Ricerca e sviluppo

Energia: tre imprese innovative italiane nel report GTIPA

La ricerca sull’innovazione nel settore energia della Global Trade and Innovation Policy Alliance (GTIPA) comprende tre realtà nazionali: Green Energy Storage, Newcleo e Glass to Power

Aggiornato il 22 Dic 2022

innovazione_energia

Il settore energetico è immerso in una trasformazione con pochi precedenti, guidata soprattutto dalla necessità di abbattere il suo attuale ed enorme impatto ambientale. Esiste quindi un grande bisogno di innovazione nel settore, così da creare efficienza per gli operatori, gli utilizzatori finali e la società nel suo complesso. In questo senso alcune indicazioni preziose arrivano da un recente report della Global Trade and Innovation Policy Alliance (GTIPA) rappresenta una rete globale di oltre 50 think tank indipendenti e affini, provenienti da più di 30 Paesi del mondo (tra cui l’italiano I-COM, Istituto per la competitività). Che mette nero su bianco le principali realtà e tecnologie innovative nel settore energetico a livello globale, tra cui tre realtà italiane (Green Energy Storage, Newcleo e Glass to Power), su cui ci concentreremo in questo servizio

Il caso Green Energy Storage

Partiamo da Green Energy Storage (GES) realtà fondata nel 2015 a Trento. GES è impegnata nello sviluppo di batterie a flusso con una tecnologia 100% verde. Più nel dettaglio, la nuova generazione di batterie GES, basata su una tecnologia ibrida idrogeno/liquido, è progettata con l’obiettivo di superare i tradizionali sistemi di accumulo. L’azienda punta infatti a sviluppare una batteria a flusso per applicazioni stazionarie con una densità superiore a quella delle batterie attualmente più performanti del settore, con una durata di 15-20 anni e un costo di stoccaggio più competitivo rispetto alle batterie al litio. Mentre nelle attuali batterie al litio, energia e potenza sono combinate in un unico dispositivo, le batterie GES intendono sfruttare il disaccoppiamento dei componenti di potenza ed energia fornito dall’architettura delle batterie a flusso redox (RFB) per creare accumulatori di diverse dimensioni e contesti di utilizzo. Rispetto ai tradizionali accumulatori, GES ha ideato una batteria a idrogeno basata su un sistema ibrido costituito da idrogeno più un elettrolita liquido brevettato: la batteria autoproduce l’idrogeno necessario per un circuito chiuso di carica/scarica. Oltre a questo, le attività di ricerca e sviluppo hanno portato con successo al miglioramento di un’altra coppia redox per una batteria a flusso classica di tipo liquido/liquido, anch’essa coperta da brevetto. A differenza delle classiche celle a combustibile, per il suo funzionamento non è necessario un sistema esterno separato di alimentazione dell’idrogeno. L’architettura della batteria permette la sostituzione dei singoli componenti in modo rapido e con costi contenuti, consentendo una manutenzione più economica rispetto alle tecnologie alternative. In questo modo le batterie prodotte da GES presentano una maggiore densità energetica (la sua nuova tecnologia può raggiungere una densità di 100 Wh/litro (wattora per litro). Inoltre, l’obiettivo di GES è quello di produrre accumulatori non tossici e sicuri, realizzati con materiali facilmente reperibili e privi di corrosione, che possano funzionare a temperatura ambiente per evitare il surriscaldamento, garantendo così un elevato livello di sicurezza.
Il progetto di sviluppo delle batterie GES prevede lo sviluppo iniziale dei componenti chiave della nuova batteria (ad esempio, elettroliti, membrane, elettrodi, catalizzatori e digitalizzazione del prodotto), seguito da un “Primo sviluppo industriale” durante il quale verrà costruito un primo impianto di produzione e da un primo ingresso sul mercato. Successivamente sarà realizzato un primo impianto di produzione e tentato un ingresso sul mercato del prodotto, prima della commercializzazione su scala industriale.
Secondo quanto si legge nel report GTIPA, il progetto GES dovrebbe beneficiare anche della prevista diminuzione dei costi dell’idrogeno, dovuta ai crescenti investimenti globali nel settore. Inoltre, rispetto alle tradizionali batterie a flusso, la presenza di un unico elettrolita costituisce un notevole vantaggio, tale da dimezzare i costi di produzione e la quantità di materie prime necessarie. Queste caratteristiche dovrebbero consentire a GES di vendere il prodotto sul mercato a un prezzo altamente competitivo, sfruttando economie di scala che coinvolgono l’intera filiera, dall’acquisto delle materie prime fino alla fase di riciclo.
Le prospettive sono ambiziose: la batterie GES potrebbero essere applicate nell’accumulo domestico (diventando parte integrante degli edifici) e in tutti i grandi impianti di generazione da fonti rinnovabili, siano essi collegati alla rete o funzionali per le microgrid locali. Non solo: potrebbe essere impiegate come interfaccia tra la rete e tutte le grandi strutture pubbliche di ricarica ad alta potenza progettate per i veicoli, nonché nei trasporti, ad esempio su navi, autobus e camion. GES ha recentemente ricevuto un finanziamento di 53 milioni di euro dall’Unione Europea (UE) e dal governo italiano per un progetto incentrato sulla R&S per le batterie stazionarie, nell’ambito del secondo IPCEI relativo all’iniziativa European Battery Innovation. In definitiva, conclude GTIPA, la nuova tecnologia promossa da GES potrebbe rappresentare un importante fattore abilitante per un sistema elettrico completamente decarbonizzato, incidendo su un mercato dello storage il cui valore globale è stimato in 400 miliardi di dollari l’anno, accelerando la transizione ecologica e contribuendo al rilancio economico e industriale dell’Italia. Recentemente anche l’utility Repower è entrata nel capitale sociale di Green Energy Storage.

