Il World Economic Forum ha indicato, ancora una volta, il clima e gli altri rischi ambientali tra i principali rischi globali da monitorare. Si fa sempre più forte la necessità di formulare framework analitici dettagliati, attuati attraverso un approccio olistico, e l’importanza del ruolo del risk manager ambientale.
Chi è il risk manager ambientale?
Innanzitutto, un risk manager ambientale, al pari del classico risk manager, in base alla ISO 31000, è colui in grado di:
- Identificare e valutare i rischi assegnando altresì un ordine di priorità nella loro gestione in base alla probabilità di accadimento, gravità in termini di impatto economici, giuridici, gestionali
- Individuare le migliori modalità di gestione dei rischi, in linea con le disponibilità e le capacità finanziarie dell’azienda
- Definire le azioni di prevenzione, mitigazione o trasferimento dei rischi in un’ottica di miglioramento continuo in sinergia con la funzione di business continuity
- Individuare le coperture assicurative idonee a gestire il rischio residuo.
- Contribuire alla creazione di una vera e propria cultura del rischio all’interno dell’organizzazione.
Pertanto, il risk manager ambientale sarà in grado di:
- Garantire la gestione dei rischi e, al contempo, in sinergia con il business continuity manager, garantire la continuità operativa e migliorare la qualità dei propri prodotti e servizi
- Salvaguardare non solo l’immagine della propria organizzazione, ma anche la credibilità rispetto ai propri stakeholder interni ed esterni (i.e. dipendenti, azionisti, clienti, comunità, fornitori, enti regolatori ecc.) dimostrando di essere consapevoli dell’importanza dei principi di sostenibilità
- Acquisire vantaggio competitivo rispetto ai propri concorrenti
- Avere un maggiore controllo dei costi
- Essere maggiormente conforme ai requisiti normativi e agli standard di legge
Tuttavia, dal momento che lo scopo del risk manager ambientale consiste nel supportare le organizzazioni a gestire i rischi ambientali, a prevenirne gli impatti e a garantire la conformità normativa, il suo compito si focalizzerà ulteriormente su:
- Valutare il rischio ambientale e contestualizzarlo rispetto all’attività dell’impresa (i.e. fase di individuazione, mappatura, misurazione quantitativa e qualitativa dei rischi ambientali)
- Effettuare un’analisi degli impatti potenziali o reali rispetto sull’organizzazione (i.e. performance tecniche, economiche, finanziarie e organizzative)
- Conseguire il supporto del top management dal punto di vista strategico, metodologico e organizzativo nella valutazione e nella gestione dei rischi ambientali.
- Interfacciarsi in modo sinergico con le altre funzioni aziendali in modo tale da avere un orizzonte più ampio della propagazione del rischio ed essere in grado di individuare le soluzioni tecniche, organizzative e gestionali per contenere il rischio ambientale.
- Individuare coperture assicurative ad hoc in modo tale da avere una copertura completa in termini di:
- Responsabilità civile
- Responsabilità ambientale
- Rimborso delle spese sostenute per la messa in sicurezza d’emergenza e permanente
- Costi di bonifica e di ripristino del suolo, a seguito di inquinamento o anche del solo pericolo di inquinamento
- Convenzione con società di ripristino post inquinamento in grado di fornire il supporto tecnico in caso di emergenza e messa in sicurezza
- Ridurre i rischi penali per il top management
- Garantire la compliance normativa
- Gestire le situazioni di emergenza attivando i programmi di risk management, i piani di crisis management e di continuità operativa e monitorare nel tempo la loro evoluzione.
Come si diventa risk manager ambientale
Il risk manager ambientale differisce dalla figura del risk manager tradizionale solo in termini di competenze specifiche, che possono essere acquisite tramite percorsi formativi universitari o master ad hoc, oppure, tramite un’esperienza personale sul campo.
