Gli esperti della FAO hanno già avvertito che la crisi globale generata dal Covid-19 sta creando importanti ripercussioni sul settore agroalimentare. I vari stakeholder del settore stanno chiedendo misure per proteggere tutte le filiere e, al contempo, mitigare il rischio di shock soprattutto per quanto concerne le popolazioni più fragili. Pertanto, è necessario definire e ottimizzare al più presto adeguati piani di risk management & business continuity, in modo da evitare la disruption dei sistemi agroalimentari e, al contempo, garantire la sicurezza alimentare.
Il commercio agroalimentare globale
Secondo studi della FAO, una caloria di cibo su cinque che vengono consumate, attraversa almeno un confine internazionale; inoltre, i Paesi che dipendono dalle importazioni di prodotti agroalimentari, risultano più vulnerabili dinanzi a una diminuzione dei volumi importati, come accade in questo momento di crisi, soprattutto in corrispondenza di una svalutazione della moneta e al conseguente aumento dei prezzi degli alimenti e, quindi, del loro peso sul budget famigliare. Ebbene, una situazione come questa, a lungo termine, può impattare sulla salute pubblica e sul naturale sviluppo delle generazioni future, oltre che sulla produttività economica sia presente che futura.
Sarebbe auspicabile che i Paesi rivedessero le loro politiche commerciali e fiscali al fine di creare uno scenario favorevole al commercio dei prodotti agroalimentari, evitando coì le cosiddette politiche “beggar thy neighbor” (“impoverisci il tuo vicino”), i.e. politiche a scapito di altri Paesi sottoforma di maggiori tasse sull’export o divieto assoluto di esportazione da parte di alcuni Paesi, come accaduto dal 2008.
Proprio in questa direzione, qualche settimana fa, la viceministra degli Esteri, Emanuela Del Re, alla associazione “Amici sulla sicurezza alimentare e la nutrizione” (composta da 41 Paesi dell’ONU) ha lanciato un monito: “Come governi dobbiamo fare tutto il possibile per mantenere le rotte commerciali e le catene di distribuzione funzionanti … Non c’è giustificazione per restrizioni sul movimento nazionale e internazionale del cibo”. In tale occasione è stata confermata altresì la disponibilità dell’Italia a lavorare con la FAO per lanciare una “coalizione del cibo” in modo tale da lavorare tutti insieme coinvolgendo gli attori rilevanti del settore agroalimentare (in primis anche la comunità scientifica), al fine di garantire la sicurezza, la sostenibilità e la resilienza di questo settore strategico durante e dopo questa crisi.
A che punto siamo in Europa
La UE ha pubblicato delle linee guida in termini di gestione delle frontiere interne, al fine di agevolare la catena di approvvigionamento. In questo modo viene garantito il flusso continuo delle merci – incluse quelle agroalimentari – attraverso le cosiddette “corsie verdi”, garantendo che l’attraversamento delle frontiere interne – compresi gli eventuali controlli e screening sanitari – non richieda più di 15 minuti. Ricordiamo che il sistema agroalimentare europeo contribuisce al benessere alimentare di più di 500 milioni di cittadini europei, oltre a rappresentare una delle più importanti produzioni a livello globale.
La situazione italiana
Secondo un recente rapporto di ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) il nostro settore agroalimentare – in generale – si è dimostrato sostanzialmente in grado di affrontare la crisi contingente. Tuttavia, le varie imprese di settore iniziano a trovarsi in sofferenza nella gestione ordinaria a fronte di una registrata flessione causata dalla chiusura della ristorazione collettiva pubblica e privata e dall’aumento dei costi di produzione, dalla ridotta capacità di forza lavorativa e dalla maggiore difficoltà di approvvigionamento di materie prime e di consegna dei prodotti. La ridotta capacità di forza lavorativa può risultare addirittura esiziale per le aziende agricole, che non trovano manodopera sufficiente per la raccolta dei prodotti di stagione e per i lavori per la predisposizione delle attività dei prossimi mesi.
