Chi è il Sustainability Manager in Italia, quali sono le sue mansioni, le sue priorità, le competenze e le principlai problematiche che deve affrontare nella sua attività? Per rispondere a queste domande e per capire il ruolo e le sfide del sustainability manager il Laboratorio RISE dell’Università di Brescia ha realizzato la ricerca “Il ruolo del sustainability manager” presentata in occasione dell’evento “Il ruolo del sustainability manager: prospettive, competenze, sfide” organizzato presso l’Università di Brescia.
L’intervento di Carmine Trecroci, Presidente della Rete delle Università Sostenibili, ha sottolinea l’impegno del mondo accademico e della Rete delle Università Sostenibili, Nicola Saccani, professore associato dell’Università di Brescia e membro del Laboratorio RISE ha poi portato l’attenzione su Digitale, sostenibilità ed economia circolare, ovvero sulle tre grandi trasformazioni della supply chain e sull’impegno dell’Università di Brescia su questi temi.
A questi due interventi è seguita l’analisi di Gianmarco Bressanelli, ricercatore presso il Laboratorio Rise dell’Università di Brescia che ha presentato i risultati della ricerca su “Il ruolo del Sustainability manager“.
(Per avere una visione completa dell’evento vai all’articolo Ruolo e sfide dei sustainability Manager in Italia n.d.r.)
Ruolo e sfide del sustainability manager: la ricerca
Bressanelli ha subito precisato come lo studio abbia analizzato il profilo di 78 professionisti che si occupano di gestione della sostenibilità in azienda. La maggior parte dei partecipanti alla ricerca proviene da aziende di grandi dimensioni, con un fatturato consolidato di gruppo superiore ai 50 milioni di euro. Si tratta poi di aziende distribuite principalmente nel Nord Italia (Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna), con una significativa concentrazione (un terzo del campione) nella provincia di Brescia. L’indagine in particolaresi è focalizzata sul settore manifatturiero, riflettendo per certi aspetti l’ambito di competenza degli ingegneri gestionali industriali che hanno condotto lo studio.

Nomenclatura e parità di genere
L’analisi dei titoli professionali ha confermato che sebbene “Sustainability Manager” sia la definizione più comune, esiste una grande varietà di modalità e di espressioni utilizzate per questa figura, evidenziando la natura ancora in grande evoluzione di questo ruolo.
Un primo dato molto interessante emerso dall’indagine ed evidenziato da Bressanelli riguarda il raggiungimento della parità di genere tra questi professionisti, un segnale positivo sebbene il campione non sia statisticamente rappresentativo dell’intera popolazione italiana.
Posizionamento organizzativo e risorse
Dal punto di vista del posizionamento in azienda nella maggior parte dei casi, i sustainability manager riportano direttamente alla direzione aziendale, sottolineando, con questo dato l’importanza strategica attribuita alla sostenibilità. Tuttavia, in una minoranza di casi (24%), la figura riporta a un responsabile di funzione (amministrazione, finanza e controllo, ufficio tecnico, R&S, produzione, marketing e vendite).
Per quanto riguarda le risorse finanziarie, circa il 50% dei sustainability manager dispone di un budget preassegnato, mentre l’altro 50% riceve finanziamenti caso per caso.
In termini organizzativi i team dedicati alla sostenibilità sono ancora relativamente piccoli, con un 35% del campione costituito dal solo sustainability manager e un 45% che collabora con un team di due o tre collaboratori. Come testimoniato da un intervistato, il team più ampio del sustainability manager è spesso l’intera azienda, data la necessità di interagire con diverse funzioni aziendali.
Il percorso professionale e la provenienza
La figura del sustainability manager è relativamente nuova: una parte significativa degli intervistati ricopre questo ruolo da meno di un anno, e un altro 35% da 1 a 3 anni. Bressanelli sottolinea come sia interessante notare che la maggior parte delle aziende (57%) ha sviluppato internamente questa figura, ricorrendo a professionisti già presenti in azienda che ricoprivano altri ruoli. Solo il 32% delle aziende ha ricercato un sustainability manager direttamente sul mercato.
