L'evento

Rischio d’impresa, gestione più semplice grazie all’intelligenza artificiale

Se ne è parlato alla tavola rotonda organizzata da Costanzo & Associati, a cui hanno preso parte professionisti, imprese e accademici. Paolo Costanzo: “Il sistema economico italiano non ha ancora colto tutte le potenzialità del digitale”

Pubblicato il 02 Lug 2019

DPIA

Prevenire e gestire il rischio d’impresa potrebbe diventare più semplice grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie digitali, e in particolare dell’intelligenza artificiale. Se ne è discusso nei giorni scorsi durante la tavola rotonda organizzata da Costanzo & Associati sui successi, i limiti e le prospettive per imprese e professioni del connubio tra Gestione del rischio d’impresa e intelligenza artificiale. 

Alla discussione hanno partecipato Piero Poccianti, presidente dell’Associazione Italiana per l’Intelligenza artificiale, il parlamentare  Alessandro Fusacchia, Francesca Puggioni, Managing Director Southern Europe di Orange Business Services, Alessandra Giordano, Direttore Delivery di Intoo (Gi Group), Giulia Pastorella, Cybersecurity and Data Policy Strategy, HP. A moderare i loro interventi Paolo Costanzo, senior partner di Costanzo&Associati.

“Il sistema economico italiano non ha ancora colto tutto il potenziale dell’economia digitale – commenta Paolo Costanzo – La digitalizzazione comporta una rivisitazione dei processi, del modello di business e delle attività, attraverso la condivisione della conoscenza fra tutte le funzioni aziendali. L’impresa è continuamente chiamata ad interagire con l’incertezza, che deve essere in grado di fronteggiare per difendere ed accrescere il proprio posizionamento. L’elemento centrale sui cui poggia la gestione dell’incertezza, oggi sempre maggiore rispetto al passato, è sicuramente la gestione e l’analisi dei dati che devono essere protetti e affidabili. La digitalizzazione diventa quindi una strada necessaria per rendere le imprese competitive nel mercato globale.”

“Le imprese, i nostri amministratori, i decisori politici non hanno ancora compreso che cos’è l’Intelligenza Artificiale e l’impatto che potrebbe avere non solo su economia, società, scuola, industrie, ma sul vivere quotidiano – aggiunge Piero Poccianti – Il nostro paese ha bisogno di reagire ad un immobilismo che rischia di vederlo schiacciato (insieme a tutta l’Europa) fra Cina e Usa che stanno investendo in AI con programmi titanici e possiamo farlo solo se usiamo la creatività che ci contraddistingue e mettiamo in atto strategie di collaborazione fra ricerca e industria.”

“Molti saranno i lavori che subiranno forti cambiamenti se non addirittura scompariranno – sottolinea Alessandra Giordano – ma altrettanti se non di più saranno i nuovi mestieri. E’ un’evoluzione che va affrontata con consapevolezza. Le aziende sempre più hanno bisogno di flessibilità, visione sistemica, problem solving, creatività. L’aggiornamento delle proprie competenze deve essere un’attività continua che la persona segue per l’intero percorso professionale. La convivenza in azienda delle diverse generazioni sta portando ad una necessaria rivisitazione delle strutture organizzative e dei modelli di leadership; la comunicazione e il lavoro di team sono oggi ingredienti necessari per far dialogare i nativi digitali con le generazioni precedenti. Consapevolezza e responsabilità sono due ingredienti necessari per stare dentro questo cambiamento continuo.”

“Nel 2015 il 60% dei dati veniva generato dai consumer e solo il 40% dalle imprese: nel 2025 queste percentuali sono destinate a rovesciarsi. L’intelligenza Artificiale è diventata un’esigenza proprio per gestire la mole di dati crescente che produciamo – conclude Francesca Puggioni  servono algoritmi in grado di estrarre informazioni utili e si prospettano nuove aree di interesse come la ‘data monetization’, che si apre grazie ad AI e ad analisi dei dati. Le aziende non possono restare a guardare, perché se i competitor intraprendono questa strada i loro business model diventano obsoleti. Dobbiamo pensare all’AI per il suo potenziale nel creare nuove posizioni lavorative di alto livello, in sostituzione ad altri ruoli meno gratificanti. Il fine ultimo è aumentare la qualità della vita delle persone”.

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