La sostenibilità nel settore food è da sempre una sfida ricca di complessità, con un numero di variabili elevato che è destinato a crescere costantemente. In particolare poi, ci sono settori dell’agroalimentare in cui la sostenibilità è diventata, grazie anche all’impegno di alcune imprese, un fattore distintivo dei prodotti, dei processi produttivi e dell’identità stessa di queste imprese.
Un esempio in questo senso riguarda uno dei prodotti alimentari più diffusi presso i consumatori di tutto il mondo: il tonno in scatola. Un prodotto che, per arrivare sulle nostre tavole in modo sostenibile, deve poter contare su una organizzazione attenta a una straordinaria quantità di situazioni, di attori e di variabili, sia in modo diretto sia attraverso attività di partnership e collaborazioni.
Qualche mese fa avevamo incontrato Luciano Pirovano, Chief Sustainability Officer Bolton Food & Tri Marine e che ci aveva aiutato a comprendere come la sostenibilità sia figlia di una strettissima relazione tra un ottimo prodotto, la tutela degli oceani e dell’intera filiera per un futuro migliore per tutti (si può consultare QUI l’articolo n.d.r.). ESG360 ha voluto rifare il punto sui progetti e sugli obiettivi Bolton Food in tema di sostenibilità anche per comprendere la situazione di questo importantissimo mercato.
Come è cambiata la visione della sostenibilità per Bolton Food?
La sostenibilità fa ormai parte del nostro modo di fare business. È di fatto integrata nella nostra strategia e rispetto al precedente incontro posso dire che il nostro percorso di sostenibilità ha segnato importanti progressi, mantenendo sempre ferma e chiara la convinzione di partenza secondo la quale un’azienda come la nostra deve nutrire costantemente una responsabilità sociale ed ambientale attraverso progettualità fattive. Nel nostro caso, poi, abbiamo l’ambizione di essere una delle aziende più sostenibili e responsabili lungo tutta la filiera, dal mare alla tavola, offrendo un prodotto etico e di qualità. Vogliamo essere l’azienda produttrice di conserve ittiche più sostenibile e responsabile per il mondo. Abbiamo la volontà e la responsabilità di influenzare positivamente questo importante settore attraverso il nostro esempio, contribuendo al benessere globale e offrendo ai consumatori un prodotto di qualità. Un settore quello delle conserve ittiche dove sono molto attive le aziende asiatiche e dove Bolton Food & Tri Marine si presenta come l’unico grande player occidentale con una quota pari al 10% circa del tonno mondiale.
Quali sono oggi i punti qualificanti della vostra strategia di sostenibilità?
Per attuare una sostenibilità che sia in grado di trascinare altre aziende abbiamo scelto di impostare un approccio che si basa su quattro aspetti fondamentali.
Prima di tutto, vogliamo essere trasformativi. Crediamo che i grandi impegni a lungo termine siano importanti, ma per noi è stato essenziale agire immediatamente con un percorso mirato a raggiungere obiettivi chiari e specifici. In un’industria come la nostra, la sostenibilità richiede la trasformazione di una filiera altamente specifica, lunga, complessa e globale.
Come secondo punto del nostro approccio, c’è la globalità. Il mondo del tonno è un “Global Game”: si pesca in tutti gli oceani tra i due tropici, coinvolge moltissimi paesi in via di sviluppo per un prodotto che è considerato una commodity globale. Nello stesso tempo però, a differenza di altre commodity agroalimentari come tè, caffè, cacao che si producono sulla “terraferma”, il tonno è un pesce migratore con una filiera di pesca e trasformazione che deve tenere conto di questo “movimento” e dunque si deve estendere in tanti e diversi paesi con una governance che deve essere appunto globale.
Il terzo punto della nostra strategia parte dalla necessità di governare questa complessità con un approccio verticale. Per essere trasformativi occorre agire e incidere lungo tutta la filiera e per farlo abbiamo deciso di adottare una strategia di integrazione verticale, anche attraverso l’acquisizione nel 2019 del nostro fornitore storico – Tri Marine -, con l’obiettivo di garantire l’accesso alla materia prima, il controllo sulla qualità del prodotto e la gestione di tutte le logiche di sostenibilità.
