AGRIFOOD E INNOVAZIONE

Agri Data Green Summit 2024: AI e agricoltura rigenerativa le sfide per sostenibilità e competitività



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Organizzato da xFarm Technologies, l’evento giunto alla sua terza edizione ha visto la presenza di rappresentanti istituzionali, analisti, innovatori, imprese agricole e agroalimentari ed è stata l’occasione per presentare la prima survey sull’agricoltura rigenerativa in Italia

Pubblicato il 31 ott 2024

Mauro Bellini

Direttore Responsabile ESG360.it, EnergyUP.Tech e Agrifood.Tech



Agri Data Green Summit 2024
Agri Data Green Summit 2024

Il rapporto tra agricoltura e innovazione non è mai stato così forte ed evidente come quest’anno e una delle ragioni è da ricercare nella consapevolezza e nella responsabilità che il settore primario sta assumendo in relazione alla grande sfida del cambiamento climatico. Un ruolo questo che dipende in larghissima misura anche dalle possibilità offerte dall’innovazione tecnologica e digitale. Ed è proprio questa prospettiva, con tutte le possibilità di sviluppo e di ricerca di nuove forme di competitività per l’ agroalimentare, che è stata al centro della terza edizione dell’Agri Data Green Summit 2024 organizzata da xFarm Technologies.

Lo spirito dell’evento, come sottolineato subito da Matteo Vanotti, co-founder e CEO di xFarm Technologies, è proprio quello di condividere e discutere in che modo il dato può contribuire ad aumentare il valore dell’agricoltura in tutte le sue declinazioni, dalla generative agriculture al carbon farming, dalla biodiversità ai processi decisionali, con un’attenzione speciale al ruolo dell’intelligenza artificiale.

Indice degli argomenti

Innovazione e sostenibilità: le sfide per l’agricoltura europea

All’Agri Data Green Summit 2024 è arrivato il messaggio del professor Paolo De Castro, studioso, ex Ministro delle politiche agricole ed ex Presidente della Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo. De Castro ha ricordato le sfide più prossime a livello europeo a partire dalla riforma della PAC (Politica Agricola Comune) con i tanti punti interrogativi che accompagnano questo rinnovo a partire dal ruolo di sostegno al reddito, fondamentale per le imprese agricole. Una particolare attenzione, per De Castro, dovrà essere rivolta alle tante e diverse forme di innovazione, sia sul piano delle tecnologie e del digitale sia per quanto attiene agli sviluppi delle tecnologie genetiche come la TEA (Tecniche di evoluzione assistita) su cui è in corso un importante confronto.

Il richiamo va poi a tutte le innovazioni, dal precision farming all’intelligenza artificiale, che non solo devono indirizzare e sostenere un’agricoltura più forte e più competitiva, ma devono permettere al settore primario di fare la propria parte nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. Un trade-off questo non facile proprio perché deve cercare di coniugare una maggiore sostenibilità ambientale con una maggiore sostenibilità economica.

Intelligenza artificiale come alleato per un’agricoltura sostenibile e rigenerativa

Antonio Germano Spagnolo, Advisor e Former CEO di Danone, Plasmon, Leaf e IFFCO Italia ha voluto sottolineare come l’intelligenza artificiale permetta di progettare un mondo in cui gli esseri umani potranno ricevere un supporto sostanziale nelle decisioni, nelle attività, nella ricerca e nella gestione delle risorse.

In riferimento all’agricoltura rigenerativa e sostenibile, l’Intelligenza artificiale, secondo Spagnolo, potrà contribuire nel trovare risposte sostenibili alla domanda di cibo che arriva da una popolazione in continua crescita con la prospettiva di arrivare probabilmente a 9 miliardi nel 2050. Il che significa più cibo ma deve anche voler dire consumi più razionali, una gestione più corretta da fonti di approvvigionamento differenziate. Il tutto, purtroppo, in un quadro ambientale che sta andando invece nella direzione opposta a causa del climate change, della desertificazione, dei tanti fenomeni climatici che danneggiano l’agricoltura a tutte le latitudini.

Spagnolo ha poi ricordato la necessità sempre più diffusa di un’agricoltura intelligente che sappia leggere l’ambiente in cui vive e che permetta di utilizzare al meglio tutte le risorse nel rispetto degli obiettivi di sostenibilità, di tutela dell’ambiente e della biodiversità, ma anche per contribuire essa stessa a limitare i danni che stanno colpendo proprio quell’ambiente che ci dovrebbe sfamare.

Antonio Germano Spagnolo, Advisor e Former CEO di Danone, Plasmon, Leaf e IFFCO Italia all’Agri Data Green Summit Edizione 2024

L’intelligenza artificiale in questo senso è uno strumento che può fornire un aiuto straordinario alla gestione del mondo agricolo, per mette di migliorare la produttività, può fornire suggerimenti agronomici mirati, consente di ottimizzare l’utilizzo di acqua e di ridurre l’uso di sostanze nocive all’ambiente. E sempre l’intelligenza artificiale può e deve aiutare le imprese agroindustriali e il mondo della distribuzione nel comprendere e nell’indirizzare le esigenze e i comportamenti dei consumatori.

Rispetto infine al ruolo dell’agricoltura rigenerativa, Spagnolo ha invitato a farla diventare una priorità anche se ci sono ancora incertezze sui risultati che si possono ottenere su larga scala. Non abbiamo molto tempo davanti a noi e non ci possono essere dubbi nel considerare la prosperità dell’agricoltura come un fenomeno strettamente legato alla sostenibilità ambientale.

