Quali sono le principali aree di rischio che le imprese devono tenere in considerazione nella loro attività? A tracciare un quadro ci ha provato l’edizione 2019 del Global Risk Forum di Business International. La principale indicazione che è arrivata dai vari interventi che si sono susseguiti nel corso della giornata è che nel campo del risk management la capacità di innovazione non riguardi più esclusivamente le competenze in ambito tecnologico scientifico, ma anche le abilità strategiche e le soft skill.
Come ad esempio ha messo in evidenza Giuseppe D’onza, professore ordinario di risk management all’Università di Pisa, una delle aree di rischio più sensibili oggi per un’azienda – ha anticipato l’accademico – è quella dell’incertezza nell’attuale scenario economico nazionale e internazionale, con incognite che vanno dalla Brexit al costo del petrolio, fino all’impatto del ciclo economico. Ciò non toglie che anche l’innovazione tecnologica abbia un suo impatto: come ha messo Alessandro De Felice, presidente di Anra (Associazione Nazionale Risk Manager e Responsabili Assicurazioni). «L’innovazione sta modificando profondamente la geografia dei rischi e le tecniche di analisi e mitigazione tipicamente basate sugli studi predittivi e le modellizzazioni. Ci si attende, quindi, che gli strumenti gestionali a supporto dell’attività di risk management diventino sempre più integrati con i sistemi di reporting e controllo, rendendo una serie di attività di analisi e monitoraggio più semplici, accurate e immediate».
L’innovazione, d’altra parte, comporta l’assunzione di una serie di rischi difficili da gestire: «È certo – ha messo in evidenza Innocenzo Cipolletta, presidente di Assonime – che lo scenario internazionale si stia complicando e che alcune certezze del passato non lo siano più oggi. Ciò che conta per un’impresa è di non mettere tutte le uova nello stesso paniere. In altre parole, la diversificazione dei mercati e la programmazione per scenari alternativi sono le soluzioni utili, non per evitare gli eventi futuri, ma per essere pronti a gestirli. I mercati di sbocco e quelli di approvvigionamento devono essere diversificati in modo da non dipendere da pochi clienti o da pochi fornitori concentrati in un territorio. Bisogna poi essere in grado di stilare piani industriali e comportamenti alternativi da avviare in caso si dovessero manifestare eventi non previsti. Infine, c’è da “difendersi” dall’innovazione. Si tratta di sapere che in qualsiasi momento una innovazione può rendere obsoleti processi produttivi e mercati di riferimento. In questo caso è necessario essere informati portando un’attenzione frenetica agli sviluppi della tecnologia, sia nel proprio settore che in altri, dato che spesso innovazioni studiate per un segmento possono poi trasferirsi a differenti dipartimenti».