Il quarto punto è caratterizzato da un approccio alla sostenibilità basato sulla scienza e sull’utilizzo delle nuove tecnologie. Siamo convinti che nel nostro settore si possa fare tantissimo grazie al digitale, all’intelligenza artificiale, ai satelliti e alle nuove tecnologie che permettono di essere più precisi, tanto nelle decisioni legate alla pesca quanto nella gestione della supply chain.
Riepilogando, il nostro approccio vuole essere trasformativo, globale, verticale e scientifico per dare vita a una visione olistica e completa verso la sostenibilità.
Entriamo nel merito delle azioni e dei progetti in particolare per quanto riguarda la filiera. Come garantite la sostenibilità lungo tutta la catena produttiva, dalla pesca alla distribuzione?
Anche in questo caso partiamo dai nostri punti di riferimento che sono rappresentati da quattro pilastri verticali: la pesca sostenibile e la salute degli oceani, sul quale i nostri stakeholders ci chiedono in primis di agire.
Il secondo pillar è a sua volta un tema molto concreto, ma in ambito sociale: Human Rights and communities, e consiste nell’impegno di garantire filiere eque, inclusive, rispettose dei diritti umani.
Accanto a questi due pilastri c’è poi quello dell’environmental footprint che include temi legati alla decarbonizzazione, ai consumi di acqua, alla circolarità, al packaging e a tutto ciò che ha un impatto a livello di global warming.
L’ultimo pilastro verticale, in qualità di azienda food, riguarda la valorizzazione della straordinaria proteina rappresentata dal pesce, dunque con un forte impegno sui temi della nutrizione e della salute.
Nel rispetto di questi pilastri abbiamo scelto di lavorare su più livelli: sui nostri asset, sui processi, sulla compliance normativa, sulle partnership, ma anche su attività di awareness e di ingaggio rispetto ai diversi stakeholder con cui collaboriamo e lavoriamo e naturalmente con attività di education sul consumatore.
Dobbiamo poi considerare che per noi la sostenibilità è un investimento strategico che esprime il suo valore su diverse dimensioni, come risposta alle esigenze dei clienti e dei consumatori, come valore aziendale in grado di attrarre e trattenere talenti, come posizionamento identitario e reputazionale dell’azienda.
Come valuta l’attuale situazione del mercato relativamente a una sostenibilità in grado di generare nuovo valore? Quanto è diffusa questa convinzione?
A mio avviso a livello di mercato siamo ancora, in generale, in una fase di transizione. Stiamo passando da una sostenibilità concettuale, come prospettiva e come impegno etico, alla visione pragmatica di una sostenibilità che si integra nel business e che lo sostiene con nuovi valori e soprattutto attraverso impegni concreti. È importante sottolineare come stia crescendo anche una importante e specifica consapevolezza sui temi della sostenibilità da parte di quelle aziende che dipendono in modo più diretto dalla natura (nature-based).
A questo proposito credo che sia importante fare in modo che le aziende si concentrino sempre di più su una corretta rappresentazione dei temi materiali, su quei temi dove è più chiaro verificare e misurare una diretta responsabilità da parte delle imprese.
Cosa state facendo per allargare e sostenere la filiera sostenibile?
Il nostro motto spiega bene il senso di questo nostro impegno: “partnership is our leadership”. Crediamo che per essere realmente sostenibili sia necessario unire le forze, per questo stiamo realizzando i nostri progetti trasformativi in collaborazione con partner di valore come associazioni e organizzazioni non profit che si occupano di ambiente o che si dedicano alla lotta alle disparità sociali attraverso progetti di sviluppo, e con fondazioni che si occupano degli aspetti legati alla salute e alla nutrizione.