Le difficoltà del 2024 per l’agricoltura tra crisi e adattamento

Antonio Boschetti, Direttore de L’Informatore Agrario, ha sottolineato le difficoltà che gli agricoltori hanno dovuto affrontare nel 2024 a causa delle condizioni climatiche. L’eccesso di piogge ha determinato allagamenti con ritardi nelle semine di tutte le colture primaverili e del mais, in particolare. Mentre al Sud la siccità ha portato a un’emergenza opposta che ha penalizzato le rese produttive, con una riduzione anche dell’85% nella produzione di grano duro.

Alla crisi del cambiamento climatico che gli agricoltori stanno vivendo appieno, si affianca quella legata alle questioni geopolitiche, a partire dalla guerra in Ucraina con il forte rialzo dei prezzi delle materie prime. Di fatto, ha osservato Boschetti, negli ultimi cinque anni il PIL agricolo è stato positivo soltanto per un anno, e si avvertono i primi segnali di cedimento anche di una filiera centrale dell’agroalimentare italiano, come quella del vino. Un segnale per fortuna opposto arriva invece dal lattiero caseario che in questi ultimi due anni ha registrato dei segnali positivi.

Le emergenze purtroppo sono tante. Certamente il cambiamento climatico è una delle principali, anche per gli effetti indiretti legati alle malattie delle piante che cambiano il ciclo biologico, all’arrivo in Italia di specie aliene e prive di antagonisti naturali e spesso prive di molecole di agrofarmaci. Poi c’è la carenza di manodopera e si calcola che manchino oltre 100.000 addetti. A questi temi si aggiunge il problema del credito con un trend in calo per quello erogato alle aziende agricole e la burocrazia che a sua volta aggiunge complessità.

La risposta a questa situazione, ha concluso Boschetti, arriva da una parte dall’adozione di tecnologie che consentano di interpretare i fenomeni, di anticiparli e quindi di difendersi, e un esempio è rappresentato dall’utilizzo dei DSS (Decision Support Systems). Ci sono poi le scelte strategiche di adattamento, con cambiamenti nelle tecniche agricole, nella gestione delle risorse o nelle forme di allevamento. Ad esempio, nel vigneto è cambiato l’approccio verso la sfogliatura, prima si cercava di togliere tutte le foglie per aumentare l’irraggiamento al grappolo, adesso al contrario la si mantiene per cercare di difendersi dalle alte temperature.

Rispetto al futuro Boschetti ha richiamato l’attenzione sul prossimo rinnovo della PAC e sul rapporto tra agricoltura e innovazione dove però la vera criticità è rappresentata dalla necessità di poter contare su infrastrutture adeguate.

Cambiamento climatico e l’impatto sui paesaggi rurali italiani

Paolo Tarolli, Ordinario di idraulica agraria all’Università degli Studi di Padova, ha portato all’Agri Data Green Summit 2024 un contributo speciale in termini di prospettive guardando al tema del cambiamento climatico e del suo impatto sui paesaggi rurali italiani.

Il professor Tarolli ha chiamato in causa l’aumento della frequenza e della intensità degli eventi meteo estremi puntualizzando che mentre per le alluvioni le conoscenze sono state acquisite e sviluppate e si dispone di competenze, green skill e metodiche di mitigazione e di adattamento, per quanto riguarda la siccità si dispone di un minor numero di strumenti. In ogni caso il vero tema non è tanto quello di disporre di strumenti adeguati quanto quello di riuscire a metterli in pratica.

Paolo Tarolli, Ordinario di idraulica agraria all’Università degli Studi di Padova all’Agri Data Green Summit Edizione 2024

Tarolli ha poi voluto focalizzare l’attenzione su alcuni esempi, come il fenomeno che nel 2022 si è verificato nel Delta del Po quando a fronte di un prolungato periodo di siccità si sono manifestati dei principi di micro-desertificazione dovuti agli effetti congiunti di un elevato tasso di evapotraspirazione durante le ondate di calore estive e all’azione del cuneo salino. Due processi, ha sottolineato, che hanno portato a un elevato contenuto di sale nel suolo. Rimanendo sempre in Emilia-Romagna, esattamente con una criticità opposta, prima nel 2023 e ancora nell’ottobre del 2024 in sole due settimane è caduta quasi la metà della pioggia che solitamente arriva in quella zona in un anno con conseguenze drammatiche per le popolazioni e per il mondo dell’agricoltura.

Un riscaldamento globale che ridefinisce l’agricoltura

A fronte di un clima che sta diventando sempre più caldo il professor Tarolli sottolinea che non è solo l’aria a riscaldarsi, ma anche il suolo e il mare. Il Mar Mediterraneo, nell’estate del 2023, ha registrato temperature superiori di 6°C alla media tra Tunisia, Valletta, Sicilia e Albania, creando le condizioni per eventi metereologici estremi.

In termini di impatto sulla superficie agricola globale poi, si deve prevedere purtroppo un peggioramento. Allo stato attuale il 17% della superficie agricola ricade in aree caratterizzate da clima di tipo tropicale, nel futuro questa quota è destinata a salire al 23%. Allo stesso modo, le aree agricole con clima arido potrebbero passare dal 25% al 35%, aumentando sensibilmente la domanda di acqua. La superficie agricola con clima temperato rimarrà stabile in percentuale, ma si sposterà verso nord, consentendo coltivazioni come la viticoltura in luoghi un tempo impensabili come nel sud dell’Inghilterra o in Polonia. Al contrario, le aree con clima freddo continentale tenderanno a loro volta a ridursi drasticamente.

