Coronavirus

Distanziamento e avvicinamento nel dopo Covid-19, la relazione con il GDPR

Ogni nuova modalità deve essere realizzata in maniera che siano tutelati i dati personali dei clienti; nella fase di picco dell’epidemia si è spesso violato il paradigma della privacy by design dell’art. 25 del Reg. UE 2016/679

Pubblicato il 29 Set 2020

Francesco Maldera

Data protection officer

distanziamento avvicinamento

Abbiamo imparato a conoscere, subito dopo il lockdown, la parola distanziamento. Per noi, come dicono i mezzi di informazione riprendendo le fonti istituzionali, è molto di più: è la nuova normalità. Significa:

  • evitare quelli che, piuttosto sommariamente, sono definiti “assembramenti”;
  • mantenere la distanza di almeno un metro quando si incontrano altre persone.

Nelle decine di linee guida che le istituzioni nazionali, regionali, provinciali e comunali hanno predisposto, poi, la declinazione del distanziamento è ad assetto variabile cioè la distanza da mantenere, in alcune circostanze, può essere anche superiore ad un metro.

Il distanziamento, dunque, induce a riflettere su cosa significa nuova normalità nelle modalità attraverso le quali siamo abituati a fruire dei servizi, pubblici e privati: la spedizione di una raccomandata, l’acquisto del latte, la messa in piega dal parrucchiere, ecc. Gli aspetti salienti sono due:

  • bisogna fare in modo che le persone accedano in modo controllato ai servizi che possono essere prestati solo in un luogo fisico ed attraverso un contatto fisico (benché distanziato);
  • gli spazi del luogo fisico dove sono ospitati i fruitori dei servizi devono poter garantire la distanza tra le persone di almeno un metro.

La strategia dell’avvicinamento

Naturalmente, questi aspetti sono da conciliare con un’altra riflessione che, se possibile, deve essere preliminare: quali sono i servizi che hanno davvero necessità di essere prestati solo in un luogo fisico?

A questo proposito, è indubbio che il coronavirus ha dato all’Italia una grande occasione: quella di avvicinare gli erogatori di servizi (uffici pubblici, banche, supermercati) ai cittadini/utenti/clienti (d’ora in poi, per semplicità, li chiameremo solo clienti). In qualche modo, già durante la fase di picco dell’epidemia, ci sono stati tanti esempi di avvicinamento: la spesa consegnata a domicilio senza la presenza fisica nel supermercato, gli incontri con il funzionario di banca tramite Zoom, gli appuntamenti programmati presso gli uffici pubblici. Paradossalmente, quindi, il distanziamento dovuto alla COVID‑19 ha imposto un avvicinamento al fruitore del servizio; certo, un avvicinamento improvvisato, con strumenti poco più che artigianali e senza una vera organizzazione a monte.

Adesso, però, visto che dobbiamo convivere con il virus (anche questa è una frase che abbiamo sentito e sentiremo spesso), occorre una vera strategia dell’avvicinamento che, in qualche modo, era già presente (non in questi termini) nei vari documenti programmatici pubblici (Agid – Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2019‑2021) e privati (p.e., ABI – Retail banking e multicanalità digitale). E, per disegnare la strategia, bisogna davvero avvicinarci al cliente ascoltando i suoi bisogni o immaginandoli per intercettare quelle che, in letteratura, vengono definite, rispettivamente, qualità attesa e qualità latente.

Ripartire, dunque, ma con il piede giusto e nella consapevolezza che esistono diverse categorie di cliente: non tutti sono giovani, non tutti sono smart, non tutti hanno a disposizione dispositivi o linee adeguate per la fruizione di servizi online. Tutto l’impegno deve essere convogliato nella rimodellazione dei processi di servizio secondo quattro linee di tendenza ispiratrici:

  1. applicare la tecnologia per servizi che possono essere forniti direttamente online senza l’ausilio di un operatore;
  2. applicare la tecnologia per servizi con la presenza online dell’operatore;
  3. incentivare la programmazione degli incontri in presenza tramite appuntamento;
  4. creare reti di intermediazione per alcuni i servizi.

Occorre, dunque, dare davvero corpo alla multicanalità che, da sempre auspicata, in realtà, è stata raramente applicata.

I servizi online

Esistono una varietà di servizi che possono essere fruiti direttamente online ma che, per troppo tempo, non hanno ricevuto la giusta attenzione tanto da parte delle organizzazioni pubbliche quanto da parte di quelle private. Il cambio di passo (il paradigma digital‑first del Piano Triennale Agid) deve avvenire in due direzioni:

  • semplificare i servizi online esistenti; la richiesta di un libretto degli assegni per un conto completamente online non deve prevedere l’invio per posta elettronica di un modulo PDF e la restituzione dello stesso, debitamente firmato, via fax; purtroppo, esistono istituti di credito (non si fanno nomi per carità di patria) che sottopongono il cliente ad una finta transazione online salvo, poi, costringerlo a queste pratiche che, senza mezzi termini, possono essere definite vessatorie;
  • avviare alla fruizione online quei servizi che, finora, sono stati forniti solo in presenza; per esempio, tutto quello che ruota attorno all’ottenimento di certificazioni anagrafiche può essere ottenuto attraverso transazioni telematiche; esistono già, in qualche comune italiano, best practice del genere che possono essere adottate da tutti a costi contenuti. Peraltro, soprattutto gli enti locali lamentano, spesso, la carenza di personale dovuta al blocco del turn‑over: la digitalizzazione potrebbe far fronte a questa cronicità. In realtà, per questo aspetto, sarebbe sufficiente estendere, attraverso un’opera di semplificazione normativa, ai soggetti privati la possibilità di avvalersi delle forme di autocertificazione (artt.46 e 47 del DPR 445/2000) già valide per i soggetti pubblici.

