Persone e lavoro

Inclusione: l’importanza di usare “le giuste parole” in azienda

Tre quarti dei dipendenti italiani prenderebbero in considerazione la possibilità di cercare un nuovo lavoro se scoprissero l’assenza di una politica di diversità e inclusione nell’azienda. E solo il 27% di loro pensa che la propria azienda sia migliorata nelle politiche DEI negli ultimi 3 anni. Lo rivela ADP, autrice di una guida per suggerire come rendere più inclusivo il linguaggio

Pubblicato il 13 Giu 2023

Immagine tratta dal blog post Microsoft https://blogs.microsoft.com/blog/2021/10/20/microsofts-2021-diversity-inclusion-report-demonstrating-progress-and-remaining-accountable-to-our-commitments/

Tre quarti (75%) dei dipendenti italiani prenderebbero in considerazione la possibilità di cercare un nuovo lavoro se scoprisse l’assenza di una politica di diversità e inclusione nell’azienda (o l’esistenza di un divario retributivo di genere iniquo). E solo il 27% di loro pensa che la propria azienda sia migliorata nelle politiche DEI (Diversity&Inclusion) rispetto a 3 anni fa: è la cifra più bassa tra gli 8 paesi europei valutati (la media europea è del 31%), il che significa che è necessario lavorare di più in questa direzione.

Un vademecum per trovare i termini giusti

Lo rivela uno studio dell’Adp Research Institute (Workforce View – People at Work 2023), sulla base del quale ADP, multinazionale americana leader nella gestione del capitale umano, ha sensibilizzato i suoi 58.000 dipendenti condividendo una guida a uso interno per suggerire come rendere più inclusivo il linguaggio in azienda.

Supporto della comunità LGBTQ+

Ecco i consigli principali.  Innanzitutto, dovrebbe essere un linguaggio consapevole del significato culturale, inclusivo rispetto al genere e a supporto della comunità LGBTQ+, e si invita a evitare ovviamente una terminologia basata sul colore della pelle.

Molte frasi che usiamo per descrivere concetti o ambiti lavorativi hanno origine in contesti discriminatori o violenti. Per esempio, l’espressione “lavorare come uno schiavo” o peggio ancora “come un negro” è fortemente offensiva ma è purtroppo usata regolarmente nel mondo del lavoro. Tale espressione fa riferimento al lavoro duro, solitamente manuale, riservato agli uomini di colore che erano obbligati a lavorare sotto il giogo degli uomini bianchi.

No al linguaggio “abilista”

Occorre eliminare anche il cosiddetto linguaggio “abilista” (ad es. “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire” o “chi va con lo zoppo impara a zoppicare”): l’uso di umorismo o metafore per riferirsi a disabilità, salute mentale o disturbi mentali sminuisce l’esperienza delle persone colpite e di chi li supporta. Anche usare l’ironia per riferirsi all’età delle persone sottintende un trattamento non paritario e/o offensivo nei confronti di chiunque abbia età diverse (esempio frasi come “sei troppo giovane/vecchio per capire”).

Nessun riferimento al colore della pelle

Molti termini tecnologici e commerciali fanno purtroppo riferimento al colore della pelle. Questa terminologia spesso attribuisce un significato positivo al bianco o ai colori chiari e un significato negativo al nero o ai colori scuri. Occorre usare il nome del colore solo quando ci si riferisci al colore effettivo; per esempio, invece di usare le parole blacklist o whitelist meglio utilizzare “elenco non autorizzato” o “elenco autorizzato”: ancora oggi la blacklist è un elenco di voci bloccate o non consentite, mentre una whitelist è un elenco di voci consentite o preferite.

Non sminuire le tradizioni culturali

Il gergo aziendale include molte frasi di uso comune che sminuiscono le tradizioni culturali. Pensiamo a quante volte utilizziamo la parola “desaparecidos” per indicare qualcuno che non riusciamo a trovare. L’espressione desaparecidos (letteralmente “scomparsi”) si riferisce alle persone che furono arrestate per motivi politici, o anche semplicemente accusate di avere compiuto attività “anti governative” dalla polizia dei regimi militari argentino, cileno e di altri paesi dell’America latina, delle quali si persero in seguito le tracce.

Non connotare negativamente la provenienza geografica

Usare espressioni che enfatizzano con connotazione negativa o stereotipata la provenienza geografica sottintende un trattamento non paritario e/o offensivo nei confronti dell’altra persona. Invece di usare espressioni come “meridionale”, “montanaro”, “provinciale”, ecc. si può utilizzare un linguaggio alternativo per esprimere cosa si vuole intendere.

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