Se si giarda all’agricoltura italiana più esposta a questi cambiamenti si deve osservare che le maggiori criticità riguardano l’agricoltura costiera, dove si rilevano problemi come il cuneo salino, la siccità o le alluvioni costiere e la cosiddetta agricoltura eroica, dove paesaggi bellissimi di altissimo valore storico culturale sono minacciati da precipitazioni estreme, con frane e cambiamenti radicali a livello di territorio.

Tecnologia, dati e intelligenza artificiale per mappare la siccità

La domanda ricade poi sulle possibili soluzioni per la mitigazione e per l’adattamento e per il professor Tarolli deve entrare in gioco il monitoraggio, l’impiego di tecnologia innovativa, l’intelligenza artificiale e soprattutto la valorizzazione dei Big Data.

Grazie all’intreccio di tecnologia, dati e intelligenza artificiale si possono creare quelle mappe di rischio di siccità agricola e sistemi di pre-allerta, che devono portare a individuare, progettare e predisporre anche delle soluzioni sostenibili a basso impatto ambientale come possono essere ad esempio i microinvasi che conservano l’acqua per i periodi di siccità, ma al tempo stesso sono in grado di laminare l’onda di piena in caso di inondazioni.

Produrre di più, sostenere meglio: l’equilibrio precario dell’agricoltura italiana

La prima tavola rotonda dell’Agri Data Green Summit 2024 arriva nel segno delle prospettive per il futuro: “L’agricoltura italiana ed europea di fronte al futuro. L’Impatto del cambiamento climatico, l’evoluzione del quadro regolatorio, il ruolo dei consumatori”.

In questo contesto Annamaria Barrile, Direttore generale di Confagricoltura, ha ricordato come la sfida dell’agricoltura sia quella di produrre più cibo facendo fronte alla richiesta di sostenibilità sul piano ambientale, nell’utilizzo delle risorse naturali e in termini di sostenibilità economica. Una sfida certamente complessa a cui si somma il la necessità di non fare passi indietro a livello di sicurezza alimentare. Barrile ricorda poi gli importanti risultati che sono arrivati dall’export agroalimentare italiano a quota 64 miliardi di euro, ma sottolinea come il potenziale di sviluppo sia decisamente superiore se si guarda anche ai miliardi di acquisti che premiano tutti quei prodotti che arrivano sul mercato nella forma di Italian sounding.

La tavola rotonda “L’agricoltura italiana ed europea di fronte al futuro. L’Impatto del cambiamento climatico, l’evoluzione del quadro regolatorio, il ruolo dei consumatori” all’Agri Data Green Summit Edizione 2024

Le prospettive di sviluppo che conosciamo sono però fortemente minacciate dal cambiamento climatico. Lo ha ricordato anche Riccardo Preve, Consigliere delegato di Riso Gallo, Presidente della Federazione delle industrie risiere europee FERM, sottolineando come il passaggio dalla siccità del 2022 alle alluvioni del 2023 e del 2024 ha generato una riduzione della superficie coltivabile in Italia, sebbene in misura minore rispetto ad altri paesi europei. In Spagna la superficie dedicata al riso è stata dimezzata per due anni a causa di problemi di micro-desertificazione. Quest’anno, invece, le semine primaverili sono state ritardate a causa delle piogge abbondanti, costringendo gli agricoltori a intervenire più volte e a lavorare su cicli più brevi per recuperare il tempo perduto, operando costantemente in condizioni di emergenza.

Granarolo e xFarm promuovono la sostenibilità nel lattiero-caseario

Isaia Puddu, direttore generale di Granlatte, filiera italiana del latte partecipata da produttori associati in forma cooperativa, ha fornito uno spaccato della situazione che stanno affrontando gli allevatori. Uno scenario caratterizzato dalle difficoltà nella raccolta del foraggio a causa delle condizioni climatiche avverse e dalla necessità di rivolgersi al mercato e subire costi di produzione più elevati.

Sul piano più specifico della sostenibilità Puddu ricorda che Granlatte si impegna a redigere il bilancio di sostenibilità da oltre vent’anni. Nonostante sia focalizzato maggiormente sul livello industriale questo rapporto sta gradualmente cambiando forma con un lavoro a monte della filiera che punta a misurare l’impatto ambientale reale per ogni chilo di latte prodotto. In questo senso si colloca la collaborazione con xFarm Technologies per la raccolta dei dati necessari a dimostrare il valore concreto della sostenibilità, e per fornire KPI e indicatori precisi agli allevatori. Ciò permette al gruppo Granarolo di comprendere l’evoluzione della base sociale e offrire al contempo alle imprese agricole informazioni su come si stanno posizionamento rispetto a queste tematiche.

Riso Gallo e la filiera certificata sostenibile del basmati

Il riso basmati sostenibile e certificato, coltivato in specifiche regioni dell’Asia meridionale, rappresenta un altro esempio significativo di impegno tangibile verso la sostenibilità. Come ha raccontato Riccardo Preve, Consigliere delegato di Riso Gallo, Presidente della Federazione delle industrie risiere europee FERM siamo stati la prima marca in Europa a introdurre un prodotto proveniente da una filiera certificata sostenibile e questo è particolarmente rilevante perché il riso basmati proviene da regioni come l’India e il Pakistan, dove una gestione oculata della sostenibilità può avere un impatto ancora più significativo. La sostenibilità poi abbraccia non solo l’ambiente, ma anche aspetti sociali.