Il potenziamento dei servizi online, peraltro, è agevolato dalla possibilità di firmare digitalmente tramite SPID i documenti da presentare alle Pubbliche Amministrazioni, già prevista dal Codice dell’Amministrazione Digitale e disciplinata dalle Regole tecniche che l’Agid ha pubblicato lo scorso 21 aprile.

È ovvio che i servizi online coprono una fetta di clienti che possiamo definire smart o che, comunque, sanno cavarsela con la tecnologia.

Lo sportello online

Alla categoria di servizi fruibili dal cliente in autonomia e completamente online, si affianca quella che richiede l’interazione con l’operatore ma senza necessariamente la condivisione dello stesso luogo fisico.

In questa categoria rientrano, per esempio, l’incontro per l’ottenimento di un mutuo (operatore bancario‑cliente), i chiarimenti su un progetto edilizio (tecnico comunale‑progettista), il decorso di una sutura a seguito di intervento chirurgico (medico‑paziente), ecc.

In questo caso, nel corso dell’epidemia, si sono sviluppate forme di interazione che hanno visto il soggetto erogatore in un luogo (anche presso la propria abitazione se era in smart‑working) e il cliente in un altro e che comunicavano attraverso piattaforme di collaboration (da quelle più professionali a quelle più artigianali). Il consolidamento di questa linea di tendenza passa attraverso un’integrazione strutturale di queste modalità di fornitura di servizi magari mutuando meccanismi che, già da tempo, alcune grandi organizzazioni pubbliche (Agenzia delle Entrate o INPS) applicano con successo per i loro centri multicanale (limitandoli, tuttavia, solo ai contatti sincroni telefonici o ai contatti asincroni via web o email): load balancing tra sedi diverse, attività indipendenti dalla territorialità, ecc.

La programmazione degli appuntamenti

Una quota non trascurabile di servizi, infine, prevede la necessaria condivisione del luogo fisico tra cliente e soggetto erogatore: una visita medica, un sopralluogo per l’acquisto di un immobile, la spesa al supermercato (quando si è troppo indecisi per stendere la lista da farsi portare a domicilio). In tutti questi casi, per evitare l’affollamento, le possibili opzioni sono due:

  • aumentare le “risorse” di cui sono dotate le sedi fisiche; quando si parla di risorse, occorre pensare sia agli spazi utili a sostenere la presenza distanziata di un certo numero di persone sia agli operatori (medici, cassieri, ecc.) che possano fornire il servizio senza creare colli di bottiglia con i conseguenti e progressivi “accumuli” di persone e, quindi, “assembramenti”;
  • disciplinare l’afflusso dei clienti commisurandolo alle risorse esistenti; in sostanza, si tratta di fornire un servizio preliminare che consenta di fissare appuntamenti ad orari prestabiliti e che, quindi, eviti che si formino gruppi di clienti numerosi che rischiano di infrangere il distanziamento.

Naturalmente, molte organizzazioni, in questo periodo di scarsità di risorse finanziarie, sceglieranno la seconda opzione credendo di poter mettere in piedi questi meccanismi senza costi aggiuntivi. In realtà, un servizio per fissare gli appuntamenti non è quasi mai a costo zero; intanto, dev’essere esso stesso multicanale ovvero deve poter intercettare anche i clienti che sanno usare solo il telefono (p.e. ultraottantenni malati cronici che devono effettuare visite mediche periodiche). Quindi, per un buon servizio di agenda, occorre:

  • sviluppare un servizio online da fruire via web;
  • sviluppare una app per dispositivi mobili;
  • prevedere un call center per chi non può usare internet o smartphone;
  • prevedere personale di supporto per la gestione dell’agenda nell’ambito del luogo fisico dove sarà fornito il servizio.

In mancanza di questi elementi, si rischia di non offrire buoni livelli di qualità del servizio principale.

L’intermediazione

Una valida alternativa per alcuni servizi può essere quella di affidarli a intermediari ad alta diffusione sul territorio. È il caso, ancora una volta, dell’emissione di certificati anagrafici oppure della consegna dei pacchi in giacenza. Sarebbe opportuno che le organizzazioni che offrono questi servizi (nei casi elencati, rispettivamente, i Comuni e le imprese di logistica) deleghino a soggetti presenti sul territorio (edicole, tabaccherie, ecc.) l’erogazione dei servizi stessi in modo da distribuire l’affluenza dei clienti in tanti microterritori di competenza e, quindi, ridurre il rischio di assembramenti.

Le criticità e il rispetto della privacy

Le linee di tendenza esposte possono favorire l’avvicinamento del cliente garantendo il dovuto distanziamento; tuttavia, le organizzazioni che intendono percorrerle, dovranno valutare con attenzione almeno tre elementi essenziali:

  • il bacino di clienti ai quali si rivolgono; è importante caratterizzare con il massimo della precisione le categorie di clienti da servire per evitare che siano messe in piedi modalità che, in realtà, non corrispondono ai loro bisogni (qualità attesa);
  • ogni modalità di servizio deve avere una modalità alternativa che subentra automaticamente in caso di malfunzionamenti o difficoltà di accesso;
  • ogni modalità deve essere realizzata in maniera che siano tutelati i dati personali dei clienti; in troppe occasioni, infatti, questo aspetto è stato trascurato nella fase di picco dell’epidemia, infrangendo il paradigma della privacy by design dell’art. 25 del Reg. UE 2016/679.

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Francesco Maldera
Data protection officer

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