mercato. A questo proposito mi piace sottolineare come sia anche cambiato l’atteggiamento verso questi temi con i colleghi degli altri dipartimenti, che inizialmente percepivano l’ESG come uno strumento per la gestione dei rischi, e adesso lo vedono come una opportunità. Lo scenario è infatti molto cambiato e si è arricchito di contenuti: occorre infatti prendere atto che quando ci si confronta con gli operatori del mercato, su cinque domande che arrivano dagli investitori almeno quattro sono relative al piano di riduzione delle emissioni, ai temi della diversity interna all’azienda, al salary gap, alle condizioni di lavoro, all’impatto ecc. L’attenzione è altissima e mette in diretta relazione le metriche che stanno alla base dell’ESG con la creazione di valore.
Facciamo un passo indietro e vediamo da dove arriva l’attenzione ai temi della sostenibilità per Costa Crociere?
Costa è una compagnia che ha oltre 70 anni di storia, e in Italia è la più storica delle compagnie di crociera, l’unica compagnia del settore a battere bandiera italiana e ad avere sede legale sul territorio italiano. Alla capogruppo, che ha il proprio quartier generale a Genova, fanno capo diverse il marchio italiano Costa Crociere e il marchio tedesco AIDA Cruises, oltre a una service company interna che opera come “fleet operation center”, per un totale di 26 navi..
Rispetto ai temi della sostenibilità Costa Crociere è stata la prima compagnia crocieristica italiana a redigere il Bilancio di Sostenibilità, e quello di quest’anno, relativo al 2021, è il sedicesimo della nostra storia. Va detto subito che parlare di sostenibilità sedici anni fa aveva un “sapore” e un senso diversi dalla sostenibilità che conosciamo oggi. All’epoca era una forma di attenzione e di impegno che sconfinava nella filantropia, che si è poi arricchita di contenuti ed è diventata responsabilità sociale d’impresa, per poi vivere i passaggi che l’hanno resa il moderno concetto di sostenibilità e creazione di valore condiviso, sino in ultimo alla rivoluzione ESG. La trasformazione che abbiamo vissuto in questi anni è molto profonda, e solo per citare la mia esperienza, nel 2008 ricordo di aver fatto fatica a trovare un relatore per la mia tesi di laurea sulla sostenibilità dei biocarburanti. Oggi lo scenario è cambiato e la diffusione di sensibilità e competenze su questi temi si è molto diffusa e approfondita. Oserei dire abusata; per questo dietro all’acronimo ESG si celano anche molti rischi, oltre che opportunità.
Possiamo dire che in passato, la sostenibilità aveva un carattere elitario? Adesso la sostenibilità è diventato un tema mainstream, come, come Costa vivete questo cambiamento?
La sostenibilità elitaria, vissuta per diverso tempo come un costo da sostenere per incontrare un certo tipo di pubblico, ha rappresentato a mio avviso un danno -forse necessario- che ha rallentato il processo di comprensione e “assorbimento” completo dei veri principi della sustainability nei processi aziendali. Oggi per fortuna non è più così. Lo scorso anno a luglio, abbiamo presentato il nostro “Manifesto per un turismo di valore, sostenibile e inclusivo”, condividendo il primo decalogo di questo tipo che esprime a tutti gli effetti il purpose della nostra compagnia su questi temi.
Nei 10 punti che fissano la nostra missione troviamo principi che spiegano in modo molto chiaro il senso del rapporto tra attività imprenditoriale e sostenibilità, come ad esempio i principi in base ai quali le destinazioni non sono da intendersi solo come luoghi, ma come comunità di persone da incontrare e da conoscere. Si tratta di un salto importante nel quale si trova il concetto e il riconoscimento che i nostri viaggi non sono concepiti al solo scopo di visitare territori, ma per incontrare comunità che sono disposte ad ospitare le nostre navi. Il decalogo guarda poi alla prospettiva del 2050 per traguardare obiettivi di neutralità climatica, con una serie di azioni che nascono proprio dal purpose, che propone un ripensamento del senso stesso del viaggio.
Veniamo esattamente ai vostri obiettivi nell’orizzonte 2050 e al ruolo degli SDGs?
Nel 2016 abbiamo indirizzato sin da subito la nostra strategia di sostenibilità agli SDGs. Nel mio ruolo di Direttore della sostenibilità, da un anno e mezzo ho contribuito a rivedere la strategia di sostenibilità che presenteremo entro inizio autunno. L’abbiamo concepita partendo dal ruolo fondamentale e naturale che i dipartimenti di sostenibilità devono svolgere, anche come osservatori verso il mondo esterno. Abbiamo riflettuto e lavorato sulla necessità di leggere i trend e i fenomeni di trasformazione, sia per quanto la nostra industry nello specifico, sia come fenomeni sociali o come trend che riguardano altre industrie, ma che impattano sulle nostre comunità di stakeholder. Abbiamo incrociato questa conoscenza con la missione di una compagnia che si pone l’obiettivo di vivere questa trasformazione in una prospettiva che guarda al 2050 e abbiamo definito obiettivi che attengono alla neutralità climatica, alla gestione dell’impatto sociale e alla trasformazione delle nostre attività in relazione alla trasformazione generale delle società nelle quali operiamo o con le quali ci relazioniamo grazie ai nostri viaggi. In altre parole, ci siamo posti l’obiettivo di dare vita e creare un ecosistema accelerativo per gestire al meglio questa trasformazione e abbiamo dato vita a un network globale di asset composti da università, startup e centri di ricerca al servizio delle comunità.
