Il 2022 probabilmente passerà alla storia come l’anno che ha segnato una svolta in termini di emergenze idriche. La drammaticità delle situazioni legate alla siccità ha contribuito per certi aspetti a “restituire il giusto valore” all’acqua e sta determinando un cambiamento sociale e culturale verso questa importantissima risorsa. Una attenzione e un senso di responsabilità che sono al centro del confronto con Francesco Esposto, responsabile sostenibilità e innovazione presso Acque Bresciane, unitamente alla fiducia in un rapporto diretto e proficuo tra tecnologie e sostenibilità sociale e ambientale.
Gestione delle risorse idriche, sostenibilità e innovazione: come vi state muovendo e quali obiettivi vi siete dati?
Acque Bresciane è diventata a tutti gli effetti operativa come SRL nel 2017, quando si è arrivati alla creazione di un gestore unico a livello provinciale, con una serie di attività di accorpamento di diversi attori e con il conferimento di rami di azienda di realtà più piccole presenti sul territorio. Grazie a quell’importante passaggio è stato creato un nuovo brand che è “partito da zero”, ma che aveva in dote esperienze progettuali e gestionali importanti. Di fatto, Acque Bresciane conta oggi su più di 300 dipendenti e vanta un giro d’affari di oltre 80 milioni.
La nascita dell’azienda coincide poi anche con il nostro attuale percorso di sostenibilità che è parte integrante dello Statuto stesso e per realizzarlo abbiamo scelto di puntare su un forte coinvolgimento dei colleghi allo scopo di costruire assieme la missione, la visione e i valori fondanti.
Quali sono state le tappe principali?
Il primo anno siamo partiti dalla rendicontazione. Il primo bilancio di sostenibilità riguardava praticamente i primi otto mesi, da aprile a dicembre 2017. È stato volontaristico e non certificato, ma dall’anno successivo abbiamo iniziato a focalizzare l’attenzione sulla pianificazione della sostenibilità.
Il documento fondante è rappresentato appunto dal Piano di sostenibilità che ha un orizzonte sino al 2045 e che è parte integrante del piano industriale. Questo piano contiene tutto il processo, la governance e la struttura della sostenibilità e naturalmente gli obiettivi.
Vediamolo più in dettaglio
Abbiamo declinato la sostenibilità in 9 macro-obiettivi di sostenibilità legati agli SDGs e ad indicatori relativi sia a standard GRI sia a standard di settore. In ambito ambientale, abbiamo indicatori di qualità tecnica e contrattuale che ARERA ci richiede e quindi inizialmente abbiamo lavorato per fare scouting delle best practice settoriali. Un lavoro importante che è servito per arrivare a definire una nostra identità.
Di questi 9 indicatori i primi sono ambientali e attengono alla riduzione delle perdite di rete, alla qualità delle acque potabili, alla depurazione e alla gestione dell’acqua di riuso. Il primo indicatore dello spreco è tra l’altro molto attenzionato anche dal PNRR: in Italia lo spreco di acqua è una piaga con una media che arriva al 50%. Dal punto di vista aziendale si traduce in un doppio problema perché ala perdita di acqua, si devono aggiungere i consumi energetici per gestire i servizi.
Per quanto riguarda la qualità delle acque, stiamo lavorando molto sul consumo “dell’acqua di rubinetto”. Dobbiamo considerare in questo caso che l’Italia oggi è il secondo consumatore al mondo per l’acquisto di acqua in bottiglia dopo il Messico ed è molto importante affermare anche sul piano sociale e culturale che l’acqua del rubinetto è sicura. C’è ancora molta disinformazione e stiamo cercando di diffondere la consapevolezza che alcuni indicatori di controllo sono in grado di garantire importanti livelli di sicurezza di quest’acqua.
C’è poi il tema della siccità e dell’agricoltura?
Questo è un tema di grande attualità per quanto riguarda il valore dell’acqua. Ci siamo posti l’obiettivo di riutilizzare l’acqua in campo agricolo. Bisogna però partire dal concetto che la gestione delle acque deve essere intersettoriale. È necessario un approccio omnicomprensivo, una visione olistica rispetto a tutto ciò che attiene alle risorse idriche. A febbraio 2023 il Lago di Garda ha raggiunto il minimo storico in termini di quantità d’acqua e appare ancora più importante e difficile trovare un giusto equilibrio tra tutti i soggetti che hanno bisogno di questa risorsa: ci sono i cittadini, il turismo, le imprese e naturalmente l’agricoltura. È importante darsi degli obiettivi affinché l’acqua che esce dai depuratori possa essere riutilizzata anche nel settore primario in maniera mirata sulla base della qualità per essere veicolata ad esempio in territori vocati al vitivinicolo, al mais, o a foraggi.
Questo significa disporre della capacità di dominare tutte le dimensioni nelle quali si evidenzia la gestione dell’acqua, non lasciarle separate l’una dall’altra ma garantire una visione e una lettura coerente anche in termini di responsabilità sociale.
Quanto è importante in questo momento la disponibilità di soluzioni digitali per affrontare queste variabili?
