Catene del valore e Procurement. Per Cesare Guarini non ci sono dubbi, per stimolare e sostenere delle strategie e dei piani di Sostenibilità veramente efficaci le aziende devono focalizzare l’attenzione sulle Supply Chain e sul ruolo degli Acquisti. Le problematiche e le opportunità legate all’evoluzione verso logiche di sostenibilità e il raggiungimento degli obiettivi passano anche da queste prospettive, che analizziamo grazie alla visione e alle esperienze di Cesare Guarini è Director Sustainability Procurement Philip Morris International (PMI) manager impegnato da oltre 10 anni sui temi della Sustainability transformation.
Perché le Supply Chain sono così importanti e perché il Procurement riveste un ruolo così centrale nei percorsi di Sostenibilità delle imprese?
Va detto innanzitutto che la sostenibilità rappresenta una opportunità unica per le funzioni Acquisti e Procurement delle aziende. Si tratta di una sfida che permette a queste professionalità di elevare il proprio valore strategico aumentando il campo d’azione in un ambito in cui il loro ruolo è assolutamente fondamentale. Perché? Perché un’azienda diventa veramente ed interamente sostenibile solo se lavora bene a livello di Supply Chain. Il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità nell’ambito del tradizionale perimetro aziendale è generalmente ben identificato e le aziende dispongono delle leve per poter agire o possono acquisirle e svilupparle. Ma questioni chiave, nell’ambito delle aziende di produzione, emergono anche a livello di Supply Chain: sono nella capacità di disporre di fornitori sostenibili e solamente il Procurement permette di intercettare questi problemi e, soprattutto, risolverli.
La funzione Acquisti dunque come fattore chiave per le strategie di Sostenibilità?
Va detto che si tratta di un punto di incontro tra una funzione che naturalmente deve fare propria la sfida della sostenibilità, anche in termini di competenze, e la responsabilità dell’azienda che deve investire risorse per permettere una evoluzione della funzione di Procurement in grado di controllare e pilotare la gestione della Supply Chain in funzione degli obiettivi di sostenibilità. Non è solo un compito in più per questa funzione: è una visione nuova, più strategica ed articolata di questo ruolo.
In sostanza per raggiungere obiettivi di sostenibilità serve un percorso di engagement e costruzione delle competenze continui con i fornitori. Perché una cosa è creare le condizioni per realizzarli all’interno e ben altra cosa è realizzarli all’esterno.
In altre parole, se vogliamo leggere questo percorso in termini di riduzione del Carbon Footprint come possiamo considerare questo approccio?
Se guardiamo ai differenti Carbon Footprint “Scope”, per ottenere riduzione di CO2 nello Scope 1 e nello Scope 2 posso investire e li posso realizzare direttamente o indirettamente negli stabilimenti o nei mezzi produttivi che sono sotto il controllo dell’azienda, con lo Scope 3 entrano in gioco altre competenze e si fa fronte ad altre sfide. In particolare, si esce dal perimetro aziendale e occorre saper fare un engagement positivo e convincere i propri fornitori della necessità di raggiungere e garantire determinati obiettivi, occorre coinvolgerli nel proprio percorso di sostenibilità ed ottenere il loro commitment. In questo caso non è solo una questione industriale, ma ci sono importanti risvolti legati a strategie commerciali, ed anche culturali, considerando che ci possono essere fornitori che operano in aree del mondo dove la sensibilità e le normative hanno un peso diverso. Significa, in sostanza, proporre l’adozione di un paradigma comune che unisca tutti gli attori nel segno di una sensibilità diversa ai temi della sostenibilità, che vanno quindi ad acquisire un valore centrale, essenziale, e da cui non si può prescindere.
Facciamo un passo indietro, da dove arriva la tua passione e il tuo percorso professionale verso la sostenibilità e come sei arrivato al Sustainability Procurement di PMI?
Il mio è un cammino verso la sostenibilità che inizia nel mondo della chimica, sono infatti entrato in PMI Sustainability Procurement nel 2019, dopo 7 anni in Clariant dove abbiamo creato l’organizzazione degli acquisti di sostenibilità. Clariant e in generale l’industria chimica sono impegnati sui temi della sostenibilità a livello di ripensamento strategico delle catene di fornitura. Il coronamento di questo visione è rappresentato da TfS – Together for Sustainability la joint initiative in forma di global network composta da 34 industrie chimiche, impegnate nella condivisione di de facto standard globali per misurare le performance ESG delle supply chain del mondo chimico N.D.R.). Ho avuto la possibilità di rappresentare Clariant in questa iniziativa e ho avuto modo di far crescere la passione per la sostenibilità. Sono anni, quindi, che questo tema riveste un’importanza centrale nel mio percorso professionale, culturale e direi anche umano.