La gestione del rischio in agricoltura: come far fronte all’imprevedibilità

Fabian Capitanio, Professore associato di economia agraria all’Università Federico II di Napoli, ha portato l’attenzione sul tema della gestione del rischio in agricoltura. Fino a trent’anni fa, l’agricoltura veniva percepita come un settore marginale nella creazione della ricchezza di un paese. Tuttavia, negli ultimi quindici anni, l’agricoltura ha riacquistato una importante centralità. L’aumento del consumo di proteine animali in paesi come Cina e India in ragione del loro sviluppo economico e la crescita della popolazione, ha avuto un impatto significativo sulla disponibilità di acqua e di risorse naturali. Un altro tema che rivela la grande attenzione verso il settore primario arriva anche dal fenomeno che sta portando all’acquisto di terre e risorse naturali da parte di paesi come Arabia Saudita ed Emirati Arabi.

La gestione del rischio oggi si svolge in un contesto che vede un aumento costante delle situazioni caratterizzate dall’incertezza. In passato, il rischio veniva calcolato sulla base di eventi passati, ma ora ci troviamo in una situazione in cui è molto più difficile prevedere non solo l’intensità e la frequenza degli eventi, ma anche i loro tempi di ritorno. Lo dimostra l’Emilia-Romagna, dove eventi alluvionali sono purtroppo diventati diventando più frequenti e catastrofici.

Strumenti finanziari proattivi per la sostenibilità economica

La sinergia tra strumenti finanziari innovativi e tecnologie avanzate è cruciale. Il professor Capitanio ha inviato a riflettere sull’importanza della simulazione e sulla previsione di eventi climatici oltre che sul tracciamento della loro intensità. Il vero cambiamento tuttavia deve essere culturale e deve avvenire nel campo finanziario. Negli ultimi vent’anni, solo il 5% dei danni dichiarati in caso di eventi catastrofici, già di per sè sottostimati, è stato risarcito entro quattro anni, causando la chiusura di molte aziende. Per questo motivo è fondamentale sviluppare strumenti finanziari che operino in modo proattivo, come i cat bond (catastrophe bond), che permettono di gestire le catastrofi anche nel rispetto del fattore tempo. Senza una reale resilienza economica nel settore agricolo, tutte le altre iniziative rischiano di essere vane perché la sostenibilità economica è la base su cui costruire qualsiasi progresso tecnologico o biologico.

Occorre andare oltre le polizze assicurative e servono fondi per la stabilizzazione. Su questo tema si è espressa anche Isaia Puddu di Granlatte che ha posto l’accento sul ruolo strategico del settore pubblico. Negli ultimi due anni, centinaia di piccole aziende agricole hanno chiuso a causa dell’aumento dei costi di produzione, colpiti dalle conseguenze dal conflitto tra Russia e Ucraina e dall’aumento dei prezzi delle materie prime. La crisi e la chiusura delle aziende non rappresenta solo una perdita economica, ma costituisce anche una perdita identitaria per un paese come l’Italia, che si basa sulla bellezza, sulla storia, sulla cultura e sulla biodiversità del suo territorio.

Il problema per certi aspetti è anche culturale e di preparazione a gestire queste crisi, ha continuato Puddu, In Italia, la gestione del rischio è spesso ridotta all’idea di una polizza assicurativa, ma la realtà è molto più complessa. Un fondo di stabilizzazione del reddito, potrebbe aiutare a gestire meglio i cali di reddito. Da dieci anni, in questo senso la politica agricola comunitaria ha messo a disposizione strumenti per il settore agricolo, ma troppo spesso questi strumenti non sono stati utilizzati.

Economia circolare per mitigare il cambiamento climatico

Il sistema agricolo italiano ha investito molto nell’economia circolare e come ha voluto ricordare Annamaria Barrile, Direttore generale di Confagricoltura ed è fondamentale continuare a mantenere questo primato, anche perché lo spreco alimentare è in generale in aumento e ha un impatto ambientale significativo. In Italia, sprechiamo in media 81 grammi di cibo al giorno, causando un danno complessivo al sistema produttivo di 13 miliardi e mezzo, il che ha effetti sulle risorse naturali, come suolo e acqua e sulle emissioni di CO2. E l’invito è quello di riflettere di più su questo tema anche nelle scuole, per creare le condizioni per una maggiore attenzione.

Un altro punto su cui insistere, secondo Barrile, riguarda l’ampliamento delle buone pratiche dell’economia circolare e gli investimenti nel progresso grazie alla ricerca e all’innovazione. L’idea di sviluppare in Italia una tecnologia sperimentale che combini la desalinizzazione con il recupero delle acque reflue, utilizzando i fondi pubblici del PNRR, rappresenterebbe, ad esempio, un importante strumento di contrasto al cambiamento climatico per un paese come il nostro, che ha gran parte del suo territorio affacciato sul mare. E’ naturalmente fondamentale agire anche in altre aree, come la gestione delle sfide fitosanitarie e delle malattie delle piante, sempre puntando su ricerca e sviluppo.