In questo senso siamo stati dei precursori e già nel 2009 abbiamo scelto di essere tra i founding member della ISSF – International Seafood Sustainability Foundation, che rappresenta un punto di riferimento per gli addetti ai lavori nel mondo del tonno con un approccio scientifico alla sostenibilità nell’industria della pesca in generale e alla sostenibilità del prodotto stesso.
Particolarmente importante è anche la nostra partnership con il WWF iniziata nel 2017 e rinnovata nel 2021 per garantire una pesca responsabile e sostenibile, e portare avanti azioni sempre rivolte alla protezione degli oceani.
Si tratta di una partnership che possiamo definire sempre parte della nostra strategia trasformativa per far sì che la nostra filiera del tonno sia trasparente e responsabile con l’obiettivo di avere entro la fine del 2024 il 100% di approvvigionamento da attività di pesca certificate MSC – cioè secondo gli standard della Marine Stewardship Council, l’organizzazione non profit che promuove pratiche di pesca sostenibili e conduce iniziative di sensibilizzazione sugli impatti ambientali della pesca eccessiva – o da progetti di miglioramento delle aree di pesca (Fishery Improvement Projects – FIPs) credibili e robusti.
A questo macro-obiettivo, sempre all’interno della partnership con il WWF, si aggiungono altre aree di lavoro per rendere la filiera del tonno sempre più trasparente e tracciabile, per la protezione degli ecosistemi marini, per attuare azioni congiunte di advocacy per la protezione del tonno ed infine per stimolare una maggiore consapevolezza sulla pesca sostenibile e la salute degli oceani presso i consumatori.
L’altra grande partnership strategica riguarda Oxfam, organizzazione non profit nata per contrastare la povertà globale con progetti di sviluppo. In questo caso Bolton Food è stata una delle prime aziende al mondo ad aver avviato una collaborazione pluriennale con questa realtà e ad agire per elevare gli standard che proteggono i diritti umani nella catena di approvvigionamento globale del tonno. Con Oxfam abbiamo scelto di focalizzare l’attenzione su tre temi: la valutazione delle diverse policy, il rispetto dei diritti umani nelle filiere per noi più strategiche, la conoscenza e la comunicazione.
Il lavoro con Oxfam si è concretizzato nell’allineamento a una serie di standard internazionali come ETI – Ethical trading Iniziative, ILO – International Labor Organization, UNGP – United Nations Guiding Principles on Business & Human Rights.
Sempre nell’ambito della salute degli oceani, lavoriamo con organizzazioni come la Seafood Task Force – STF, la Global Ghost Gear Initiative (GGGI) e l’International Handline and Pole and Line Foundation (IPNLF).
Come vedete il ruolo delle partnership?
Fondamentale. In generale abbiamo scelto di lavorare con queste organizzazioni credibili e autorevoli sulla base di roadmap chiare, con kpi precisi. Nei miei 16 anni di lavoro nella sostenibilità ho ben compreso che le partnership possono fornire un grandissimo aiuto per costruire know how e credibilità non solo all’interno e all’esterno dell’azienda, ma concretamente lungo tutta la filiera. Alle loro competenze uniscono i valori dell’accountability e della trasparenza, che devono sempre concretizzarsi in azioni misurabili e rendicontabili.
In questo contesto per noi si colloca il partnership report pubblico del WWF pubblicato da poco con tutti i risultati raggiunti insieme fino ad oggi.
Come è cambiata e come sta evolvendo la vostra strategia per il Green Procurement?
