Quando si pensa ai rischi che le sostanze per- e poli-fluoroalchiliche (PFAS) presentano per le aziende, è probabile che vengano in mente le sanzioni normative dovute alla non conformità. Tuttavia, c’è un altro fattore di rischio che sta emergendo nell’ambito delle politiche per l’eliminazione dei PFAS: l’assicurazione.
Poiché le cause legali legate ai PFAS si moltiplicano, gli assicuratori sono sempre più cauti riguardo ai rischi per la loro attività. Non vogliono pagare milioni di dollari per le richieste di risarcimento dei PFAS dovute a cause legali o ad altre costose attività di bonifica.
Cause legali sui PFAS: un rischio crescente per gli assicuratori
Dal 2005, ci sono state circa 6.400 cause legali legate ai PFAS. Storicamente, le cause hanno preso di mira i produttori di sostanze chimiche. Tuttavia, la tendenza sta cambiando: un numero sempre maggiore di cause legali prende di mira le aziende che utilizzano sostanze chimiche PFAS nei loro processi, nei loro prodotti o in entrambi.
Ultimamente, numerose aziende che producono prodotti di consumo commercializzati come “sani”, “completamente naturali” o “sostenibili” sono state citate in giudizio per aver dichiarato il falso, dal momento che i loro prodotti contengono in realtà PFAS, anche se non intenzionalmente. Si tratta di una tendenza che cresce di anno in anno.
Dall’inizio del 2023, sono già state intentate diverse cause contro importanti aziende. Ecco – come riferito da Assent – qualche caso.
Bolthouse Farms. I test hanno rivelato che il frullato Green Goodness di Bolthouse Farm, pubblicizzato come “succo di frutta al 100%”, contiene PFAS a livelli molto superiori ai limiti federali consigliati. I consumatori hanno avviato un’azione legale collettiva contro il produttore di bevande nel febbraio 2023.
Colgate-Palmolive. I consumatori hanno intentato una causa contro l’azienda produttrice di beni di consumo nel marzo 2023 dopo che i test hanno dimostrato che il suo collutorio “naturale” Tom’s of Maine Wicked Fresh! contiene diverse sostanze chimiche PFAS.
BioSteel. L’attrice Laura Bedson ha citato in giudizio il produttore di bevande sportive Biosteel nel febbraio 2023 dopo che i test hanno rivelato che la sua bevanda sportiva al gusto di lampone blu, commercializzata come “salutare”, conteneva PFAS.
POM Wonderful. Sebbene l’etichetta del succo di melograno 100% dell’azienda dichiari che contiene solo succo di melograno completamente naturale, i test hanno rivelato la presenza di PFAS.
Una situazione potenzialmente “esplosiva”
Fino a questo momento, gli assicuratori sono riusciti in gran parte a evitare la responsabilità per i sinistri legati ai PFAS. Tuttavia, la situazione potrebbe cambiare con il moltiplicarsi delle cause legali sui PFAS, sia per i costi di bonifica della contaminazione da PFAS sia per le richieste di risarcimento per lesioni personali o frode. I dirigenti delle compagnie assicurative temono che le richieste di risarcimento per i PFAS possano diventare le nuove “cause per l’amianto”, con conseguenti spese legali astronomiche ed esposizione al rischio per gli anni a venire.
Le strategie degli assicuratori in materia PFAS
Quali passi stanno compiendo gli assicuratori per tutelarsi in questo ambito?
Swiss Re Group, una delle più grandi compagnie di riassicurazione al mondo, ha consigliato agli altri assicuratori di “prendere in considerazione l’utilizzo di esclusioni per i PFAS, laddove possibile” nel 2021.
Alcune compagnie assicurative hanno già messo in atto questo consiglio. La Grange Mutual Casualty Company, un assicuratore con sede in Ohio, ha una Total Pollution Exclusion (TPE) che preclude la copertura delle cause collettive contro i PFAS intentate dai suoi clienti. La Cycle-Tex Inc., un’azienda produttrice di termoplastiche, ha tentato di impugnare l’esclusione in tribunale, ma ha perso la causa nel 2022.
Anche Granite State Insurance e New Hampshire Insurance hanno difeso con successo l’uso di un’esclusione assoluta dall’inquinamento (APE) e di un’esclusione qualificata dall’inquinamento (QPE). Un tribunale ha stabilito che i PFAS sono inequivocabilmente inquinanti ai sensi di entrambe le esclusioni.
