Da abito-simbolo della donna indiana a emblema digitale di emancipazione femminile
Nato a Mumbai dall’idea di un italiano Stefano Funari e messo a terra nel 2012 grazie alla collaborazione con Fashion in Process (FIP), un collettivo di ricerca all’interno del Dipartimento di Design del Politecnico di Milano, I was a Sari è un brand di moda circolare che riutilizza scarti di sari, (il tipico abito femminile indiano) e, al tempo stesso, un’impresa sociale che trasforma le donne locali che provengono da contesti svantaggiati in abili artigiane economicamente indipendenti. Ogni prodotto di I Was a Sari è realizzato a mano da artigiane indiane e garantisce loro una fonte di reddito regolare e la loro indipendenza economica.
Oggi tutto questo è possibile grazie a corsi professionalizzanti di ricamo a mano online. Infatti, con il supporto di Gucci Equilibrium, la piattaforma di responsabilità sociale d’impresa della maison di moda, l’impresa di Funari è riuscita a insegnare l’arte del ricamo a distanza continuando a promuovere l’idea di una cultura più inclusiva e più ricca di punti di vista. Grazie al progetto formativo “Now I can“, I was a Sari agisce su due pilastri a cui è innegabilmente legata l’esistenza del marchio: da un lato la women empowerment, favorendo l’integrazione di categorie marginalizzate; dall’altro la circolarità della produzione, grazie all’uso di materiali residui di produzione.
Ogni Sari che attraversa questa metamorfosi ha una storia da raccontare; di come è stato reinventato e di come le donne che lo hanno reinventato hanno attraversato il loro viaggio di trasformazione di empowerment e indipendenza finanziaria. Nel 2019 I Was a Sari ha vinto il Circular Design Challenge Award, il primo premio indiano dedicato al sustainable fashion, e il Responsible Disruptive Award, in occasione dei Green Carpet Fashion Awards a Milano, il prestigioso evento annuale che celebra la moda sostenibile.
L’emancipazione delle donne passa dalla lavorazione di scarti di produzione
E’ la volontà di aiutare donne svantaggiate, il desiderio di combattere discriminazioni, di sostenere le minoranze, ma anche di proteggere l’ambiente che avvicina I was Sari e Gucci che, per giunta, nutre un forte interesse per il mondo del ricamo. E Mumbai è un hub importante per questa forma di artigianato. Così nel 2018 parte una collaborazione per formare un gruppo di artigiane ricamatrici, prive di skill pregresse, che acquisiranno tecniche e capacità specifiche nel ricamo di modo da assicurarsi un reddito regolare e quindi indipendenza finanziaria: un passo fondamentale per ottenere un ruolo riconosciuto all’interno della società dove l’arte del ricamo, per ragioni storiche, è quasi esclusivamente appannaggio degli uomini.
E’ appena iniziato il 2020 quando, grazie al supporto Gucci, I was a Sari inizia a fare scuola, in versione web, in India. Sulla piattaforma di corsi online Udemy viene messo a disposizione gratuitamente Now I can, un corso di traning che copre dalla A alla Z tutte le sfumature del ricamo contemporaneo indiano. Un programma di formazione professionale sul ricamo strutturato in due parti da 80 sezioni, in grado di coprire tanto l’area di apprendimento teorica quando quella pratica. Così Now I can consentirà non solo di superare le barriere culturali e le difficoltà logistiche, ma anche di diffondere il valore della manifattura e dell’arte del ricamo in tutto il mondo.
I was a Sari incarna alcuni dei valori che sono alla base della campagna globale fondata da Gucci nel 2013 per riunire, unire e rafforzare le voci che parlano per l’uguaglianza di genere. Chime For Change mira a ispirare la partecipazione in una comunità collettiva, riunendo le persone oltre i confini e le generazioni nella lotta per l’uguaglianza. Ad oggi, la campagna ha raccolto quasi 17 milioni di dollari per sostenere progetti e patrocinio in 89 paesi. Attraverso il finanziamento di 430 progetti con 156 partner, il sostegno di CHIME FOR CHANGE ha supportato più di 570.000 ragazze e donne in tutto il mondo e ha raggiunto più di 3 milioni di membri della famiglia e della comunità. Le co-fondatrici sono Salma Hayek Pinault e Beyoncé Knowles-Carter e i soci fondatori la Fondazione Kering, Hearst Magazines, Facebook e la Fondazione Bill & Melinda Gates. Una operazione che per alcune aziende permette di rientrare in logiche ESG.
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