I rischi si fanno sempre più diffusi ed eterogenei per le imprese che operano nei mercati esteri. Ma lo sguardo, a un anno dall’inizio della pandemia, punta ormai alla ripresa: i progressi nel contrasto al coronavirus, pur nel rischio di nuove ondate, sostengono la transizione che condurrà il mondo fuori dalla recessione. Export, politiche economiche espansive, agenda verde, innovazione, capacità di resilienza: i driver che guideranno la ripartenza sono molti, e nessuno di loro sarà trascurabile. L’approccio vincente? Sarà quello di sfruttare le opportunità di crescita persino nelle regioni più “instabili”, grazie a una strategia in cui competitività e sostenibilità diventano due facce della stessa medaglia.
A tracciare il quadro è stato, nei giorni scorsi, il Focus on sulla Mappa dei rischi 2021 (dal titolo “Rosso, giallo e green: i colori dei rischi e della ripresa sostenibile per l’export italiano”) di Sace, il cui mappamondo interattivo online, giunto quest’anno alla XV edizione, delinea i profili di rischio per le imprese che esportano e operano in circa 200 mercati esteri.
Lo strumento, presentato in un evento digital organizzato da corriere.it e moderato dal vicedirettore del Corsera Daniele Manca, in quest’edizione si avvale di un set aggiornato di indicatori che valutano, insieme ai tradizionali fattori di rischio di credito e rischio politico, anche aspetti di sostenibilità ormai imprescindibili, definiti in collaborazione con la Fondazione Enel: cambiamento climatico, benessere sociale, e transizione energetica.
Uno scenario di indebitamento globale, ma pronto a riprendersi
L’analisi di Sace si inquadra in uno scenario globale ancora profondamente segnato dallo shock pandemico. Davanti ad esso sono state adottate misure d’emergenza che in alcune regioni del mondo hanno innalzato le tensioni economico-sociali e si sono tradotte in un aumento dei livelli di debito pubblico e privato, già critici soprattutto nei Paesi a medio e basso sviluppo.
In generale si stima un incremento dell’indebitamento di 24mila miliardi, cifra che ha portato il debito complessivo a raggiungere quota 281 mila miliardi, pari al 355% del Pil globale e in netto aumento rispetto al 320% raggiunto nel 2019 (dati Iif). Il Fondo Monetario Internazionale ha sostenuto le esigenze finanziarie delle economie in difficoltà con linee di credito ed estensione di programmi ad hoc fornendo liquidità per 32,3 miliardi di dollari in 83 Paesi, di cui circa 16,7 miliardi verso l’Africa Subsahariana, circa 5,4 miliardi verso l’America Latina e circa 3,9 miliardi verso il Medio Oriente e il Nord Africa. Anche i Paesi membri del G20 si sono mossi con l’iniziativa di sospensione del servizio sul debito per concedere alle economie più fragili alle conseguenze dello shock un riscadenzamento del debito a parità di valore.
Si tratta tuttavia di uno scenario destinato ad evolversi: per il 2021 è infatti attesa una ripresa a “V” dell’economia mondiale, con un inizio piuttosto timido per poi prendere vigore nel corso dell’anno e quindi recuperare pienamente dopo la profonda recessione registrata lo scorso anno.
Secondo Oxford Economics, l’attività economica globale è attesa in ripresa del 5% nel 2021, secondo l’Ocse del 4,2%, e secondo il Fmi del 5,5%. Ma il rimbalzo stimato quest’anno per le economie avanzate non sarà tale da recuperare la contrazione del 2020. Per contro, i Paesi emergenti registreranno una dinamica più pronunciata grazie sia a una maggiore efficienza nel contenere la crisi sanitaria in importanti economie come quelle del Sud-est asiatico, ad esempio Corea del Sud e Vietnam, sia al forte traino della Cina.
I trend per aree geografiche, tra rischi di credito, politici e di sostenibilità
Che cosa prevede, in questo contesto, la Mappa dei rischi 2021? Il documento, presentato nel corso dell’evento da Alessandro Terzulli, Chief economist Sace, dipinge un quadro dei rischi dai colori più accesi, con un incremento generalizzato di tutti i profili.
L’aumento più pronunciato riguarda i rischi di credito, a causa degli impatti economici della pandemia, ferma restando una forte attenzione alle tensioni politico-sociali e alla sostenibilità riflesse dagli altri indicatori.
In termini di rischio del credito (il rischio che la controparte estera, sovrana, bancaria o corporate, non sia in grado o non sia disposta a onorare le obbligazioni derivanti da un contratto commerciale o finanziario), dei 194 Paesi analizzati, in 22 diminuisce il livello di rischio, con l’Europa emergente e Comunità degli Stati Indipendenti (Csi) che hanno tenuto, mentre in Asia è il Vietnam a distinguersi in chiave positiva. Sono invece 52 i Paesi stabili e 120 quelli in peggioramento (deterioramento riscontrabile soprattutto nella componente sovrana per effetto del forte incremento dei livelli di debito pubblico): questi ultimi riguardano buona parte dei Paesi dell’Africa subsahariana e di quelli dell’area nord africana e mediorientale, in particolare è lo Zambia riportare il maggior incremento dello score del rischio.