L’innovazione è fondamentale. I principali progetti di ricerca con le più importanti università lombarde sono stati avviati proprio su questi temi, ma la tecnologia deve essere poi tradotta in azioni concrete per restituire il giusto valore all’acqua. Deve mettere a disposizione, ad esempio, modelli predittivi che consentano di indirizzare in modo preciso investimenti e operatività.
I nostri progetti più importanti sono sul piano idrogeologico dove ci stiamo muovendo verso l’interconnessione dei sistemi. Sarà necessario creare modelli di “mutuo soccorso” in cui chi ha più acqua sia in grado di renderla disponibile a chi ne ha meno. Un paradigma diverso dai ragionamenti del passato.
Quali sono gli obiettivi di sostenibilità previsti dal Piano?
Un altro importante asset del nostro percorso riguarda la riduzione delle emissioni, con l’obiettivo di arrivare alla carbon neutrality. Abbiamo iniziato quattro anni fa a misurare le emissioni e la sfida è di gestire il dato più preciso possibile sulle emissioni indirette, ovvero sullo Scope 3. Una operazione analoga a quella che svolgono le imprese sulle loro catene di fornitura.
Il nostro settore è caratterizzato da forti consumi di energia elettrica e il nostro CdA ha scelto strategicamente di utilizzare per il 100% energia green, indipendentemente dagli effetti del caro energia. Accanto a questo c’è poi un grande lavoro a livello di appalti, nella scelta dei fornitori, nei rating utilizzati per entrare nel merito della supply chain.
In una lettura ESG abbiamo visto tanti aspetti ambientali. Per la “S” di Social invece?
Il Piano prevede anche indicatori sociali ed economici in coerenza con le logiche ESG. Noi li abbiamo declinati affermando la centralità degli utenti e garantendo una speciale attenzione ai più deboli. Il tema dell’accessibilità dell’acqua come bene primario per tutti gli utenti è un valore fondante per la nostra azienda. Sempre in relazione alla centralità della persona ci sono poi i temi della sicurezza sul lavoro e del welfare aziendale.
Gli ultimi due indicatori del Piano attengono all’equilibrio economico finanziario: un aspetto che è a sua volta strettamente legato alla dimensione sociale se si pensa che il costo dell’acqua per i nostri utenti è intorno ai 2 euro a metro cubo nei quali rientrano per noi non solo i costi dell’acqua come bene, ma anche i costi dalla captazione alla depurazione industriale. Va poi aggiunto che questo percorso di sostenibilità ha permesso di accedere a investimenti agevolati, a green loan garantiti proprio grazie agli impegni di sostenibilità ambientale.
L’ultimo tassello è infine rappresentato dalla promozione della sostenibilità.
Come avete strutturato il modello organizzativo per la sostenibilità?
Il cuore è rappresentato da una funzione aziendale denominata Sostenibilità e Innovazione che riporta direttamente al CdA. Abbiamo poi un comitato strategico di sostenibilità endo-consiliare con CdA, Presidente, Direttore Generale e 8 primi livelli che si riunisce periodicamente per definire la strategia, per valutare la rendicontazione e per le scelte di sostenibilità. A tutti gli effetti si tratta di un organo di coordinamento strategico.
Accanto a questo ci sono altre due attività: una interna e una esterna. La prima riguarda il gruppo di lavoro sul bilancio di sostenibilità e il gruppo degli ambassador. Persone che rendicontano, raccolgono dati e sensibilizzano tutti i settori su questi obiettivi.
In termini di iniziative abbiamo voluto dare vita a una call verso i dipendenti per selezionare un gruppo di ambassador a cui è stato affidato l’obiettivo di integrare la sostenibilità a tutti i livelli. Sono delle “sentinelle” che portano all’attenzione del comitato strategico dei progetti per integrare la sostenibilità. Un ulteriore impegno sul piano sociale per garantire ingaggio e partecipazione.
Verso l’esterno poi abbiamo lanciato un tavolo di community multistakeholder per recepire istanze sociali e del territorio e creare le condizioni per affrontarle e metterle a terra. Sempre con lo sguardo verso l’esterno abbiamo affrontato il tema della formazione degli amministratori locali e abbiamo lanciato il corso ABACO Acque Bresciane Accademia per la comunità: 6 eventi formativi con un attestato in collaborazione con la School of management dell’Università di Brescia sui temi del servizio idrico e della sostenibilità.
Completiamo il percorso con il tema della rendicontazione, come lo affrontate?
È significativo rispondere facendo appello al cambiamento del nostro motto: da “Misurarci per migliorarci”, quando siamo diventati Benefit l’abbiamo trasformato in “Ogni goccia conta”. In altre parole abbiamo deciso di rendicontare con la massima precisione e con il maggior dettaglio, ma abbiamo anche lavorato per rendere comprensibile in termini di linguaggio e comunicazione ai cittadini il lavoro che stiamo facendo e i valori della sostenibilità.
Anche per questo abbiamo dato obiettivi ai manager attraverso MBO con un peso specifico forte su obiettivi di sostenibilità e su obiettivi sociali legati ad esempio alla diversity, ma il nostro obiettivo è anche quello di essere dei precursori: i temi della biodiversità e dei servizi ecosistemici sono le nuove frontiere che ci apprestiamo ad affrontare.
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