Sostenibilità e zootecnia: l’appello di Cia-Agricoltori italiani

Un altro messaggio chiaro arriva da Cia-Agricoltori italiani: senza sostenibilità, non si può garantire una gestione efficace delle risorse. In un contesto in cui i costi per produrre sono sempre più alti e gli agricoltori non possono contare su un aumento nei prezzi di vendita dei loro prodotti, il rischio è quello di una penalizzazione economica. Così Maurizio Scaccia, Coordinatore dell’Area Risposte Tecnico-Normative e Responsabile Prefiscale di Cia – Agricoltori Italiani, ha rilevato la complessità delle sfide degli agricoltori italiani, dal punto di vista della produzione, fortemente limitata dai cambiamenti climatici e della sostenibilità sia ambientale sia economica.

La riflessione di Scaccia richiama poi a una serie di rischi molto concreti come quello drammatico provocato da oltre 2000 focolai di peste suina africana (Psa), un problema gravissimo, non solo sanitario ed economico che impone anche di riflettere sulle metodiche dell’industria zootecnica. La situazione dovrebbe spingerci a riconsiderare determinate pratiche agricole, il benessere animale e le modalità legate al consumo di carne, evidenziando l’importanza di un cambiamento generale in linea con una gestione più etica e sostenibile degli animali.

L’innovazione parte dalla condivisione di dati e conoscenza

Per affrontare la sfida del cambiamento climatico, occorre riconoscere che tutti noi portiamo una quota di responsabilità ma occorre considerare bene anche le condizioni in cui operano le imprese agricole. Il nostro tessuto produttivo agricolo, ha proseguito Scaccia, è composto per il 75% da aziende con un fatturato inferiore a 50.000 euro e un’età media avanzata. È dunque fondamentale creare delle condizioni che permettano a qualsiasi azienda di sviluppare la sensibilità, l’intelligenza e la capacità di collaborare per reagire positivamente all’innovazione. Noi, ad esempio, stiamo sviluppando un progetto in collaborazione con xFarm per trasferire conoscenze sugli strumenti tecnologici agli agricoltori. Siamo convinti che l’innovazione debba essere supportata da una rete in grado di condividere e diffondere conoscenza alle aziende agricole.

Scaccia ha poi manifestato l’aspettativa che l’Europa riesca finalmente a dare priorità agli agricoltori e in particolare sottolinea i grandi temi sui quali è necessario intervenire: i crediti di carbonio, la rigenerazione e l’agricoltura in strutture protette, come l’agricoltura verticale.

Innovazione e collaborazione: i pilastri per una produzione alimentare sostenibile ed efficiente

E il tema della condivisione è al centro del progetto di agricoltura sostenibile avviato in Italia da Riso Gallo, con oltre 200 aziende agricole certificate secondo il protocollo FSA (Farm Sustainability Assessment) – sviluppato da SAI Platform per fornire un set di requisiti verificabili per l’agricoltura sostenibile, a cui viene chiesto di sottoscrivere una carta del riso, impegnandosi a non utilizzare fanghi di depurazione e glifosate. Oltre a ciò, Riso Gallo incentiva l’adozione di pratiche agricole più sostenibili grazie anche all’aiuto della tecnologia, tramite applicazioni come Gallo for Farmers sviluppata con xFarm Technologies. Tuttavia, come ha ribadito Preve, non è sempre facile coinvolgere le aziende agricole, poiché si tratta di un impegno che richiede trasparenza e disponibilità a rispondere a vari controlli. Le aziende gestite da giovani o da famiglie con una mentalità più aperta sono in questo senso generalmente più propense a partecipare e a condividere le loro pratiche.

Quanto all’agricoltura rigenerativa, che si concentra sulla cattura e sulla riduzione delle emissioni di CO2 attraverso pratiche avanzate, Preve ha ricordato che nel settore del riso, molte di queste pratiche stanno già prendendo piede. Prestiamo molta attenzione a questo aspetto perché, secondo la nostra analisi dell’impatto ambientale, il 90% delle emissioni della nostra filiera proviene dalla fase agricola. Considerando, tuttavia che a livello globale, le emissioni del riso rappresentano solo l’1,2% delle emissioni totali in agricoltura.

Il ruolo delle tecnologie digitali tra finanza agevolata e burocrazia

Le tecnologie digitali sono percepite come una grande opportunità, ma spesso sembrano quasi irraggiungibili. Infatti, non tutte le imprese agricole italiane sono dimensionate, strutturate o pronte per investire. Barrile di Confagricoltura ha rilevato che esiste un contesto favorevole grazie agli strumenti di finanza agevolata che incentivano gli investimenti nell’innovazione anche in agricoltura. La trasformazione dell’Industria 4.0 in Transizione 5.0 ha aiutato le imprese agricole anche grazie allo strumento del credito d’imposta. Questo esempio dimostra che il sistema reagisce positivamente quando vengono create le condizioni adeguate, ma è essenziale mettere ordine tra i vari strumenti disponibili per fornire una strategia e una programmazione che supportino gli imprenditori e l’intera filiera dell’innovazione.

Spesso poi ci si trova di fronte a una moltitudine di strumenti, alcuni dei quali non sono cumulabili, anche a causa di una burocrazia complessa. Non tutte le imprese sono pronte ad adottare la tecnologia in campo, poiché i sistemi gestionali avanzati, essenziali per raggiungere vari obiettivi, rendono visibili tutte le pratiche agricole. Questo tracciamento può essere un ostacolo finché non semplifichiamo il processo per ottenere il consenso necessario al monitoraggio delle pratiche agricole, essenziale per accogliere la tecnologia.