Gli score delle principali geografie avanzate, benché in regresso, non hanno registrato un deterioramento eccessivo. In Europa emergente e Csi il rischio di credito è in aumento, pur mantenendosi ancora a livelli medi. La Russia e i Paesi dell’area come Lituania e Ucraina hanno beneficiato di una relativa stabilità e di minori restrizioni imposte all’economia. Le imprese locali potranno contare sul supporto delle banche, specialmente nei sistemi caratterizzati da una maggiore presenza di istituti controllati dallo Stato.
La regione del Medio Oriente e Nord Africa ha registrato un generale peggioramento dei rischi, sulla scia di una contrazione media del Pil del 10% nel 2020, forse la più ampia dagli anni ‘80 del secolo scorso, ma alcuni Paesi resilienti dell’area torneranno ai livelli pre Covid-19: Marocco, Arabia Saudita e Turchia. Nel Golfo, Qatar, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita sono tra i Paesi che hanno potuto meglio reagire alla crisi in corso, grazie anche all’ampia liquidità di cui beneficiano i conti pubblici e gestita dai rispettivi fondi sovrani; in particolare i primi due hanno registrato un miglioramento del rischio di credito, già medio-basso.
Il peggioramento dei rischi è piuttosto generalizzato anche in America Latina, ma il quadro presenta alcune eccezioni per economie dai fondamentali più solidi come Perù, Cile e Uruguay e per l’Argentina, già in difficoltà negli anni precedenti, ma che nel 2021 sconta una riduzione del profilo di rischio grazie alla ristrutturazione del debito verso i creditori esteri di natura privata.
Gli effetti economici della pandemia non hanno risparmiato una delle aree più dinamiche a livello globale come l’Asia, dove solo 7 economie su 28 non presentano un peggioramento in nessuna delle tre categorie del rischio di credito. In Cina lo score si è mantenuto stabile grazie a provvedimenti restrittivi molto forti, seguiti da misure di stimolo economico. Contenimento efficace della pandemia anche da parte di Corea del Sud e Taiwan, che ha permesso loro di mantenere invariato lo score. Si distingue in chiave positiva il Vietnam, unica economia dell’area con un miglioramento del rischio di credito, grazie a una lieve riduzione delle componenti bancaria e corporate: un risultato che premia il modello di sviluppo che sta rendendo il Paese uno dei più importanti hub manifatturieri del Sudest Asiatico e rafforzato dall’entrata in vigore, lo scorso agosto, dell’accordo commerciale con l’Ue che consente un accesso preferenziale al mercato europeo. Fra le economie che hanno risentito maggiormente del peggioramento del profilo di rischio sovrano troviamo l’India dove lo shock pandemico ha innescato una forte contrazione della domanda domestica, amplificata dal difficile funzionamento degli ammortizzatori sociali e dalla “tiepida” risposta fiscale del governo, preoccupato dall’ingente debito pubblico.
“Resilienza, innovazione e sostenibilità i fattori chiave”
“A un anno dalla dichiarazione dello stato di pandemia, la Mappa dei rischi di Sace ci restituisce un’istantanea del tutto inedita del mondo – afferma Rodolfo Errore, presidente Sace -. La ripartenza per le imprese italiane sarà promossa da alcuni driver importanti. L’export, in primis, da sempre motore fondamentale della nostra economia, sarà certamente una leva da attivare. Ma da solo non basterà per agganciare la ripresa. Servirà anche puntare su politiche economiche espansive; sull’attuazione del piano Next generation Eu; su un sistema finanziario globale focalizzato sul finanziamento dell’economia reale e su un’ambiziosa agenda verde, tutto questo in una logica inclusiva a servizio delle generazioni a venire”.
“Resilienza, innovazione e sostenibilità: sono questi i terreni su cui si giocherà la sfida della ripresa per rilanciare la competitività dell’Italia e delle nostre imprese – aggiunge Pierfrancesco Latini, amministratore delegato Sace -. Una sfida in cui Sace è stata chiamata a svolgere un ruolo di primo piano a sostegno del tessuto imprenditoriale e produttivo italiano, con le sue garanzie e coperture assicurative, per contribuire al rilancio economico del Paese. Lo faremo con il massimo impegno, in un gioco di squadra, che ci vede tutti orientati, istituzioni, finanza e imprese, verso un unico obiettivo: la ripartenza”.
L’evento digital di presentazione sul sito del Corsera ha visto anche la partecipazione di una serie di ospiti: Carlo Papa, Managing director Fondazione Enel, cui hanno fatto seguito Giulia Giuffrè, Managing director Irritec, Mariateresa Maschio, amministratore delegato Mascar, Elena Dallavalle, consigliere delegato Motridal e Giuseppe Di Martino, amministratore delegato del Pastificio Di Martino Gaetano & f.lli, che hanno affrontato il tema “Imprese e territorio: l’export come fattore di resilienza”.
Infine Stefania Brancaccio, presidente Coelmo, Francesco Venturini, amministratore delegato Enel X, Stefano Cao, amministratore delegato Saipem, con Latini di Sace, hanno posato lo sguardo sul futuro, affrontando con i loro case history il tema “Verso la vera ripresa: sostenibilità un nuovo approccio alla competitività”.