Affrontare i temi della sostenibilità in un periodo così complesso e così ricco di imprevisti e di prospettive impone di pensare alla sustainability come a un asset strategico e fondamentale per le aziende. A pensarla così è Pirelli, azienda impegnata da tempo nel raggiungimento di obiettivi di sostenibilità, a supporto del business aziendale, a livello economico, ambientale e sociale. E il tema della gestione attenta delle tantissime variabili che concorrono a definire il quadro di riferimento della sostenibilità è uno dei punti qualificanti del confronto tra ESG360 e Eleonora Giada Pessina, Group Sustainability Officer Pirelli.
Iniziamo con un quadro generale della vostra situazione: quali sono principali obiettivi in ambito sostenibilità?
Va detto subito che la sostenibilità in Pirelli fa riferimento a un modello di gestione strategico ed è pienamente integrata nella gestione aziendale e negli obiettivi di medio-lungo periodo di gruppo. In altri termini, nel piano industriale dell’azienda sono presenti da tempo gli obiettivi di sostenibilità. Possiamo dire in proposito di essere arrivati a un livello maturo di integrazione della sostenibilità anche perché la struttura che ha avviato questo processo risale al 2004 per volontà del nostro CEO. Una scelta che ha dato, già all’epoca, una forte impronta in termini di sviluppo di una cultura di gestione sostenibile. Questo è stato ed è un aspetto molto importante: la visione e il posizionamento chiari in termini di sostenibilità da parte dei vertici aziendali è a nostro avviso un presupposto fondamentale per uno sviluppo sostenibile nel lungo periodo.
Come si concretizza questo approccio?
Occorre ribadire che gli obiettivi di sostenibilità che abbiamo definito fanno parte del modello di gestione dell’azienda e gli elementi riconducibili alla sostenibilità si “spalmano” lungo tutta la catena del valore. Da questo punto di vista Pirelli è attiva in ottica di governance, di impatto ambientale e sociale con azioni specifiche finalizzate sia a mitigare i rischi in generale che a cogliere opportunità di crescita attraverso obiettivi che impattano su tutta la value chain. La sostenibilità è presente dall’inizio del ciclo di vita del prodotto nella catena di fornitura, con impegni precisi in termini di decarbonizzazione, di rispetto dei diritti umani, di scelta responsabile delle tipologie di materiali, per arrivare al manufacturing, dove le persone sono al centro dell’attenzione a partire dalle tematiche legate alla loro salute e sicurezza. Arriviamo poi alla fase legata all’utilizzo del prodotto e quindi, per fare un esempio, a forme di innovazione che permettono, attraverso l’abbattimento della “resistenza al rotolamento”, di portare efficienza ai consumi del settore auto e una conseguente riduzione delle emissioni di CO2. Un lavoro e una sfida importantissimi perché la riduzione della “rolling resistence”, da cui derivano gli importanti benefici ambientali citati, deve aggiungersi e mai andare a scapito della sicurezza che è e deve restare un fattore primario cui il pneumatico, unico punto di contatto con il terreno, deve avere. Continuando la visione della catena del valore arriviamo alla fase in cui ci “prendiamo cura” del pneumatico a fine vita con diverse attività che permettono il recupero quasi al 100% di questo prodotto con un approccio impostato su una logica di economia circolare. In questo scenario i materiali provenienti da pneumatici dismessi diventano semilavorati per altri prodotti come tappetini in gomma o materia prima seconda per lo sviluppo di altri pneumatici.
Per attuare queste azioni abbiamo sviluppato un modello di gestione che è improntato su scenari di medio-lungo termine che permettono di considerare al meglio le variabili che impatteranno sul nostro settore. Riteniamo che per essere efficaci nel lungo periodo, occorra unire la capacità di mitigare i rischi a quella di cogliere le opportunità che si presentano. Solo per fare qualche esempio, dobbiamo considerare che al 2030 alcune materie prime sono destinate a scarseggiare a causa degli effetti del climate change e occorre anche prevedere un aumento della domanda associata alla crescita della popolazione globale. In questo scenario ci sono costi che sono destinati ad aumentare e cambiamenti nelle abitudini a livello di mobilità e micro-mobilità. L’analisi delle prevedibili future evoluzioni va naturalmente a influenzare le strategie di crescita allo scopo di controllare le minacce e cogliere gli effetti positivi.
Come avete impostato le vostre azioni e qual è il ruolo della matrice di materialità nell’impostazione di queste azioni?
La matrice di materialità è molto importante perché indica i temi impattanti ,sia allo stato attuale che nel medio-lungo periodo. Il risultato è fondamentale per l’allineamento con la strategia aziendale partendo dalla considerazione che tutti i temi portati all’attenzione degli stakeholder per la creazione della matrice sono da considerarsi materiali, seppure alcuni risultino esserlo in misura maggiore di altri in ottica di criticità per lo sviluppo di lungo periodo. Metodologicamente, le tematiche materiali su cui puntare l’analisi sono risultate tali da pre-screening sul benchmark delle matrici di materialità pubblicate da aziende del settore e del macro-settore di riferimento, dalle analisi di scenario evolutivo macro-economico, nonché da quanto considerato materiale da parte dei maggiori analisti ESG attivi sul mercato finanziario.
Possiamo vedere in sintesi la dimensione operativa che segue l’analisi di materialità?
