Il fenomeno del riciclaggio di denaro rappresenta una delle sfide più importanti e difficili che l’Unione Europea è chiamata ad affrontare e, ci auguriamo, risolvere.
Nel corso dell’ultimo decennio in diverse parti del mondo si è assistito a numerosi casi di indagini relative al finanziamento del terrorismo internazionale, a ricorrenti scandali finanziari ed attività individuali di utilizzo fraudolente di somme di denaro non dichiarate alle competenti autorità nazionali.
Proprio per questo una delle sfide più importanti legate all’innovazione digitale è quella di creare un sistema rilevazione basato su standard internazionali che consentano una interoperabilità transnazionale dei dati strutturati che compongono le rilevazioni delle operazioni. In questo contesto, un esempio positivo è rappresentato dalla fattura elettronica europea introdotta con la Direttiva (UE) 55/2014 che ha portato all’emanazione dello standard EN 16931-1 di fattura elettronica che entrerà in vigore in Europa dal 18 aprile 2019.
Monitoraggio dei flussi finanziari interni e transfrontalieri
Ma le attività da monitorare non sono solo quelle legate alla fatturazione elettronica, pertanto vanno esaminati tutti flussi finanziari interni e transfrontalieri per individuare tempestivamente i movimenti di fondi che criminali e terroristi attuano in tutti i paesi con l’obiettivo di sfuggire al controllo delle autorità.
Per questo l’Unione europea ha definito un quadro di riferimento per quanto riguarda l’attività di antiriciclaggio e di contrasto del finanziamento del terrorismo mediante la definizione di regole comuni in materia di controlli e obblighi di segnalazione da parte degli enti finanziari e di altri attori economici.
Inoltre definito il lavoro delle Unità di Informazione Finanziaria (UIF) dell’Unione europea per analizzare le operazioni sospette e migliorare la cooperazione tra le UIF dei vari Stati membri.
Con l’entrata in vigore delle modifiche apportate dal decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 90 al decreto antiriciclaggio (decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231) in attuazione della IV direttiva antiriciclaggio, la normativa è stata rivista per adattare l’impianto nazionale di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, all’impostazione promossa dall’Unione europea.
Sostanzialmente si è data attuazione ad un sistema maggiormente ispirato al principio dell’approccio basato sul rischio. Questo approccio compenetra l’intero impianto antiriciclaggio consentendo ai soggetti obbligati di adattare gli obblighi all’effettivo rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo rilevato nella operazione esaminata.
Il decreto antiriciclaggio introduce in primo luogo l’obbligo di svolgere un’analisi ed una valutazione del rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, ai sensi della IV direttiva antiriciclaggio. Questa attività è preliminare alla definizione di idonee misure di contrasto e va svolta dai singoli soggetti obbligati, sulla base della metodologia definita dall’Autorità di vigilanza.
Analisi e valutazione dei rischi
Tale attività di analisi e valutazione dei rischi è importantissima perché serve anche per alimentare il sistema nazionale di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, proprio perché consente di identificare le aree maggiormente esposte al rischio e, di conseguenza, di implementare presidi commisurati al suddetto rischio.
Passaggio fondamentale è anche quello relativo all’introduzione di un approccio innovativo per l’impostazione degli obblighi di adeguata verifica della clientela che, recependo l’impostazione della IV direttiva, abbandona l’individuazione delle fattispecie a basso rischio di riciclaggio, ma impone soggetti obbligati di valutare in quali situazioni sia possibile modulare l’estensione e la frequenza degli adempimenti, sulla base di un approccio basato sul rischio.
Quindi diviene indispensabile che i soggetti incaricati all’adempimento degli obblighi di adeguata verifica della clientela, ed alla rilevazione delle operazioni sospette, siano in grado di valutare correttamente i rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo al fine di adempiere agli obblighi in modo consapevole e coerente con i rischi rilevati. Da qui appare rilevante strutturare dei percorsi di formazione del personale che devono assolvere all’obbligo di informazione e formazione della normativa, sensibilizzando tutta la struttura ad ogni livello.