Vale la pena sottolineare che, parallelamente, si è registrato un aumento degli acquisti agroalimentari tramite la GDO, anche se le persone stanno iniziando a prediligere i prodotti provenienti dalla filiera corta che, tuttavia, non è ancora sufficientemente strutturata per le consegne o ha difficoltà ad accedere ai mercati locali.
Business continuity, leva per la gestione della supply chain alimentare
Fino a che punto i blocchi imposti per contenere e mitigare la crisi del Covid-19 nei vari Paesi possono impattare sulla supply chain e la logistica agroalimentare? La FAO ha recentemente dichiarato che – ad oggi – la disponibilità di cibo è stata ovunque adeguata, così come le scorte mondiali. Tuttavia, il lockdown diffuso ha avuto un impatto sulla supply chain agroalimentare e, se i vari governi non attuano, quanto prima, misure per garantire la resilienza del settore, nei prossimi mesi si potrebbero verificare interruzioni, con gravi ripercussioni sulla salute pubblica, già messa a dura prova dalla pandemia.
È in queste situazioni che risulta evidente come una accurata valutazione dei rischi e un articolato piano di business continuity possano essere di supporto alle aziende per affrontare eventi imprevisti che possono minacciare la loro sostenibilità se non addirittura la loro esistenza, aiutando a far fronte a effetti sistemici come malattie del bestiame, pandemie, interruzione della supply chain o logistica: si tratta, soprattutto, di identificare in tempi di “pace” misure di mitigazione, come di assicurarsi fornitori alternativi di prodotti e servizi.
Lo scorso 21 aprile si è tenuto a Washington il vertice straordinario dei ministri dell’Agricoltura del G20. In quell’occasione FAO, IFAD (International Fund for Agricultural Development), la Banca Mondiale e il WFP (World Food Program) hanno diramato una dichiarazione congiunta sull’impatto del Covid-19 sulla sicurezza alimentare e sulla nutrizione, soprattutto delle popolazioni dei Paesi più poveri.
Nella dichiarazione si legge che la “pandemia del Covid-19 ha causato un elevato numero di vittime in tutto il mondo e rappresenta una sfida senza precedenti con profonde conseguenze sociali ed economiche, tra cui la compromissione della sicurezza alimentare e della nutrizione. Le risposte devono essere ben coordinate in tutto il mondo, anche da parte del G20 e non solo, per limitare le conseguenze, porre fine alla pandemia e scongiurarne il ripetersi”.
Conclusioni
Lo scopo, oggi e in futuro, è garantire la salute, la sicurezza dei prodotti agroalimentari, così come la salute dei vari attori e dei consumatori, lungo tutta la filiera agroalimentare.
È auspicabile, altresì, che i Paesi evitino eventuali misure restrittive ingiustificate, che potrebbero portare a un’eccessiva volatilità dei prezzi alimentari nei mercati internazionali e minacciare la sicurezza alimentare e l’alimentazione della popolazione mondiale, in particolare quella che vive in ambienti a bassa sicurezza alimentare. Le misure di emergenza – atte a contrastare questa pandemia – devono essere quanto mai mirate, proporzionate, trasparenti; si deve rafforzare il controllo, valutare i rischi e applicare i principi di continuità e resilienza.
I vari Paesi e organizzazioni internazionali devono: lavorare maggiormente per rafforzare la cooperazione internazionale per contrastare gli impatti di questa pandemia sul sistema agroalimentare; condividere le migliori pratiche in termini di sicurezza alimentare e nutrizionale, promuovere la corretta informazione scientifica e la ricerca, oltre a garantire investimenti responsabili, innovazione e riforme che contribuiranno a migliorare la sostenibilità del settore.
Come affermava Ippocrate di Kos, l’antico padre di tutti i medici: “Fa che il cibo sia la tua medicina e la medicina sia il tuo cibo”.