Qui di seguito ricordiamo gli aspetti che un risk manager ambientale deve tenere in considerazione e conoscere:
- Tipologia di agenti inquinanti e loro impatti sui diversi comparti, comportamento degli stessi nell’ambiente
- Caratteristiche degli impianti in termini di componenti, caratteristiche delle emissioni, utilizzo degli impianti
- Aspetti economici con analisi danni diretti e indiretti
- Conoscenza approfondita delle coperture assicurative ambientali presenti sul mercato
Sarà, altresì, compito del risk manager ambientale:
- Gestire attentamente gli aspetti giuridico/normativo/amministrativi, attraverso un puntuale aggiornamento sulle normative italiane ed europee di settore, i.e.: gli obblighi per le imprese in caso di evento inquinante, normativa penale ambientale, normativa in materia di bonifiche, autorizzazioni ambientali (Autorizzazione Integrata Ambientale – AIA, Autorizzazione Unica Ambientale -AUA, procedura Seveso)
- Avere conoscenza della ISO 14001:2015 e della registrazione Eco-Management and Audit Scheme (EMAS) in termini benefici e incentivi per l’azienda
- Individuare eventuali nuovi rischi e segnalarli adeguatamente; conoscere bene i processi aziendali e l’organizzazione del lavoro; avere buone capacità relazionali e di dialogo.
Il risk management ambientale
Numerosi sono gli esempi di incidenti industriali che, negli ultimi decenni, hanno causato gravi danni all’ambiente e che si sono convertiti in una minaccia per le stesse organizzazioni. Ricordiamoci che, nel momento in cui un’organizzazione è in grado di prevenire e gestire i rischi ambientali, di fatto, salvaguardia non solo il proprio business, ma anche i propri dipendenti e il contesto in cui opera.
Attraverso l’identificazione e la valutazione dei rischi ambientali (risk assessment) si è in grado di:
- verificare l’incidenza di eventuali eventi
- analizzare gli impatti diretti e indiretti (Business Impact Analysis) avvalendosi sinergicamente dei professionisti della business continuity;
- prendere coscienza delle potenziali vulnerabilità dell’organizzazione.
Si individuano, quindi, le azioni atte a evitare, minimizzare o trasferire il rischio (risk management) oltre a predisporre le azioni di risposta per gestire l’emergenza (Crisis Management Plan) e garantire la continuità operativa (Business Continuity Plan).
Oggi sta diventando fondamentale e strategico creare opportunità implementando un Sistema di Gestione Ambientale (SGA) dal momento che l’ambiente deve essere tutelato e fruito in modo sostenibile, per cui è necessario considerare non solo gli aspetti strettamente ambientali, ma anche quelli economici e sociali.
Come evidenziato dalla ISO 14001:2015 – che adotta la cosiddetta High Level Structure (HLS) – le organizzazioni devono essere in grado di garantire i requisiti per stabilire, attuare, mantenere e migliorare in modo continuo un SGA. Pertanto, è necessario attuare un cambio di paradigma, ovvero, l’ambiente deve essere concepito come risorsa a supporto del business aziendale e, attraverso un approccio strutturato di risk management e business continuity, garantire e migliorare continuamente un sistema di gestione dei rischi ambientali che, oltre a prevenire i danni ambientali e gestirne le responsabilità, sia in grado di cogliere le opportunità che i cambiamenti – oggi più frequenti che mai – possono portare con sé.
L’organizzazione, nell’attuare il suo SGA deve:
- Identificare gli aspetti ambientali e valutare la loro significatività adottando una prospettiva di ciclo di vita
- Definire le modalità di attuazione ed il soddisfacimento degli obblighi di conformità identificati nell’ambito dell’analisi del contesto
- Definire i rischi e le opportunità connessi agli aspetti ambientali, agli obblighi di conformità e ad altre eventuali questioni emerse dall’analisi del contesto.
Tutte le fasi, a monte e a valle della produzione – i.e.: la progettazione, la distribuzione, il consumo, fino al fine vita dei prodotti e dei servizi, indipendentemente dal luogo dove materialmente si svolgono le fasi di queste attività – vengono prese in considerazione. Ricordiamo che le conseguenze di un impatto ambientale non sono solo economiche, ma implicano anche delle specifiche procedure, delle responsabilità (anche penali), delle capacità rapide di risposta.