Alcuni assicuratori non si sono spinti fino a escludere i PFAS dalla copertura delle loro polizze, anche se stanno indagando attentamente sull’uso dei PFAS da parte dei loro clienti. Zurich North America valuta l’esposizione dei propri clienti ai PFAS quando sottoscrive assicurazioni contro la proprietà, l’inquinamento e la responsabilità civile di amministratori e funzionari. L’assicuratore sta anche lavorando con gli attuali assicurati per eliminare queste sostanze chimiche dai loro processi produttivi.
L’impatto sui produttori: prospettive “disastrose”
Le politiche degli assicuratori in materia di PFAS avranno due enormi impatti sui produttori: innanzitutto, non saranno in grado di ottenere una copertura assicurativa; in secondo luogo, le loro attuali polizze potrebbero non coprire i sinistri legati ai PFAS.
Entrambe le situazioni sono potenzialmente disastrose. La mancanza di copertura assicurativa crea un’enorme responsabilità per i produttori, mentre il rifiuto di una richiesta di risarcimento potrebbe portare a ingenti perdite finanziarie.
Possibili soluzioni per i produttori
Operare senza assicurazione non è un’opzione, e non si può essere certi di vincere una causa contro il proprio assicuratore se questo non copre le richieste di risarcimento per PFAS. Quali sono dunque le misure che i produttori possono adottare per prevenire questi rischi? Assent spiega che, innanzitutto, è necessario capire dove si trovano i PFAS nella catena di approvvigionamento, sia per i materiali utilizzati nei prodotti sia per quelli necessari ai processi di produzione, alla manutenzione delle attrezzature e persino i dispositivi di protezione individuale (DPI) dei dipendenti.
Se un’azienda non è sicura di poter intercettare i punti di utilizzo delle sostanze chimiche PFAS nella catena di fornitura, è necessario identificare a monte le proprietà dei PFAS (ad esempio, le caratteristiche di impermeabilità o antiaderenza). Molte normative limitano già alcuni membri della famiglia dei PFAS, come l’acido perfluoro-ottanoico (PFOA) e il perfluoro-ottano sulfonato (PFOS). Un solido programma di gestione della sostenibilità della catena di approvvigionamento dota l’impresa di dati su queste sostanze, rendendola capace di identificare meglio i propri rischi.
Un nuovo rapporto con gli assicuratori
Le imprese devono dunque prepararsi a ricevere domande dagli assicuratori sulle modalità di utilizzo dei PFAS nella catena di fornitura.
Ecco alcune delle domande possibili, basate sulle indicazioni di Swiss Re:
- La vostra linea di prodotti o i prodotti grezzi o confezionati contengono PFAS?
- In un qualche momento del processo di produzione sono stati stoccati prodotti chimici PFAS, sono stati smaltiti rifiuti, sono stati utilizzati sistemi antincendio o PFAS nel processo di produzione?
Ma le aziende devono anche attendersi che gli assicuratori:
- Assumano esperti ambientali per condurre un’analisi forense dei siti oggetto di coperture specifiche;
- Esaminino i loro portafogli per i settori attualmente e potenzialmente interessati dalle restrizioni sui PFAS;
- Sviluppino mappe di copertura dei clienti potenzialmente interessati dalle restrizioni sui PFAS;
- Escludano la copertura per i sinistri e la bonifica legati ai PFAS;
- Intraprendano azioni di contribuzione/subrogazione quando vi sono più responsabili, cause o parti responsabili.
È il momento di agire
“Il quadro è chiaro – conclude Cali Edgren, Director of Sustainability di Assent -: le compagnie di assicurazione non vogliono correre il rischio di richieste di risarcimento e costi legati ai PFAS per la bonifica e il risanamento. Questo è il motivo per cui è prevista una crescita del numero di assicuratori che in futuro escluderanno i PFAS dalla copertura e dei clienti che perderanno cause giudiziarie quando i loro assicuratori non li copriranno.
Con l’aumento delle cause sui PFAS nei prossimi anni, la situazione diventerà sempre più difficile per i produttori. È essenziale comprendere il rischio posto dai PFAS, sia nei prodotti che nei processi, per ridurre le interruzioni dell’attività“.