C’è infine una questione culturale per cui è fondamentale investire nella formazione e su questo tema si è soffermato anche Isaia Puddu di Granlatte ricordando la necessità di una nuova politica per redistribuire la ricchezza lungo la filiera e per far capire ai giovani come l’agricoltura possa essere un settore redditizio nel momento in cui è affrontato con le giuste tecnologie. Ma questo messaggio deve raggiungere anche i consumatori, affinché siano nella condizione di fare scelte consapevoli nel momento degli acquisti, optando per prodotti che testimoniano in modo autentico dell’impegno verso la qualità e la sostenibilità.

Editing genetico e big data: strategie avanzate per una risicoltura più resistente

Nella seconda tavola rotonda dell’Agri Data Green Summit 2024: “Una sfida che dobbiamo (e possiamo) vincere: l’agricoltura tra cambiamento climatico, biodiversità in pericolo e nuove tecnologie”, Vittoria Francesca Brambilla, Professoressa associata in botanica generale all’Università degli Studi di Milano ha messo subito in evidenza come il settore della risicoltura sia sotto pressione anche a causa dei fenomeni meteo estremi e dei patogeni che stanno causando vari danni. E nell’ottica di rendere questo settore più resiliente al cambiamento climatico, la professoressa ha sottolineato l’importanza di un editing genetico che offre il grande vantaggio di accelerare i tempi. Grazie alle tecniche genomiche, si possono identificare i loci nel genoma che controllano specifici caratteri e modificarli direttamente introducendo varianti le genetiche desiderate in un arco di tempo molto più breve.

La tavola rotonda “Una sfida che dobbiamo (e possiamo) vincere: l’agricoltura tra cambiamento climatico, biodiversità in pericolo e nuove tecnologie” all’Agri Data Green Summit Edizione 2024

L’editing genetico e strumenti come CRISPR (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats e TEA (Tecniche di Evoluzione Assistita) sono oggi strumenti che possono essere molto utili per rispondere rapidamente alla necessità di adattamento ai cambiamenti climatici e all’emergere di nuovi patogeni. Queste tecnologie permettono di sviluppare un materiale genetico più ampio, creando nuove combinazioni di varianti geniche positive.

Dal laboratorio al campo: le potenzialità delle tecnologie di evoluzione assistita (TEA)

La professoressa Brambilla ricorda un’iniziativa pionieristica del 2024 che ha permesso di sperimentare in campo aperto un riso modificato con la tecnologia CRISPR-Cas9 di modo da renderlo più resistente alla malattia del brusone. Attualmente, uno spin-off dell’Università di Verona in Veneto sta conducendo una seconda sperimentazione, questa volta sulla vite, per renderla resistente alla peronospora.

Dopo aver superato le restrizioni normative che per anni hanno equiparato le piante modificate con CRISPR-Cas, agli OGM, il team di biologi molecolari è riuscito a ottenere l’autorizzazione ministeriale per avviare il primo campo sperimentale di questo tipo in Italia. La sua ricerca si concentra su un riso reso più resistente alla malattia del brusone attraverso mutazioni mirate, rappresentando così un passo significativo verso l’adozione di tecnologie avanzate in agricoltura.

Nonostante la sperimentazione abbia subìto un grave atto di vandalismo che ha danneggiato le piante è stato possibile recuperare alcuni semi, aprendo la strada a una futura sperimentazione. Parallelamente, il gruppo di ricerca di Brambilla è impegnato anche nell’ottimizzazione dell’apparato radicale delle piante allo scopo di migliorare l’efficienza nell’assorbimento dell’acqua e nella riduzione dell’assorbimento di metalli pesanti, due tematiche particolarmente rilevanti nella risicoltura.

Un altro progetto che di particolare importanza riguarda lo studio del microbiota del suolo. In collaborazione con microbiologi, il progetto esplora come le interazioni tra piante e microbi possono influenzare la crescita e la salute delle colture. La ricerca mira a recuperare la compatibilità con il microbiota persa nelle varietà di riso coltivate, sfruttando le caratteristiche delle varietà selvatiche. Questo approccio integrato e multidisciplinare non solo arricchisce la comprensione scientifica ma promette di apportare miglioramenti pratici e sostenibili all’agricoltura, evidenziando l’importanza della scienza e della tecnologia nel rispondere ai bisogni globali di sicurezza alimentare e sostenibilità ambientale.

Evoluzione e difesa: affrontare le nuove sfide delle malattie delle piante

Silvia Laura Toffolatti, professoressa associata in patologia vegetale all’Università degli Studi di Milano ha portato un ulteriore contributo sui temi della gestione delle malattie delle piante, in particolare della peronospora della vite, una patologia ben nota che ha causato gravi danni nelle ultime stagioni. Le minacce purtroppo stanno aumentando per diversi motivi. Ci sono patogeni e organismi alieni introdotti nei nostri territori, così come organismi già presenti che un tempo non causavano problemi, ma che ora emergono a causa dei cambiamenti nelle pratiche di difesa, come anche la riduzione dei prodotti fitosanitari.

Malattie un tempo sotto controllo stanno diventando problematiche a causa della mancanza di alcune molecole efficaci e dell’evoluzione dei patogeni stessi in funzione dell’ambiente e del loro adattano ai cambiamenti climatici.

