Il rapporto tra fotovoltaico e settore agricolo non è mai stato dei più semplici: all’inizio della sua espansione nel nostro Paese, il solare è stato costruito soprattutto in grandi impianti a terra, collocati presso terreni agricoli o ex agricoli. Una espansione che, con ha provocato spesso e volentieri di comunità locali e di associazioni, che si opponevano al (presunto) deturpamento del territorio e alla sottrazione dei terreni agricoli. Dopo la fine del sistema di incentivazione del Conto energia, invece per molti anni il fotovoltaico in Italia ha interessato soprattutto il settore residenziale e quello commerciale, accantonando così momentaneamente il problema. Che è riemerso prepotentemente nell’ultimo biennio, vista l’aumentata competitività economica delle grandi installazioni e la necessità del Paese di traguardare gli obiettivi alle rinnovabili al 2030.
Rivitalizzare le attività agricole
Che, sostanzialmente, non potranno essere raggiunti senza la costruzione di impianti fotovoltaici collocati in aree agricole. Da qui la necessità di trovare un punto di incontro tra esigenze dell’agricoltura e quello dell’energia: secondo un recentissimo paper di Elettricità Futura e Confagricoltura, che affronta alcuni dei temi al centro del G20 Ambiente, è possibile immaginare la creazione di imprese agricole energeticamente indipendenti, capaci di favorire una rivitalizzazione delle attività agricole in aree oggi a bassa redditività e a rischio abbandono, nonché di recupero anche a fini energetici di aree abbandonate o attualmente incolte.
Secondo le due associazioni di categoria innanzitutto occorre favorire la massima diffusione degli impianti fotovoltaici sui tetti degli edifici rurali, spingere lo sviluppo delle comunità energetiche e l’efficientamento del parco esistente. Allo stesso tempo bisogna promuovere la realizzazione di impianti fotovoltaici a terra senza sottrarre superfici agricole utilizzate, sia attraverso soluzioni innovative di agrovoltaico capaci di integrare la produzione di energia con la produzione agricola e zootecnica, sia attraverso campi fotovoltaici dedicati alla produzione energetica rinnovabile sulle aree abbandonate, degradate o marginali.
Le prospettive dell’agrovoltaico
La parola chiave, però, è proprio quella di agrovoltaico: tali soluzioni potranno essere realizzate con sistemi fissi o ad inseguimento solare, con moduli mono o bifacciali posizionati ad altezza e densità variabile in relazione al progetto agroenergetico previsto (allevamento al pascolo, coltivazione tra le interfile, arboricoltura, ecc.). Ma soprattutto, le soluzioni agrovoltaiche dovranno garantire il mantenimento o l’avvio di una nuova produzione agricola. In questi casi, l’attività di produzione energetica sarà pertanto condizionata all’effettiva conduzione agricola delle aree complessivamente interessate dal progetto agroenergetico. Per gli impianti agrovoltaici che garantiscano queste condizioni sarebbe possibile immaginare l’adozione di appositi incentivi e semplificazioni normative, sostengono Confagricoltura ed Elettricità Futura, sia al di sopra che sotto il MW di potenza installata.
Con questo approccio l’ulteriore sviluppo del fotovoltaico a terra (la stima è che in Italia servano 35 GW da qui al 2030) potrebbe rappresentare un elemento di crescita, sia economica che ambientale, molto importante per il settore agricolo, l’industria, per i territori e le comunità locali. A spingere in questo senso c’è anche il PNNR, che prevede 1,1 miliardi di investimento nell’agrovoltaico. Qualcosa si è già mosso sul piano normativo con le misure di semplificazione in tema di agro-voltaico contenute nel DL n. 77/2021 (cd. DL Semplificazioni), ma secondo le due associazioni occorrerà spingere ulteriormente in tal senso, con nuovi e ulteriori provvedimenti.