Il nucleare su scala ridotta di Newcleo

Il secondo caso che arriva dall’Italia è quello di Newcleo, lanciata nel settembre 2021, che punta a sviluppare mini centrali nucleari innovative di quarta generazione in grado di produrre energia in modo sicuro e sostenibile. Tra i finanziatori del progetto c’è LIFTT, società di venture capital nata dalla partnership pubblico-privata tra il Politecnico di Torino e la Compagnia di San Paolo (una delle più antiche e grandi fondazioni italiane, nata nel 1563 e dotata di un patrimonio di circa 7 miliardi di euro), il Club degli investitori (una rete italiana di business angel) ed Exor Seeds. La start-up è composta da un gruppo di scienziati e ingegneri italiani con sede a Londra che conducono la maggior parte delle attività di ricerca e sviluppo in Italia. In collaborazione con i principali istituti di ricerca italiani, tra cui il Politecnico di Milano e il Politecnico di Torino, il team di Newcleo sta lavorando alla progettazione di due piccoli reattori modulari (SMR) di quarta generazione. Si tratta di reattori di piccole dimensioni, raffreddati a piombo, che avranno una capacità di 30 milioni di watt elettrici (Mwe) e 200 MWe. Il primo è progettato per soddisfare la domanda di elettricità di piccole comunità e isole remote o per alimentare grandi navi, mentre il secondo è destinato a essere una soluzione economicamente vantaggiosa per le reti elettriche nazionali. I primi prototipi elettrici saranno sviluppati in collaborazione con l’ENEA, l’Agenzia Nazionale per l’Efficienza Energetica, dove saranno realizzate nuove infrastrutture di analisi e sperimentazione, con investimenti previsti per oltre 50 milioni di euro. Come noto, i reattori nucleari attualmente in funzione per la generazione elettrica producono energia attraverso la fissione di atomi pesanti (tipicamente uranio o plutonio), che vengono bombardati da neutroni e scissi in atomi più leggeri. Durante il processo di fissione, vengono rilasciati sia energia (sotto forma di calore) sia neutroni aggiuntivi, che si muovono a velocità molto elevate. I neutroni rilasciati vengono rallentati da un neutralizzatore e, a loro volta, contribuiscono alla fissione di altri nuclei, innescando una reazione a catena, mentre il calore rilasciato viene raccolto dal reattore grazie al liquido di raffreddamento in cui è immerso il nucleo. I reattori innovativi sviluppati da Newcleo saranno invece reattori nucleari veloci raffreddati a piombo e presenteranno quindi due importanti differenze rispetto ai reattori convenzionali. In primo luogo, i neutroni rilasciati durante la fissione non saranno rallentati da un meccanismo di neutralizzazione, ma rimarranno veloci e, in secondo luogo, l’agente di raffreddamento sarà composto da piombo liquido e non da acqua o sodio.