Si tratta di sustainability management che guida quindi prima di tutto un processo di conoscenza e di orchestrazione di diverse competenze?
Il dipartimento di sostenibilità ha il compito di osservare e mettere a disposizione dati. L’analisi di materialità, ad esempio, è uno degli strumenti con cui possiamo decodificare e rendere intelligibili ad altri colleghi opportunità e rischi del mondo esterno in chiave di impatto. Al sustainability management viene affidato anche il compito importantissimo di fungere da facilitatore e da team in grado di mettere in atto processi.
Facciamo qualche esempio?
Nel caso dei progetti relativi alla riduzione della plastica monouso a bordo, il team sustainability mette a disposizione un supporto ai colleghi di hotel operation, interfacciando tutte le funzioni a bordo e a terra per fare in modo che quelle strategie vengano messe in pratica e vengano controllate e misurate. In un’organizzazione ampia e globale come la nostra c’è anche la necessità di superare il gap che talvolta divide disegno delle strategie a terra ed esperienza a bordo, e per farlo abbiamo bisogno anche di persone e competenze specifiche.
Attraverso la vostra attività, operate come mediatori tra esigenze legate al business e obiettivi di sostenibilità. Quali sono gli strumenti di conoscenza e di indirizzo per questa attività?
Per redigere la nostra strategia di sostenibilità, abbiamo analizzato più di 200 paper tra studi universitari, accademici e di “big consultancy firm”, abbiamo processato grandi quantità di dati, abbiamo identificato trend rilevanti per la nostra industria, li abbiamo incrociati con la nostra catena del valore. Su queste basi abbiamo studiato la nostra governance, dal design delle navi sino alle prospettive legate al loro smaltimento, e abbiamo identificato i temi che determinano il nostro impatto e che incidono nello stesso tempo sul nostro valore. Abbiamo messo in relazione questa conoscenza con i componenti della nostra supply chain e abbiamo individuato delle azioni che determinano appunto la creazione di nuovo valore per noi e per le comunità. Sulla base di questa “mappa” del nostro impatto abbiamo lavorato per posizionarci nell’ambito di un percorso che ci porta ad essere un riferimento anche a livello di sostenibilità. Tutto questo con il coinvolgimento di tutte le figure che portano valore su questi temi: dal top management al procurement; dall’hotel operation al marketing; dall’IT al facility. Con tutte le operations e con il loro contributo abbiamo anche valutato con precisione quali obiettivi erano raggiungibili in un certo arco di tempo, su quali eravamo stati poco ambiziosi e quali invece richiedevano trasformazioni più profonde. Questa ulteriore analisi ci ha permesso di lavorare per tradurre quegli obiettivi teorici in pratica con la massima consapevolezza sui possibili risultati.
Come misurate le performance relative alla sostenibilità? Quali sono i KPI di riferimento?
Riteniamo di essere uno dei champion rispetto all’identificazione di indicatori quantitativi per misurare il nostro percorso di sostenibilità. Per due ragioni: il fatto che da 16 anni la rendicontiamo, e oggi il nostro report è basato sul GRI 4 con un set di indicatori molto ampio; e in secondo luogo perché abbiamo un sistema gestionale operativo in house che mette a disposizione di tutta l’organizzazione, con diversi livelli di accesso a seconda del ruolo, i dati relativi alla gestione della flotta con un livello di dettaglio importantissimo anche in termini di dati relativi alla sustainability.
Siamo nella condizione di disporre di dati che, con uno scarto di tempo minimo, ci permettono di parlare di sustainability in real time. Grazie anche a questi strumenti saremo nella condizione nel 2024 di presentare un bilancio relativo al 2023 con i financial statement in ottemperanza delle norme europee anche per quanto attiene alle informazioni non finanziarie. Accanto a questo continueremo a redigere un bilancio di sostenibilità, anche se non è per noi un obbligo legale, ma rappresenta uno strumento al quale affidiamo un compito di condivisione della conoscenza e di coinvolgimento verso gli stakeholder e i portatori di interesse.
Com’è il modello organizzativo del tema sustainability e come ci siete arrivati?
Da qualche anno sono responsabile della Fondazione Costa Crociere tramite cui realizziamo progetti ad alto impatto sociale grazie al lavoro che parte da un team di 6 persone. Partendo da questo ruolo ho poi assunto anche il compito di direttore del Dipartimento di Sostenibilità sulla base del principio che vede l’unione in un unico team di due funzioni: sostenibilità e fondazione che lavorano e si scambiano competenze, best practices ed esperienze verso l’obiettivo comune del purpose di Costa Crociere. Ovviamente nel rispetto rigoroso del mandato statutario e dell’indipendenza reciproca. Il nostro modello operativo è peculiare ed è basato sull’unione di competenze multidisciplinari focalizzate sul tema della generazione di impatto positivo verso l’organizzazione interna ed esterna.
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