Come è cambiato l’impegno e il lavoro sulla sostenibilità in questi anni?
Per molto tempo lavorare sui temi della sostenibilità voleva dire stare nel “backoffice” e richiedeva molta pazienza e resilienza. Nei primi tempi non era percepita come una priorità e il core business era identificato altrove. Poi le cose sono cambiate di pari passo con la crescente consapevolezza dei problemi mondiali legati al clima e ai diritti umani e la sostenibilità è diventata prioritaria. Fa piacere constatare come durante le interviste di candidati per ruoli in Procurement una delle domande più frequenti attenga proprio alla richiesta di spiegazione sulle strategie di sostenibilità dell’azienda.
Se si dovesse definire il punto di riferimento di una strategia di sostenibilità, da dove si dovrebbe partire?
Dalla consapevolezza. Il grande esploratore Robert Swan (QUI maggiori informazioni) primo uomo al mondo a raggiungere a piedi sia il Polo Nord sia il Polo Sud, ha osservato che il “più grande problema che affligge la sostenibilità del pianeta è che purtroppo ciascuno è indotto a pensare che qualcun altro se ne occuperà“.
La consapevolezza che ciascuno può e deve fare la propria parte è il vero punto di partenza per tutto. Il secondo passo è la responsabilità che consegue alla consapevolezza. Responsabilità anche verso le generazioni future, secondo l’assunto di un grande filosofo come Hans Jonas.
Chiaro, ma non basta, soprattutto in una prospettiva aziendale?
Certamente, dal punto di vista delle aziende per la sostenibilità un fattore chiave è dato dalla necessità di partire e di agire “with the end in mind“, avendo ben chiaro un punto di arrivo e su questo costruire un percorso di sostenibilità altrettanto chiaro. Per il Procurement significare elevare la sostenibilità a fattore integrante dell’intero ciclo di vita di gestione dei fornitori come lo sono prezzo, qualità, servizio. In altre parole, la sostenibilità non può più essere vissuta come compliance, ma deve diventare parte integrante ed il modo stesso in cui gestiamo il business.
Concretamente come ci si arriva?
È uno dei compiti innovativi del Procurement appunto, che deve saper portare i valori di sostenibilità adottati dall’azienda anche a livello di gestione dei fornitori e favorire una diffusione di questa cultura. Non è un compito facile ed attiene alla capacità delle aziende di costruire una visione di insieme, di collaborare con altri partner, di dar vita a un gioco di squadra con stakeholder esterni lungo l’intera catena di valore.
Siamo a tutti gli effetti nella stakeholder economy?
Certamente, con la sostenibilità si tratta di attuare strategie interne ed esterne che devono condividere gli stessi obiettivi e gestire leve di mediazione e di indirizzo che possono avere una diversa percezione delle priorità di trasformazione o che possono affrontare complessità molto diverse. Aziende e fornitori necessitano di competenze adeguate e magari di nuove modalità di produzione. In questo senso si deve parlare di una innovazione strategica sia interna ed esterna.
Vediamolo meglio.
Nella strategia interna è necessario legare obiettivi di sostenibilità al sistema complessivo di valutazione delle performance delle persone e del business. La trasformazione deve essere premiata: chi è più avanti, dedica risorse alla sostenibilità, e raggiunge risultati tangibili va incentivato e ricompensato, e questo approccio deve diventare un vero e proprio impegno strategico sulla sostenibilità a lungo termine. In questo journey occorre saper portare le persone migliori sui temi e sugli obiettivi della sostenibilità.
Dal punto di vista dell’azione esterna verso la sostenibilità, quali sono i fattori chiave?
I pillar strategici di riferimento che non possono mancare sono tre: gli standard, la collaborazione e l’innovazione digitale. Ovviamente gli standard sono il presupposto di qualsiasi percorso in cui ci sono obiettivi da raggiungere a livello di mercati globali e per i quali è quindi necessario fare riferimento a dei benchmark riconosciuti e favorirne l’adozione. Gli standard sono nello stesso tempo fondamentali nel lavoro nella supply chain, che può essere meglio coinvolta ed indirizzata nel viaggio verso la sostenibilità solo se prodotti e processi possono essere misurati e verificati sulla base di standard condivisi. La valutazione del fornitore deve a sua volta poter fare riferimento a dati e a proofpoints che possano essere verificati facilmente e velocemente. La sostenibilità sarà veramente parte integrata nella gestione del business solo quando arriveremo a standard e quindi valutazioni di performance veramente riconosciuti da tutti.