Gran parte di questa strategia è legata appunto alle partnership. Possiamo in ogni caso dire che gli “acquisti verdi” contano su tanti e diversi impegni. Due sono particolarmente significativi. Nel 2017 abbiamo fissato insieme a WWF l’obiettivo di raggiungere entro il 2024 un approvvigionamento al 100% da pesca certificata MSC o FIPs. Siamo fieri di poter dire che siamo in linea con questo obiettivo realizzato grazie al lavoro di tutta la nostra azienda. Nel rinnovo della partnership del 2021 ci siamo anche dati l’obiettivo di aumentare il più possibile l’approvvigionamento in modo particolare da stock in salute, rispettando le aree di pesca dove gli stock devono essere migliorati. I risultati pubblicati con il report WWF 2023 parlano chiaro e sottolineano l’importante risultato pari al 93.7% di approvvigionamento di tonno proveniente da attività di pesca MSC o FIPs, la provenienza da pesca sostenibile dell’87,3% del tonno acquistato da Bolton Food e una diminuzione di oltre il 67% di approvvigionamento di tonno pinna gialla dall’Oceano Indiano il cui stock risulta essere da tempo sovra sfruttato.
Questo nostro lavoro ha portato a una evoluzione nei criteri di procurement, con scelte strategiche come quella già citata di acquisire il nostro principale fornitore (Tri Marine, nel 2019 n.d.r.) per garantire un totale controllo sulla filiera, ma anche con lo sviluppo di nuovi fornitori, come nel caso della pesca artigianale attiva nell’Oceano Pacifico.
Che ruolo svolge l’innovazione e in modo particolare il digitale?
La componente tecnologica e digitale è parte integrante del nostro approccio. Come già detto vogliamo essere trasformativi, globali, verticali e scientifici. In tutte le componenti, ma soprattutto in quella scientifica, il digitale svolge un ruolo fondamentale. Lo vediamo in progetti molto concreti come, ad esempio, nel contrasto alla pesca illegale del tonno dove, grazie ai satelliti, alla tracciabilità e all’Intelligenza Artificiale è più facile identificare i “pirati” che la esercitano e intercettare il pescato. Un altro ambito importantissimo per noi riguarda l’utilizzo di tecnologie di nuova generazione come quella dell’Echo Sounder, uno strumento che rileva in modo preciso le dimensioni dei tonni permettendo una pesca più selettiva. La tecnologia e i dati offrono strumenti, anche per intervenire a livello di strategia da adottare nella pesca e nella gestione delle operazioni, con vantaggi materiali tangibili: dal risparmio del carburante alla raccolta dati per la tracciabilità del pesce, dall’integrazione e allineamento nelle attività di tutti gli attori in funzione del pescato alla gestione dei dati relativi alle certificazioni. Il tutto, ovviamente, assume un valore speciale per quanto attiene al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità.
Come misurate e rendicontate le performance di sostenibilità?
Dal punto di vista della rendicontazione seguiamo le linee guida ESRS, che permetteranno una confrontabilità di questi KPI. Più in generale i nostri ESG data fanno riferimento come reporting standards a GRI, GHG protocol e all’EU Taxonomy.
In generale penso che la crescita di attenzione e adesione verso gli standard, aumenterà il livello di integrazione e di attenzione tra bilancio finanziario e bilancio di sostenibilità. E nella rappresentazione che stiamo completando emerge in modo molto chiaro quanto sia importante misurare e mettere a disposizione una reale capacità di rappresentazione dei progetti di sostenibilità.
In questo senso vedo ancora una volta un legame sempre più forte tra le attività di rendicontazione e la politica delle partnership. Il lavoro con il WWF ci ha certamente stimolato nel raggiungimento dei nostri obiettivi, ma ci ha aiutato anche nella loro corretta rappresentazione e rendicontazione per quanto attiene ai valori legati alla sostenibilità. Un altro esempio riguarda il lavoro con Oxfam, più specifico sulle persone e sulla governance del lavoro, in tanti contesti molto diversi anche sul piano socioeconomico e culturale. Un altro impegno che abbiamo assunto e sul quale ci stiamo impegnando riguarda il progetto One Earth, sostenuto con fondi Horizon2020, per la valorizzazione della risorsa pesce, con un lavoro che prevede la collaborazione con Università e centri di ricerca allo scopo di trovare le forme migliori per valorizzare gli scarti della lavorazione. Un altro esempio questo in cui innovazione e sostenibilità si muovono di pari passo.
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