Il ruolo dei commercialisti
Con particolare riferimento all’attività dei commercialisti va osservato che il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti (CNDCEC) hanno esposto al Ministero delle Finanze le motivazioni sulla base delle quali non possono essere i propri iscritti destinatari della normativa antiriciclaggio perché non hanno alcun potere di agire ed accedere alle banche dati nazionali che permettono le verifiche in tempo reale delle identità delle persone. Infatti, nella fase di elaborazione delle regole tecniche ex art. 11, co. 2, D.Lgs. 231/2007 per la valutazione del rischio riciclaggio e finanziamento del terrorismo, il CNDCEC ha effettuato una prima mappatura delle prestazioni professionali più comunemente svolte dai dottori commercialisti, evidenziando anche le prestazioni professionali a rischio “abbastanza significativo” quali:
– amministrazione di società, enti, trust o strutture analoghe,
– assistenza per richiesta finanziamenti,
– assistenza e consulenza societaria continuativa e generica,
– attività di valutazione tecnica dell’iniziativa di impresa e di asseverazione dei business plan per l’accesso a finanziamenti pubblici,
– consulenza aziendale,
– costituzione/liquidazione di società, enti, trust o strutture analoghe,
– tenuta della contabilità,
– redazione di bilanci,
– revisione legale dei conti.
I fattori di rischio correlati alle valute virtuali
Inoltre è stato evidenziato anche il rischio connesso ad operazioni che comportano l’utilizzo di valute virtuali a causa del fatto che i soggetti coinvolti sono caratterizzati dall’anonimato, con la loro potenziale ed inevitabile conseguenza di utilizzo fraudolente e criminale.
L’analisi svolta del CNDCEC è proseguita andando ad individuare anche le prestazioni professionali che sono caratterizzate da un più basso rischio di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, motivando tale valutazione, e nel seguito essa è così definita:
- funzioni di componente di collegio sindacale/sindaco unico, senza funzioni di revisione legale dei conti, in società non coincidenti con soggetti obbligati.
In tali contesti il rischio non è significativo in quanto il sindaco è inquadrato quale organo endosocietario e le funzioni di controllo antiriciclaggio sono svolte per espressa previsione normativa dalla società di revisione/revisore esterno;
- apposizione del visto di conformità su dichiarazioni fiscali da parte del professionista non incaricato della tenuta della contabilità del cliente.
Il professionista che appone (o nega) il visto effettua esclusivamente un controllo di carattere campionario di “spunta” dei documenti contabili e verifica il corretto trattamento degli stessi ai soli fini fiscali;
- predisposizione di interpelli con richiesta di chiarimenti interpretativi circa l’applicazione di norme, ancorché contestualizzati a casi concreti con inoltro a ministeri e Agenzie fiscali.
Tali interpelli sono presentati sempre in via preventiva, ed illustrano analiticamente (a soggetti pubblici) un caso concreto al quale risponde l’amministrazione finanziaria o il ministero;
- risposte a quesiti di carattere fiscale e societario con cui si chiede quale sia la corretta soluzione in base a norme di legge della fattispecie prospettata;
- incarichi di curatore, commissario giudiziale e commissario liquidatore nelle procedure concorsuali, giudiziarie e amministrative, nonché le altre attività rese dai professionisti in qualità di ausiliari del Giudice.
Si tratta di incarichi che derivano da nomine giudiziali nei quali il professionista, nelle relazioni tecniche all’autorità giudiziaria, evidenzia anche le eventuali irregolarità riscontrate sia a livello civile che penale, pertanto anche in relazione alle eventuali anomalie ai fini dell’antiriciclaggio e del finanziamento al terrorismo;
- attività di docenza e redazione di articoli e saggi.
Esse sono di tipiche e pure prestazioni intellettuali svolte da professionisti, in relazione alle quali è assente ogni risvolto patrimoniale e finanziario e, pertanto non c’è ragione per fare un monitoraggio ai fini antiriciclaggio;
- funzioni di componente di organismi di vigilanza ai sensi del D.Lgs. 231/2001.
In tali funzioni non si ravvisa qualsivoglia prestazione professionale con risvolti economico-finanziari-patrimoniali e, dunque, non vi è ragione per ritenere fondata in capo a quest’ultimo la sussistenza di obblighi di monitoraggio ai fini antiriciclaggio;
- invio telematico di bilanci e documenti collegati, pratiche varie agli uffici pubblici competenti.