L’evolversi delle normative – sempre più stringenti a livello sia nazionale sia comunitario e, secondo cui, “chi inquina paga” – ha indotto le imprese, indipendentemente dalle dimensioni e dai processi industriali, a mettere in atto misure preventive per ridurre al minimo i rischi di danno ambientale e l’esposizione a tale responsabilità.
Il rischio ambientale può derivare non solo da eventi catastrofici (i.e. petroliere che affondano, rotture di oleodotti, ecc.), ma anche da incendi, da eventi naturali estremi, quali le alluvioni, che producono contaminazioni dei luoghi/aree attigue in cui si verificano. Tali eventi dirompenti, oltre ad impattare sulla produzione aziendale, come abbiamo già detto, hanno risvolti economici ingenti ed irreversibili per l’azienda, senza contare i costi indiretti in termini di bonifiche, risarcimento dei danni causati all’ambiente oltre ai danni di immagine e quelli reputazionali.
La copertura assicurativa è una modalità di gestire il rischio ambientale residuo in modo tale da gestire quegli aspetti potenzialmente gravi che possono essere trasferiti all’assicurazione (danni reputazionali, danni a terzi, business interruption); inoltre, in coordinamento con operatori di settore specializzati in bonifica ed in interventi da attuare nell’immediato – a seguito di una contaminazione causata da un evento dirompente – è possibile limitare in modo significativo il danno o il propagarsi del medesimo.
Conclusioni
Secondo il rapporto pubblicato a settembre 2020 dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sono oltre 630mila i morti per cause ambientali in Europa e, l’Italia, purtroppo, è uno dei paesi più esposti. Inoltre, secondo quanto emerge da un’analisi di Excelsior di Unioncamere, non si è ancora in grado di garantire la sostenibilità, la resilienza e l’agilità necessarie per gestire le minacce ambientali, nonostante l’eco-sostenibilità sia destinata a diventare uno dei pilastri per la ripartenza post Covid-19. Ne consegue che i risk manager ambientali, coadiuvati dai professionisti della business continuity, saranno figure professionali sempre più richieste in futuro. In particolare, le organizzazioni che perseguiranno un modello di economia circolare dovranno dotarsi necessariamente di tali professionisti capaci di analizzare, individuare i rischi ambientali, progettare le soluzioni più efficaci per prevenire e ridurre tali rischi, con l’obiettivo di minimizzarne l’impatto sul business aziendale nel rispetto dell’ambiente e della sicurezza.
Un’ottimale gestione dei rischi ambientali e la salvaguardia della continuità operativa, propedeutici a raggiungere la resilienza organizzativa, hanno un impatto positivo sulla cultura, sui processi e sulle competenze di un’organizzazione. Si tratta di garantire un sistema integrato con le strategie e le performance, sulle quali l’organizzazione si affida per gestire tali rischi al fine di creare, preservare e realizzare valore. In base agli obiettivi dell’Agenda Onu 2030, le tematiche ambientali e di sostenibilità sono destinate a diventare sempre più parte integrante delle agende dei Consigli d’Amministrazione, delle strategie e degli obiettivi aziendali. È necessario avere una piena conoscenza e consapevolezza dei contesti in cui si opera, degli impatti a medio e lungo termine derivanti dai rischi ambientali in modo tale da essere in grado sia di anticipare sia di rispondere alla complessa rete di rischi interconnessi.
Ricordiamoci che siamo parte dell’ambiente in cui viviamo: i nostri corpi sono formati da elementi fisici, chimici e biologici che possono svilupparsi e vivere solo se l’ambiente ecologico è ad essi favorevole; ne consegue che qualsiasi danno all’ambiente si traduce in un danno all’umanità, dal che scaturisce la necessità di reciprocità tra uomo e natura (i.e. En-to-pan, i.e. uno il tutto).