La recente discussione sul bando al motore endotermico presenta il vantaggio di sollevare il tema dell’impatto ambientale del settore dei trasporti. Se guardiamo al 2019, prescindendo quindi dal calo della mobilità causato dalla pandemia Covid-19 e dal successivo parziale rimbalzo, i trasporti sono il solo settore di uso finale dell’energia le cui emissioni di gas serra sono superiori ai livelli del 1990. Nonostante l’impegno di decarbonizzazione e le azioni adottate negli ultimi anni, in Europa il volume settoriale di emissioni ha sperimentato una tendenza crescente e risulta del 33% più elevato rispetto al 1990.
Il trasporto stradale
È proprio la mobilità su strada il maggiore responsabile dell’inquinamento prodotto dai trasporti: essa rappresenta più del 70% delle emissioni del settore. Il driver principale della crescita delle emissioni inquinanti è il deciso incremento dei volumi di trasporto rilevato nello stesso periodo di tempo, solo in parte compensato da miglioramenti di efficienza. Le politiche energetiche e climatiche non possono non fare i conti, infatti, con la crescente e diffusa domanda di mobilità. Secondo le stime della European Environmental Agency (EEA), a politiche correnti le emissioni di gas serra dei trasporti diminuiranno a partire dal 2026. Tuttavia, il trend di riduzione non appare in linea con il conseguimento dell’obiettivo di neutralità climatica. Viene richiesto, pertanto, un impegno molto più consistente di decarbonizzazione del settore al fine di corrispondere ai target climatici.
La situazione in Italia e il parco circolante
Guardando all’Italia, si segnala come, al 2019, il volume di gas serra emessi sia superiore del 3% rispetto al 1990, ma allo stesso tempo sperimenti una traiettoria discendente. Se comparate al 2005, infatti, le emissioni dei trasporti si sono ridotte del 18%. I consumi di energia della mobilità conoscono la stessa tendenza. Ciononostante, il peso dei trasporti sul complesso dei consumi finali di energia è molto rilevante e pari al 32% del complesso, contro il 28% del comparto residenziale e il 22% dell’industria. Nello stesso anno il settore dei trasporti italiano incideva per circa un quarto delle emissioni, anche in questo caso ampiamente addebitabili alla mobilità stradale, che rappresentava quasi il 93% del totale, surclassando la navigazione, l’aviazione e le ferrovie.
Si evidenzia chiaramente quindi come, al fine di contenere l’impatto climalterante dei trasporti, non si possa non affrontare direttamente la conversione ecologica della mobilità stradale e, in particolare, del trasporto privato. Le automobili, infatti, costituiscono quasi il 70% delle emissioni, una quota di gran lunga superiore rispetto a quella rappresentata da veicoli commerciali pesanti e leggeri e dagli autobus. Le emissioni delle automobili, in aggiunta, hanno sperimentato un aumento prossimo al 20% a partire dal 1990.
Se si esaminano i dati ANFIA, si nota altresì come le autovetture alimentate a gasolio abbiano registrato un aumento del 9% tra il 2015 e il 2021, mentre quelle alimentate a benzina hanno segnato una lieve contrazione. Una contrazione più cospicua, superiore all’8%, hanno subito le auto a metano, evidentemente penalizzate dalla crescita straordinaria dei prezzi del gas. Al contrario, le autovetture ibride e full electric hanno conosciuto una crescita esponenziale, seppure si attestino su valori assoluti ancora estremamente ridotti e mostrino tassi di diffusione inferiori rispetto a gran parte dei Paesi UE.
La diffusione delle infrastrutture di ricarica
Eppure è acclarato che la penetrazione del vettore elettrico, insieme a carburanti low-carbon, sintetici e idrogeno, sia la strada obbligata per ridurre in misura consistente le emissioni del trasporto. In questo ambito, è necessario agire non solo sulla domanda di veicoli elettrici, ma anche dal lato dell’offerta. In tal senso, è fondamentale rendere maggiormente capillari ed efficienti i servizi di ricarica elettrica. L’ultimo rapporto di monitoraggio di Motus-E riferisce di una crescita del 41% dei punti di ricarica installati nel corso del 2022. Essi si attestano oggi a 36.772 punti distribuiti in 19.334 infrastrutture di ricarica (o stazioni, o colonnine) e 14.048 location accessibili al pubblico. Conforta il fatto che i punti di ricarica ad alta potenza, che rappresentano oggi una quota ridotta, evidenzino tassi ragguardevoli di crescita delle installazioni. Permangono tuttavia diverse criticità, come la scarsa diffusione delle infrastrutture di ricarica lungo le autostrade (solo 496) e l’elevata concentrazione nel Centro e nel Nord Italia.
Sulla diffusione delle reti di ricarica elettrica agirà proficuamente l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Tramite due decreti, il MASE ha messo a disposizione 713 milioni di euro del PNRR per installare entro il 2025 almeno 7.500 infrastrutture di ricarica super-rapida sulle strade extraurbane e 13.755 infrastrutture di ricarica veloci nelle città. I decreti effettuano altresì una ripartizione regionale degli obiettivi di sviluppo dell’infrastruttura. Le regioni che beneficeranno di più degli investimenti, in valori assoluti, sono la Lombardia (2.672 colonnine), la Campania (2.003) e il Lazio (1.931), ma tutte le regioni vedranno incrementi consistenti delle proprie possibilità di ricarica dei veicoli elettrici.
Articolo originariamente pubblicato il 17 Mar 2023