Queste sono funzioni operative di carattere telematico che non hanno a che vedere con le prestazioni professionali, posto che l’esecuzione delle stesse non consente alcuna valutazione in merito alle operazioni del cliente;
- predisposizione presso gli uffici pubblici competenti (SIAE, Ministero sviluppo economico, CCIAA ecc.) di pratiche di prima iscrizione e rinnovo per la tutela di diritti (marchi, diritti di privativa, brevetti, software).
Sono adempimenti burocratici per la registrazione di opere frutto dell’ingegno che non riguardano movimentazioni finanziarie o evidenza di patrimoni.
Elaborazione dei flussi informativi per individuare i rischi
Per quanto riguarda le analisi delle minacce il CNDCEC osserva che l’elaborazione di flussi informativi utili ai fini segnaletici consentirebbe peraltro di apprezzare i livelli di rischio distinguendo fra le diverse aree geografiche del Paese, prima ancora di aggregare il tutto a livello nazionale, realizzando un’analisi qualitativa oltre che quantitativa.
Nell’ambito della collaborazione con le Autorità al fine di contrastare con sempre maggiore efficacia i fenomeni del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, l’attività è basata sul recepimento delle direttive europee in materia e nell’attuazione del D.Lgs. 231/2007. Proprio quest’ultimo decreto identifica diverse categorie di soggetti sottoposti alla normativa e ai relativi adempimenti e responsabilità, che si individuano, principalmente, nelle categorie degli intermediari finanziari e dei professionisti.
Il CNDCEC suggerisce anche una riflessione relativa alla necessità di individuare ulteriori percorsi da intraprendere per rendere ancora più efficace l’azione di prevenzione dei fenomeni che si vogliono contrastare.
Il ruolo fondamentale della formazione
Ritornando sul punto relativo alla formazione serve un piano di attuazione di quando indicato all’art.11 del D.Lgs. 231/2007 che preveda:
– un aggiornamento professionale ai partecipanti, siano essi professionisti, collaboratori o dipendenti;
– offrire a imprese e studi professionali l’opportunità di rivedere l’architettura organizzativa degli adempimenti antiriciclaggio attraverso l’aggiornamento del proprio personale;
– adottare un sistema moderno di sicurezza e di misure idonee, semplici, intuitive e valide per tutti gli addetti ai lavori al fine di prevenire le minacce legate al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo;
– creare una nuova cultura per gli addetti ai lavori con un’attenzione particolare alla gestione finanziaria e alle sue deviazioni nonché all’aggiornamento delle nuove forme di attività finanziare (come le criptovalute.
Un sistema meno burocratico e più attento all’analisi delle informazioni
Al sistema paese serve, in materia di lotta al riciclaggio e finanziamento al terrorismo un sistema meno burocratico e più efficace che, partendo dall’analisi del rischio, condivida le informazioni in tempo reale e realizzi un approccio che preveda una maggiore sensibilizzazione verso tutta la collettività e non solo in capo a pochi soggetti che devono adempiere formalmente ai controlli antiriciclaggio.
Per questo vanno condivisi i risultati dell’analisi del rischio nazionale, in particolar modo la casistica periodicamente redatta dall’UIF per l’Italia e messa a disposizione dei destinatari della normativa, perché è solo con il contributo dei singoli che assume valore la segnalazione di operazioni sospette che, allo stato attuale invece vengono viste, ed adempiute, solo come mero adempimento formale, svuotando di fatto l’importanza sistemica anche transnazionale, che deve necessariamente fa fronte a nuove forme di riciclaggio (utilizzo dei conti delle organizzazioni non profit, apertura di un conto cui affluisce provvista che viene poi prelevata attraverso sportelli bancomat all’estero, le rimesse dall’estero, la movimentazione fisica di denaro contante…) e terrorismo (Foreign fighters, raccolta di fondi tramite i social media come Facebook, Instagram, fundraising e crowdfunding, valute virtuali, carte prepagate) che li rendono particolarmente appetibili.
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