Le risorse sono indirizzate in funzione del livello di impatto e con un approccio che punta a un controllo e monitoraggio continuo. Occorre sempre ripetere che il mondo è in estrema evoluzione sotto tanti aspetti, ci sono scenari legati al climate change, ci sono le normative che evolvono, ci sono le aspettative degli stakeholder e i posizionamenti possono cambiare. In relazione, ad esempio, ai nuovi regolamenti è importante avere uno sguardo al futuro per capire come e dove possono cambiare le priorità e in termini di gestione dell’impatto è importante lavorare per anticipare le normative e agire preventivamente in ottica sostenibile: questo è uno dei presupposti per mettere la sostenibilità in relazione con la competitività.
Quali sono le mansioni del gruppo dedicato alla sustainability e come si è sviluppata questa organizzazione?
A livello organizzativo, Sostenibilità presidia la gestione a livello di Gruppo e riporta al Deputy Ceo e poi al CdA, che supportato nelle sue attività dal Comitato Controllo, Rischi, Sostenibilità e Corporate Governance, approva gli obiettivi e target di gestione sostenibile integrati nel Piano d’Azienda
L’evoluzione strategica della Sostenibilità di Gruppo è affidata allo Strategic Committee Sostenibilità, organismo nominato nel 2004, presieduto dal CEO e composto dal Top Management dell’Azienda in rappresentanza di tutte le responsabilità organizzative e funzionali. Il Comitato ha competenza strategica e si riunisce in via ordinaria almeno due volte l’anno. A partire dal 2021 lo Strategic Committee Sostenibilità è affiancato da un Operational Committee Sostenibilità, presieduto dal Deputy-CEO e composto dal Top Management dell’Azienda, con competenza sulla direzione strategico-operativa delle tematiche di Sostenibilità del Gruppo.
La Direzione Sostenibilità, infine, si avvale del supporto di un Sustainability Working Group formato da referenti di sostenibilità all’interno delle diverse Direzioni aziendali di Headquarter e dei Country Sustainability Managers per il presidio delle attività a copertura di tutte le affiliate del Gruppo.
Come lavorate per definire le strategie?
In piena integrazione con le funzioni aziendali. Abbiamo un tavolo di sostenibilità con una persona referente per quella funzione per ogni attività: la gestione sostenibile della catena di fornitura, in ambito marketing, risorse umane, Ricerca & Sviluppo etc. La sustainability è un punto di riferimento per lo sviluppo e questa integrazione è una delle prime fonti di sostenibilità dell’azienda stessa in ottica di efficacia ed efficienza. Lo possiamo considerare come un grande lavoro di equilibrio, di interazione e di sintesi in cui il contributo di tutti si trasforma in beneficio aziendale.
Come state misurando e controllando le performance in termini di KPI?
Cerchiamo di essere molto tangibili e trasparenti, preferiamo fornire target e rendicontare performance il più possibile misurabili. A livello di risultati risultiamo top of sector nei maggiori indici di rating di sostenibilità. Prendiamo l’ambito ambientale ad esempio: i nostri obiettivi spaziano dall’abbattimento delle emissioni di CO2 del 42% nelle nostre fabbriche al 2025 rispetto al 2015 e del 9% nella catena di fornitura al 2025 rispetto al 2018, all’ambizione di essere carbon neutral entro il 2030. L’evoluzione della gamma prodotto al 2025 prevede oltre il 70% dei nuovi prodotti in classe A/B di Rolling resistance e oltre il 90% in classe A/B di tenuta sul bagnato, e nuove linee di prodotto che avranno fino al 40% di materiali rinnovabili al 2025 e fino al 60% entro il 2030. In concreto tutti obiettivi tangibili, con delle deadline sfidanti e al contempo credibili in quanto misurabili e verificabili nel breve e nel medio periodo, così differenziando quelli che sono target dalle cosiddette “vision” che guardano a decenni in là e che quindi, per quanto utili e fondamentali, poco si prestano ad essere misurate.
Che ruolo svolgono i rating ESG?
Sono rating tenuti in considerazione da molteplici stakeholder, tra cui il mercato finanziario ed è importante considerarli in funzione di aspettative specifiche di miglioramento. Sono infatti anche utili come assessment del proprio livello di avanzamento rispetto a tematiche emergenti e a modelli di gestione considerati centrali in ambito di evoluzione sostenibile. Generalmente premiano la trasparenza dell’azienda, portandola a rendicontare oltre le sole tematiche cosiddette “materiali”. Resta il fatto che per gli stakeholder non è sufficiente una valutazione positiva di rating ESG: ciò che conta è in primis la capacità dell’azienda di soddisfare in modo equitativo le loro specifiche aspettative. (QUI i dati e le informazioni del bilancio integrato Pirelli, n.d.r.)
Possiamo concludere raccontando una esperienza particolarmente significativa in termini di sostenibilità?
Ce ne sono tante, ma voglio ricordare lo sforzo di innovazione sostenibile che ha portato Pirelli a produrre il primo pneumatico al mondo certificato FSC (Forest Stewardship Council). Un lavoro di anni, applicando i rigidi standard FSC sino a quel momento utilizzati soprattutto nelle catene di fornitura di carta e legno, ad una catena di fornitura diversa quale è quella della gomma, in modo da garantire che le piantagioni di gomma che stanno a monte della catena del valore siano gestite in modo da preservare la diversità biologica e il rispetto dei lavoratori e delle comunità locali. Una grande sfida per una catena del valore iper-frammentata come quella della gomma naturale. Si è quindi aperto uno scenario di certificazione possibile per il mondo della gomma, ancora decisamente non mainstream a causa della complessità sottesa, ma ora la via è stata aperta. Riteniamo che la sostenibilità stia anche nella capacità dell’azienda di assumersi responsabilità che guardano al futuro e che vanno ben al di là del proprio tradizionale perimetro di azione, dove l’innovazione a tutto tondo include anche i modelli gestionali. (QUI le informazioni su Sustainable natural rubber, n.d.r.)
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