Queste caratteristiche, secondo Newcleo, contribuiranno a rendere i reattori più sicuri e affidabili e consentiranno di produrre un volume di scorie radioattive inferiore e meno pericoloso rispetto a quello derivante dai reattori nucleari convenzionali. Inoltre, persino i rifiuti radioattivi potrebbero essere come combustibile, riducendo così l’impatto ambientale e i costi finanziari dello smaltimento dei rifiuti. Infatti, nell’ambito della sua strategia a medio termine, Newcleo si è impegnata a creare un impianto per la produzione di combustibile a ossidi misti (MOX), un combustibile a base di plutonio e uranio impoverito, e intende anche esplorare l’uso del torio come combustibile naturale. Più in prospettiva, Newcleo punta a progettare e commercializzare un Accelerator Driven System (ADS), una tecnologia innovativa proposta da Carlo Rubbia, Premio Nobel per la Fisica nel 1984, basata sulla combinazione di un reattore nucleare subcritico con un acceleratore di protoni. Questa tecnologia dovrebbe consentire di produrre energia nucleare in modo totalmente sicuro e sostenibile, riducendo notevolmente il volume delle scorie prodotte. L’interesse del mercato e degli investitori verso questa realtà imprenditoriale è elevato: dopo un primo round di oltre 100 milioni di euro, Newcleo ha raccolto altri 300 milioni di euro nel giugno 2022.

Le finestre fotovoltaiche di Glass to Power

Il terzo caso citato dal report è lo spin-off “Glass To Power” dell’Università Bicocca di Milano, nato nel 2016. Glass To Power prevede la creazione di finestre fotovoltaiche isolanti in plexiglass realizzate con nanoparticelle che convertono la luce solare in energia elettrica. In particolare, il sistema sviluppato utilizza nanoparticelle come cromofori che consentono il completo disaccoppiamento dei processi di assorbimento ed emissione della luce.
I “concentratori solari luminescenti” (LSC) prodotti da Glass To Power sono lastre trasparenti di materiali plastici che, assorbendo la luce solare, emettono fotoni con una lunghezza d’onda maggiore. I fotoni sono guidati dalla riflessione interna totale verso i bordi del dispositivo, dove avviene la conversione in elettricità con l’aiuto di celle fotovoltaiche. Grazie al ridotto impatto visivo, le lastre prodotte dall’azienda possono essere facilmente integrate in qualsiasi tipo di edificio e sono praticamente invisibili. Inoltre, i nanocompositi con cui sono realizzati i prodotti non interferiscono con la luce e non alterano la percezione cromatica della vista, mentre il livello di trasparenza può essere regolato in fase di produzione per ottenere il giusto compromesso tra illuminazione interna e produzione di energia. Oltre alla produzione di energia, i pannelli sono pensati per assicurare isolamento termico e acustico, riducendo così il consumo di energia per il riscaldamento e il raffreddamento. Infine, le lastre prodotte dall’azienda sono realizzate con materiali durevoli e completamente riciclabili alla fine del loro ciclo di vita. In definitiva, la tecnologia di Glass to Power permette di sviluppare vetrocamere fotovoltaiche a basso impatto estetico che potranno essere facilmente integrate architettonicamente in edifici passivi risultando praticamente invisibili sia dall’esterno che dall’interno. In questo senso gli LSC potrebbero rivelarsi particolarmente promettenti per realizzare edifici a bilancio energetico vicino a zero in aree ad elevata urbanizzazione dove le superfici dei tetti non sono sufficienti per la produzione di un quantitativo sufficiente di energia elettrica. Nel novembre 2016, le lastre fotovoltaiche realizzate da Glass To Power sono diventate il primo progetto italiano a ricevere lo Special Recognition Award per la categoria Green Technology nei 54 anni di storia degli R&D 100 Awards. Nel corso degli anni, la start-up si è finanziata attraverso due campagne di crowdfunding per un valore complessivo di circa 2,4 milioni di euro. Il processo di crescita l’ha portata a quotarsi su Euronext Paris lo scorso febbraio, con un prezzo di collocamento di 48 euro per azione, raggiungendo una capitalizzazione di oltre 25 milioni di euro. Per quanto riguarda il volume operativo, l’azienda ha raggiunto un fatturato di circa 400.000 euro nel 2021 e prevede per il 2022 una crescita di 3 milioni di euro.

Articolo originariamente pubblicato il 22 Dic 2022

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