Anche se è poco noto, l’edilizia è un settore estremamente energivoro: in Europa, il parco residenziale e commerciale, sempre più vecchio sia nelle strutture che negli impianti, è responsabile del 40% del consumo energetico e del 36% delle emissioni di CO2 (Fonte: Commissione Europea). L’efficientamento di queste strutture passa anche dalla innovazione tecnologica: una possibilità è quella dell’applicazione delle celle a combustibile, il cui possibile contributo è stato anche analizzato in un paper di H2IT – l’Associazione italiana idrogeno e celle a combustibile che aggrega grandi, medie e piccole imprese, centri di ricerca e università che lavorano nel settore.
Partiamo dalle basi, ossia dalla definizione di questa tecnologia: la cella a combustibile permette di generare energia elettrica e calore mediante una reazione elettro-chimica tra gas metano e l’ossigeno contenuto nell’aria, raggiungendo un’elevata efficienza elettrica.
I benefici delle celle a combustibile
Ma quali sono i vantaggi dell’investire sulla tecnologia delle celle al combustibile? Innanzitutto, come detto, possono raggiungere un’efficienza elettrica fino al 60%, il valore più alto fra i sistemi di produzione termoelettrica, a cui va sommata l’efficienza termica (fino al 30%). Inoltre, grazie alla possibilità di lavorare in modalità di funzionamento costante 24 ore su 24, con produzioni annue che raggiungono anche le 8.700 ore e si prestano a coprire i consumi di base dell’edificio per quanto riguarda l’energia elettrica, contribuendo in misura parziale a coprire i fabbisogni termici, riducendo anche lo stress a cui sarà sottoposto sempre più il sistema elettrico nazionale.
La diffusione di questi sistemi permetterà, inoltre, di mitigare la crescente richiesta di aumento puntuale di potenza impegnata nei singoli POD (punto di prelievo dell’elettricità) interessati, dovuto alla naturale conseguenza dell’elettrificazione in atto. In altre parole, secondo H2IT, grazie alle basse emissioni e all’alta efficienza, le celle a combustibile possono rappresentare una vera svolta della microcogenerazione domestica e commerciale/industriale. Eppure, nonostante tutti questi vantaggi, la diffusione delle celle a combustibile è ancora piuttosto limitata: nel nostro Paese i contano circa 40 installazioni di celle a combustibile stazionarie. Tipicamente si tratta di installazioni di 1 unità (1,5 kW), alcune installazioni doppie (3 kW) ed un paio di installazioni multiple con più di due unità. Queste installazioni sono state realizzate senza il supporto di un programma di sostegno nazionale sul modello tedesco.
Le criticità
Questi numeri sono diretta conseguenza delle criticità normative e tecnologiche: la prima è che, come detto, gli attuali i sistemi a celle a combustibile attualmente disponibili sono alimentati mediante gas metano, determinando comunque una riduzione di emissioni di CO2rispetto alle tecnologie tradizionali (circa il 50% in meno). Questo comporta automaticamente il loro inserimento all’interno delle tecnologie non rinnovabili, con la diretta conseguenza di una loro gestione dal punto di vista burocratico-amministrativo analoga ai sistemi di microcogenerazione tradizionali. Secondo l’associazione, gli impianti di questo tipo devono dunque essere gestiti secondo un iter che certifichi la qualità dell’impianto, tipicamente finalizzato a maturare TEE (Certificati Bianchi).
Un iter che appare ingestibile ed improponibile in impianti di stazionari di piccola potenza che, tipicamente non sono interessati al conseguimento di TEE ma alle detrazioni fiscali a cui questi sistemi accedono. La soluzione sarebbe quella di rivedere la normativa nell’ottica dell’utilizzo delle celle al combustibile, al fine di supportare effettivamente la soluzione, in termini di valore e di iter di certificazione.
La svolta verso l’idrogeno
C’è poi l’evoluzione tecnologica: la tecnologia è già pronta ad offrire soluzioni alimentate ad idrogeno verde (quindi ad impatto nullo in atmosfera) ma è necessario colmare il gap tecnologico con prezzi più competitivi per il mercato domestico. Attualmente, però, l’idrogeno non viene distribuito attraverso una rete di distribuzione come il gas naturale e deve quindi essere prodotto dal sistema stesso in loco oppure essere trasportato all’interno di bombole. Secondo H2IT occorre però introdurre delle semplificazioni nell’iter burocratico afferente a questi sistemi: solo in questo modo la diffusione di questa tecnologia sarà possibile e i costi scenderanno conseguentemente. I sistemi ad idrogeno verde ricadranno automaticamente nelle FER (fonti energetiche rinnovabili) e quindi le complicazioni attualmente in essere decadranno automaticamente, spostando il “problema” normativo/autorizzativo sullo stoccaggio in sito dell’idrogeno autoprodotto. Un ruolo chiave potrà essere giocato dall’attuale infrastruttura del gas, che svolgerà un ruolo chiave nella transizione energetica, abilitando il trasporto e la distribuzione di idrogeno, prima in blending con il gas naturale, successivamente come puro H2. Grazie alla sua presenza capillare sul territorio italiano, permetterà e favorirà la diffusione e l’utilizzo delle fuel cell nel settore residenziale e commerciale. In ogni caso, conclude l’associazione il primo passo da fare è quello di incentivare e semplificare le procedure per i sistemi attualmente presenti sul mercato.