Attività e responsabilità chiave
L’indagine ha identificato e raggruppato le attività tipicamente svolte dai sustainability manager in tre macro-aree:
- rendicontazione e comunicazione esterna
- attività tecniche aziendali (legate ai sistemi di gestione)
- attività relative ai prodotti
Le attività più frequentemente attribuite al Sustainability Manager sono la rendicontazione di sostenibilità, la gestione dei rapporti istituzionali e la misura della carbon footprint.
Al contrario, la progettazione e realizzazione di progetti a carattere sociale e la gestione dei sistemi di gestione sono spesso demandate ad altri uffici. Si nota poi una marcata distinzione per quanto riguarda le attività legate ai prodotti: un terzo delle aziende non svolge alcuna attività in questo ambito, mentre un altro terzo attribuisce la responsabilità di queste attività al sustainability management.
Profili tipo di sustainability manager
Dall’analisi delle attività svolte, sono stati definiti diversi profili tipo di sustainability manager che possono essere riferiti a quattro diversi profili:
- Focalizzato sulla comunicazione esterna (33%): Si concentra su rendicontazione e rapporti istituzionali.
- Focalizzato sul prodotto (14%): Si occupa principalmente della valutazione dell’impatto ambientale dei prodotti e dell’ecodesign.
- “Caotico”: Ovvero responsabile di poche attività specifiche ma appartenenti ad ambiti molto diversi, spesso in contesti aziendali meno strutturati.
- A tutto tondo (5%): Presidia in modo organizzato tutte le aree di attività (rendicontazione, prodotto e tecniche aziendali).
Competenze prioritarie per il ruolo e le sfide del sustainability manager
Bressanelli sottolinea come secondo i sustainability manager intervistati, le competenze tecniche di prodotto e di processo sono considerate prioritarie, in quanto permettono di dialogare efficacemente con le diverse funzioni aziendali. Anche le soft skill, in particolare quelle legate all’intelligenza emotiva e alla capacità di coinvolgimento e leadership, sono tuttavia considerate fondamentali. Emerge in generale una fondamentale multidisciplinarietà di competenze necessarie per svolgere questo ruolo.
Strumenti Software Utilizzati
L’indagine ha rivelato, forse con quale sorpresa che lo strumento software più utilizzato a supporto delle attività di sostenibilità è Microsoft Excel (33%), evidenziando una situazione ancora poco strutturata dal punto di vista degli strumenti digitali. L’utilizzo di sistemi ERP adattati e di applicativi specifici per la valutazione dell’impatto ambientale o la rendicontazione ESG è ancora limitato. Bressanelli ha ricordato che aziende stanno valutando l’adozione di software dedicati per migliorare la gestione di queste attività e si sottolineano le aspettative verso un rapporto tra intelligenza artificiale e ESG.

Ruolo e sfide del sustainability manager: le priorità per il prossimo Futuro
Tra le priorità per il prossimo futuro dei Sustainability Manager spicca la misura della carbon footprint, in particolare l’analisi delle emissioni scope 3, al fine di definire target di riduzione credibili. Seguono in termini di importanza gli interventi mirati di riduzione dell’impatto ambientale, come l’efficientamento energetico e l’installazione di impianti fotovoltaici. L’ottenimento di certificazioni di prodotto e l’impostazione di sistemi di qualifica dei fornitori rappresentano priorità per una minoranza delle aziende. Infine, tra le sfide quotidiane, la principale è rappresentata dalla necessità di vincere le resistenze culturali interne, dovendo operare con diversi uffici senza un diretto rapporto gerarchico. Altre sfide significative includono il costo della sostenibilità, l’incertezza normativa e la difficoltà nel districarsi tra i diversi standard e le tante richieste del mercato.