Il bilanciamento di genere fa bene alle imprese, a tanti aspetti ma in particolare è un fattore che contribuisce a ridurre in modo significativo il rischio creditizio.
I dati dall’Osservatorio sulle tematiche di genere di Cerved Rating Agency dicono che le imprese con CEO donna e CdA o un organo di governo a prevalenza maschile presentano un rischio di default molto simile a quelle con CEO uomo affiancato dal CdA o un organo di governo con almeno il 20% di presenza femminile. Nel primo caso il rischio di default è del 3,6%, nel secondo caso del 3,9%. Al contrario il rischio è molto più elevato nel caso in cui il management sia polarizzato su un genere, nel caso di un management a prevalenza maschine il rischio è misurato in un 5,8%, nel caso in cui la prevalenza sia femminile la percentale è del 6,3%.
Gli effetti positivi del bilanciamento di genere
Dal punto di vista della gestione rispetto all’esposizione ai rischi di credito le imprese più atente al bilanciamento di genere, in particolare a livello di top management arrivano ad avere una probabilità di default che è del 30% inferiore alle aziende meno attente al gender gap. Inoltre il bilanciamento di genere porta le aziende ad esprimere una maggiore attenzione verso la gestione di standard creditizi elevati.
Il dato non risente delle dimensioni aziendali e si articola da un -14% delle grandi imprese a un -31% delle micro. Anche le caratteristiche legate ai settori o all’area geografica non sembrano influire su questa evidenza frutto dell’analisi di oltre 13.000 società di capitali per le quali Cerved Rating Agency ha emesso un rating creditizio.
Il contesto: dove si colloca il bilanciamento di genere
Il contesto nel quale si va a misurare gli effetti del bilanciamento di genere è costituito da un paese, il nostro, nel quale a fronte di un sostanziale equilibrio in termini di numerosità tra uomini e donne il tasso di occupazione risulta ancora fortemente squilibrato a svantaggio del mondo femminile. Il tasso di occupazione delle donne è infatti dell’ordine del 53,6% mentre quello maschile arriva al 71%. Se si guarda alla presenza di genere nell’ambito del top management delle imprese la presenza maschile resta prevalente in particolare a livello di consigliere di CdA (27,5%) e di amministratrici d’impresa (25,5%).
Come evidenziano i dati di Cerved Rating Agency la pressi può mettere in relazioneè con un minor livello di rischio creditizio, per la precisione con un 4.9% contro un 5.7%, che equivale a una probabilità di default che risulta inferiore di circa il 13%.
Settori e tipologie di imprese con una maggiore presenza femminile
Se si guarda ad alcuni settori del tutto particolari come le organizzazioni internazionali e gli ambiti della sanità, dei servizi sociali, della gestione di personale domestico, dell’istruzione, la guida di una figura femminile è più frequente e si esprime con percentuali che variano dal 33% al 50%. Al contrario ci sono settori per tante e diverse ragioni meno “vicini al genere femminile” come nel caso delle costruzioni, nelle forniture di energia e di acqua, nei servizi finanziari e assicurativi. In questi ambiti la presenza di un top management al femminile si misura con percentuali tra il 16% e il 20% circa.
Il bilanciamento di genere aiuta anche ad affrontare gli shock esogeni
Fabrizio Negri, amministratore delegato di Cerved Rating Agency ha osservato che “I risultati del nostro Osservatorio sul gender gap confermano la presenza di una relazione tra bilanciamento di genere e rischio di credito. I dati indicano, infatti, che le imprese con una maggiore inclusione di genere presenterebbero anche una minore rischiosità creditizia, fino al 30%, e una maggior tenuta agli shock esogeni susseguitesi negli ultimi 10 anni. Queste risultanze, sebbene rilevanti, non implicano necessariamente una relazione di causalità, ma rappresentano uno stimolo al monitoraggio continuo del fenomeno, come supporto alla discussione accademica e con potenziali implicazioni per istituzioni, investitori e imprese”.
Dal punto di vista della distribuzione geografica il bilanciamento di genere si conferma come un valore che trova riscontro in tutto il paese. Un maggiore bilanciamento riduce il livello di rischiosità nel confrtonto con le imprese più polarizzate sui generi. Al Centro si arriva a un -38%, nel caso del Sud e delle Isole la quota arriva al -34%, al Nord, con un -28% è forse un po’ meno rilevante ma altrettanto importante.
Cosa si intende esattamente per bilanciamento di genere
Il bilanciamento di genere si riferisce alla pratica di garantire una rappresentanza equa e proporzionata di uomini e donne in vari ambiti della società, tra cui il lavoro, la politica, l’istruzione e altri settori pubblici e privati. Questo concetto è emerso come risposta alle disuguaglianze storiche e strutturali che hanno spesso visto le donne sottorappresentate o escluse da posizioni di potere e decisione.
Nel contesto lavorativo, il bilanciamento di genere implica l’adozione di politiche e pratiche che promuovano l’uguaglianza di opportunità per entrambi i sessi. Ciò può includere misure come la parità salariale, il congedo parentale equo, e programmi di mentoring e sviluppo professionale specificamente rivolti alle donne. L’obiettivo è creare un ambiente di lavoro inclusivo dove le competenze e i talenti di tutti i dipendenti siano riconosciuti e valorizzati, indipendentemente dal genere.
L’istruzione gioca un ruolo fondamentale nel promuovere il bilanciamento di genere, fornendo a ragazzi e ragazze le stesse opportunità di apprendimento e incoraggiando la partecipazione delle donne in campi tradizionalmente dominati dagli uomini, come le scienze, la tecnologia, l’ingegneria e la matematica (STEM).
Bilanciamento di genere e ESG
Il bilanciamento di genere è sempre più spesso integrato nei criteri ESG. Gli investitori e le aziende stanno riconoscendo che promuovere l’uguaglianza di genere non è solo una questione etica, ma anche un fattore determinante per il successo economico e la sostenibilità a lungo termine.
Nel contesto ESG, il bilanciamento di genere rientra principalmente nella dimensione “Social”, nel quale valuta come un’azienda gestisce le relazioni con i dipendenti, i fornitori, i clienti e le comunità in cui opera. Un’azienda che promuove l’uguaglianza di genere tende a beneficiare di una forza lavoro più diversificata e inclusiva, che può portare a una maggiore innovazione, creatività e capacità di rispondere alle esigenze di un mercato globale in evoluzione.
Le pratiche di governance che includono il bilanciamento di genere sono viste come indicatori di una leadership aziendale responsabile e lungimirante. Consigli di amministrazione e team dirigenziali con una rappresentanza equilibrata di genere sono spesso più efficaci nel prendere decisioni ponderate e nel gestire i rischi, grazie alla varietà di prospettive e competenze.
Il bilanciamento di genere è strettamente legato agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, in particolare l’Obiettivo 5, che mira a raggiungere l’uguaglianza di genere e l’empowerment di tutte le donne e le ragazze. Le aziende che allineano le loro strategie ESG con questi obiettivi globali dimostrano un impegno verso un futuro sostenibile e inclusivo.