Buon senso come strategia sostenibile per difendere le colture

Secondo Toffolatti la strategia per l’adattamento deve far riferimento primariamente al buon senso, che deve mantenere sempre bel chiara la focalizzazione sugli obiettivi della difesa e sulla necessità di utilizzare tutti i mezzi a disposizione per affrontare il cambiamento climatico e l’evoluzione dei patogeni. L’agricoltore deve garantire prodotti sicuri e conformi alle normative, e deve poter contare su mezzi agronomici adeguati come anche la selezione di varietà resistenti, approcci genetici e chimici.

Se le varietà resistenti sono cruciali, da sole non bastano poiché i patogeni si adattano rapidamente. Ci sono casi in cui un patogeno ha superato la resistenza di una pianta in una sola stagione. Ci sono situazioni in cui servono anni per ottenere varietà resistenti, con il rischio che non siano poi apprezzate. Occorre considerare razionalmente che un uso limitato di prodotti fitosanitari può portare alla selezione di patogeni resistenti, e può comportare la riduzione nell’efficacia dei trattamenti. La situazione è dunque complessa e lo strumento primario per poterla affrontare è quello della conoscenza.

L’utilizzo di dati quantitativi nella gestione agricola come strumento decisionale

L’aggiornamento delle conoscenze è dunque essenziale, soprattutto quando si tratta di sviluppare varietà di piante resistenti ai patogeni. Toffolatti ha sottolineato l’importanza di una comprensione approfondita per evitare fraintendimenti comuni tra gli agricoltori, come l’idea che le piante resistenti non richiedano trattamenti. Questo è un altro malinteso che può portare alla selezione di patogeni in grado di aggirare la resistenza in breve tempo.

Nello stesso tempo Toffolatti ha espresso fiducia nei nuovi strumenti e nei dati che possono prevenire decisioni basate su impressioni errate. L’esperienza recente ha dimostrato che le percezioni possono essere ingannevoli. Le esperienze passate sono certamente importanti tuttavia i cambiamenti sono sempre più veloci e interconnessi e portano a scenari che profondamnete diversi da quelli che potevano presentarsi in passato.

Cambiamento climatico e incertezze per tutta la produzione agricola

Tornando a osservare l’impatto del cambiamento climatico dal punto di vista della produzione per il Sud Italia ci sono state situazione di particolare gravità. Si è assistito a perdite di produzione estremamente rilevanti, come ha osservato Pasquale De Vita, Dirigente di ricerca presso il CREA, Centro di Ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali, responsabile della sede di Foggia che hanno fatto dell’annata appena conclusa è stata una delle peggiori degli ultimi decenni.

Il riscaldamento globale ha creato incertezza sul futuro delle colture e deve essere affrontato con l’adozione di tecniche agronomiche adeguate. Si deve pensare ad esempio che il grano duro ha intrecciato la sua storia con quella dell’umanità attraverso secoli di interazione e adattamento reciproco. E se per gran parte del secolo scorso, l’obiettivo principale è stato rappresentato dalla produttività, oggi, senza nulla togliere alla necessità di produrre, è necessario considerare un diverso rapporto con la capacità produttiva della natura. Se in passato, le piante erano “indipendenti”, con l’intervento umano sono diventate dipendenti dalle pratiche agronomiche e dagli agrofarmaci e la sfida deve anche essere quella di rendere le piante meno dipendenti anche in ragione dell’aumento dei costi di produzione. L’uso della tecnologia da una parte e del gene editing e delle tecnologie TEA dall’altra vanno in questa direzione.

Marginalità e formazione come chiave per la sopravvivenza delle aziende agricole

De Vita si è poi soffermato sulla marginalità come aspetto determinante per la sopravvivenza delle aziende agricole. Il settore agricolo soffre di margini di guadagno ridotti: nel Sud Italia, il punto di pareggio per la coltivazione del frumento duro è di tre tonnellate e mezzo per ettaro, quando la resa media è di due tonnellate e mezzo. Nel Nord Italia, il punto di pareggio per il grano tenero è di sei tonnellate, ma la produzione media è di circa cinque tonnellate e mezzo. È evidente che occorre agire e in particolare occorre aumentare la produttività anche con una gestione efficace di sensoristica e digitale per evitare che le tecnologie diventino a loro volta un costo aggiuntivo. In questo senso ha osservato De Vita la formazione e la qualificazione professionale della nuova generazione di agricoltori e ricercatori sono essenziali per governare queste tecnologie considerando che in futuro i dati raccolti avranno un valore sempre maggiore e saranno sempre più preziosi anche per i ricercatori che stanno lavorando ai modelli di intelligenza artificiale.

Dobbiamo poi sfatare il mito che gli agricoltori siano poco propensi all’innovazione. Ne è convinto Davide Calzolari di Agromeccanica Calzolari, sostenendo senza esitazione che l’agricoltura accoglie le rivoluzioni tecnologiche a braccia aperte. Ricorda che il settore ha sempre affrontato cambiamenti, a partire dagli aratri per arrivare ai droni, all’Intelligenza artificiale e ai robot autonomi.

Calzolari ha messo poi in luce i traguardi di Agromeccanica Calzolari che negli ultimi quattro anni, è riuscita grazie all’innovazione a ridurre del 40% l’uso di azoto nella coltivazione del grano tenero e duro, il cui eccesso causava allettamento, un fenomeno in cui le piante si piegano o si appiattiscono, compromettendo la crescita e la resa.