C’è poi il pillar della collaborazione: i risultati assumono un valore tangibile sole se sono condivisi e si raggiungono solo se si attivano forme di collaborazione con tutti gli attori.
In terza istanza il tema del digitale, come vero fattore abilitante che permette di agire su tutti i piani della sostenibilità: engagement, trasparenza e impatto.
Focalizziamo l’attenzione sul digitale e sui dati. Qual è il loro ruolo?
Occorre prendere atto del collegamento fondamentale che lega innovazione e sostenibilità: al giorno d’oggi, chi innova ha a che fare direttamente e indirettamente con la sostenibilità. Nello stesso tempo occorre considerare che il mondo è sempre più dinamico e che viene rappresentato in dati. Se ci si muove verso una sostenibilità basata sulla creazione di ecosistemi, i dati e il digitale sono gli ingredienti di base per attuare le forme di collaborazione che sostengono questi ecosistemi.
Tornando a PMI, quali sono i successi e quali i prossimi obiettivi in quest’ambito?
Sono tanti i passi in avanti che stiamo già facendo per ciò che riguarda la sostenibilità. Un esempio? Il livello Gold della certificazione Alliance for Water Stewardship (AWS) ottenuto a ottobre 2021. Si tratta di una certificazione sull’utilizzo responsabile dell’acqua nelle aziende e istituzioni pubbliche operative all’interno del bacino idrico di approvvigionamento. Siamo i primi in Italia a ricevere questo tipo di riconoscimento. E a livello globale, di recente Philip Morris International è stata riconosciuta per il secondo anno consecutivo come leader ambientale globale da CDP con il punteggio Tripla A.
Guardando al futuro, nel caso di PMI i nostri fornitori svolgono un ruolo fondamentale per il raggiungimento dei nostri obiettivi di sostenibilità. PMI intende rifornirsi dai propri fornitori critici in modo sostenibile al 100% entro il 2025, ridurre del 50% l’impronta di carbonio in scope 3 entro il 2030, diventare carbon neutral nella value chain nel 2040, ed arrivare al 100% di deforestazione zero negli imballaggi entro entro il 2025 (a livello di foreste primarie).
Come azienda globale, dobbiamo non solo ambire a tali obiettivi e realizzare questi risultati, ma dobbiamo dare l’esempio ed investire nella trasformazione dei nostri fornitori per coinvolgerli in questo percorso anche attraverso lo sviluppo delle loro competenze, considerando che le aziende di minori dimensioni non sempre hanno risorse dedicate alla sostenibilità. Il tutto, spesso, considerando che questa trasformazione va messa in parallelo anche con altre trasformazioni.
Ovvero? Approfondiamo con esempio
Prendiamo sempre l’esempio di PMI che ha attuato un piano un piano dedicato a nuovi prodotti senza combustione. In questo caso la trasformazione verso la sostenibilità è anche una trasformazione di prodotto, ovviamente di processo e di comunicazione e posizionamento. In generale, e soprattutto quando la sostenibilità si salda con altre grandi sfide, c’è una tema fondamentale di rigore sui risultati. Il procurement deve aiutare alla costruzione di supply chain sostenibili ma deve farlo nel rispetto di obiettivi tradizionali che sono quelli finanziari e di qualità e deve collaborare con le altre funzioni aziendali per dimostrare concretamente che se non si raggiungono risultati di sostenibilità non ci saranno nemmeno i risultati finanziari.
Che ruolo hanno i rating ESG nella creazione di questi percorsi e nel raggiungimento di questi obiettivi?
Un doppio ruolo: la sostenibilità non può essere solo un impegno etico e di intenzioni, c’è bisogno di definire obiettivi, di raggiungerli e di misurare le performance concretamente. I rating permettono di definire dei parametri anche reputazionali validati esternamente e di confrontarsi sul mercato anche su queste performance.
Poi c’è l’aspetto ESG più legato ai mercati finanziari: l’ESG rating apre le porte a forme di premialità che possono incidere in modo molto significativo sul futuro delle aziende in termini di condizioni di finanziamento ad esempio.
In ultimo c’è un tema di regulatory framework che sta accelerando, con le crisi climatiche che contribuiscono ad aumentare la sensibilità e le aspettative dei consumatori e con i regolatori che quindi intervengono. Per molte aziende la capacità di rispondere alla compliance normativa può rischiare di diventare un bottle neck che può arrivare a porre dei limiti anche alla capacità stessa di operare.
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