L’obiettivo è stato raggiunto combinando diverse fonti di informazioni, a partire dalle analisi del suolo, integrate con il monitoraggio satellitare e dalla loro elaborazione in indici vegetativi. Grazie anche all’utilizzo di mezzi intelligenti in campo questi indici permettono di applicare il fertilizzante azotato solo quando e dove necessario. Un approccio che ha portato un risparmio economico e una riduzione delle emissioni.

Quando la robotica scende in campo: il progetto VENUM

Con Angelo Bratta, ricercatore Post Block dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova, si entra nel merito delle potenzialità della robotica che può essere utilizzata per affrontare alcuni problemi propri dell’agricoltura. Bratta chiarisce subito che non è un tema di sostituzione della presenza umana, ma di affiancamento agli operatori in diverse attività. Per scongiurare pericoli per le persone a fronte dei rischi di ribaltamento dei trattori in certe lavorazioni si stanno sviluppando robot autonomi che possono operare in campo senza la necessità di un operatore. La robotica può inoltre essere utilizzata per analizzare pianta per pianta e applicare sostanze direttamente sulle radici. Due esempi di utilizzo, insieme all’analisi di immagini e dati tramite computer vision che permettono di massimizzare la resa dei prodotti riducendo i rischi e gli sprechi.

In questo senso si colloca poi il progetto VENUM nato nel 2018 da collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza dedicato alla potatura della vigna, un’operazione che prevede interventi sulla pianta secondo precise regole agronomiche, al fine di massimizzare la qualità e la quantità di uva e vino per le stagioni successive. Questa operazione soffre tra l’altro della carenza di manodopera specializzata e l’obiettivo di VENUM è quello di esplorare le possibilità di una potatura automatica. Il sistema parte dall’analisi della pianta, raccoglie informazioni sulle sue caratteristiche e sui punti di taglio più appropriati imitando il comportamento di un operatore esperto per poi procedere a tutti gli effetti con il taglio in modo automatico, sperone per sperone, pianta per pianta.

Il progetto nasce con l’obiettivo di integrare la componente robotica con l’esperienza umana. Al momento è stato sviluppato un prototipo di robot quadrupede sul quale dovrà essere installato il sistema Venum con la componente di computer vision, la rete neurale addestrata con immagini di laboratorio e la capacità di tradurre le regole agronomiche in decisioni operative.

Dati agricoli: la chiave per attrarre investimenti dalla Silicon Valley

La Silicon Valley, vista dalla prospettiva del settore primario, non è poi così lontana come potrebbe sembrare. Anche questo stimolo arriva all’Agri Data Green Summit. E non solo perché lo stato di riferimento, ovvero la California è la più importante area agricola degli USA, ma anche perché l’attenzione verso le opportunità del mondo agrifood stanno accendendo da tempo e sempre di più l’interesse di innovatori e investitori. Davide Sosso, Chief Scientific Officer e cofondatore di Heritable Agriculture, spin-off Google per il mondo dell’agricoltura, ha chiarito senza indugi che “la Silicon Valley è fortemente interessata a dati di qualità e affidabili, e l’agricoltura sta generando tantissimi dati utilissimi per tanti e diversi scopi. Realtà, come xFarm Technologies, stanno migliorando la raccolta e l’elaborazione dei dati agricoli e li stanno rendendo sempre più affidabili e interessanti anche per gli investitori, avvicinando così il settore agricolo ai modelli di business tipici della Silicon Valley.

La biologia da questo punto di vista è a sua volta una fonte insuperabile di Big Data: DNA, RNA, proteine, metaboliti, fenotipi, immagini da droni e satelliti e tantissime altre fonti alimentano una innovazione che è sempre più nella condizione di trasformare i dati agricoli in strumenti per migliorare la produzione e per incontrare le preferenze dei consumatori e in definitiva per migliorare la sostenibilità.

L’obiettivo di Heritable Agriculture è integrare l’intelligenza artificiale nel settore agricolo e l’attenzione principale è rivolta all’ambiente e all’interazione genetica. Quando si tratta di identificare ad esempio i geni nel genoma del riso che conferiscono resistenza a un patogeno, si parla qualcosa come mezzo miliardo di lettere. L’intelligenza artificiale è un supporto straordinario nel trovare quelle poche lettere cruciali sulle quali agire per conferire, ad esempio, maggiore resistenza.

Individuare rapidamente nuove strategie di miglioramento genetico è un vantaggio indiscutibile, mentre tradizionalmente potrebbero servire tanti anni per sviluppare piante resistenti a un nuovo patogeno, con l’intelligenza artificiale applicata al gene editing, questi tempi potrebbero ridursi drasticamente consentendo anche di preparare meglio forme di adattamento ai cambiamenti climatici.

Un altro aspetto riguarda poi la capacità di integrare dati eterogenei provenienti da diverse fonti, come agromeccanica, Internet of Things, dati meteo, droni. e tanto altro. Sistemi, che storicamente non comunicavano tra loro ora possono essere interconnessi. Una stazione meteo può dialogare con un sensore su una mietitrebbia e un dispensatore di fertilizzanti può comunicare direttamente con l’agricoltore per determinare il quantitativo di fertilizzante necessario in base alla genetica del seme e alle condizioni ambientali. Interconnessione e intelligenza sono e saranno sempre più determinanti per garantire una corretta e precisa gestione delle risorse su tutta la catena del valore.

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