Il 17 marzo 2021, la Commissione europea ha presentato una Proposta di Regolamento su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione per agevolare la libera circolazione durante la pandemia di COVID-19, il così detto Certificato verde digitale.
L’adozione di uno schema di certificazione digitale dei vaccini interoperabile offre diverse opportunità, ma esistono anche dei rischi importanti che riguardano in particolare le sfide scientifiche, etiche e tecnologiche che essa comporta.
Opportunità e rischi di un Certificato vaccinale europeo
I sostenitori dell’adozione di questo certificato digitale sostengono che sia uno strumento adeguato e necessario per una progressiva riapertura in sicurezza dei vari settori di attività economica chiusi per colpa della pandemia. A dimostrazione di ciò si può osservare come il Green Pass israeliano – che ha una validità di 6 mesi e può essere ottenuto da chi sia già stato contagiato dal coronavirus – abbia permesso la riapertura delle attività considerate più a rischio di contagio. Allo stesso modo, la Danimarca ha lanciato a inizio aprile il suo corona pass, una certificazione che si può ottenere dopo aver ricevuto entrambe le dosi del vaccino, se si è risultati negativi ad un tampone effettuato nelle precedenti 72 ore, o se si è già contratto il virus. Solo in quest’ultimo caso il certificato è valido per un periodo di tempo compreso tra 2 settimane dopo la negatività e per altre 10 settimane.
Il certificato digitale europeo sarebbe così anche un modo per aiutare le persone in tutto lo spazio europeo a ritornare in modo più sicuro alla “vita normale”, mostrando così una via d’uscita dalle restrizioni pandemiche che colpiscono l’autonomia individuale, senza però compromettere la salute pubblica collettiva. Permetterebbe altresì controlli di sicurezza più veloci, più efficienti, “continui” e per lo più senza contatto per i viaggiatori, riducendo così al minimo i rischi di infezione durante il viaggio, diventando quindi uno strumento per ridurre più in generale la trasmissione del COVID-19 all’interno della popolazione.
In senso opposto, i più critici evidenziano che il certificato si basa sul presupposto che coloro che sono stati vaccinati non siano più portatori del virus mentre le attuali prove scientifiche suggeriscono che, sebbene i vaccini COVID-19 approvati fermino la malattia, essi non interrompano completamente la trasmissione. Inoltre, il rilascio di un certificato vaccinale potrebbe comportare anche conseguenze comportamentali importanti come, ad esempio, una minore solidarietà e disponibilità a rispettare le regole di distanziamento sociale, minando quindi la loro efficacia, oppure un incentivo per certi individui a cercare attivamente l’infezione.
I rischi etici del certificato verde digitale
Una tale certificazione comporta anche dei rischi etici. Infatti, come notano Luiza Bialasiewicz e Alberto Alemanno, “l’introduzione altamente variabile dei programmi di vaccinazione in tutta l’UE è un problema, che aumenta le probabilità che alcuni cittadini vengano vaccinati rispetto ad altri. Esistono anche differenze significative all’interno dei Paesi, con un accesso più difficile ai vaccini per le persone al di fuori delle principali aree urbane e divergenze nella capacità delle diverse regioni di organizzare la somministrazione dei vaccini.
Mentre la maggior parte degli stati dell’UE ha fatto del proprio meglio per garantire che i “deserti vaccinali” del tipo visto negli Stati Uniti non si sviluppino, le differenze territoriali nell’accesso, anche tra i gruppi prioritari, sono ancora considerevoli. Le aree svantaggiate scarsamente servite dai servizi sanitari (sia urbani che rurali) hanno spesso anche maggiori probabilità di avere tassi molto più alti di esitazione nei confronti dei vaccini, come è stato notato nel Regno Unito.”
Esistono altresì delle criticità rispetto ai rischi per la privacy che comporterebbe la creazione di certificati vaccinali. Così, il Garante europeo per la protezione dei dati (EDPS) – nel corso della presentazione del Parere congiunto EDPB-EDPS sul certificato verde digitale davanti alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo – pur riconoscendo la necessità di rafforzare il diritto alla libera circolazione all’interno degli Stati membri dell’Unione e valutando positivamente gli sforzi della Commissione per proporre un quadro che rispetti la privacy e la protezione dei dati, ha espresso dubbi e preoccupazioni sul rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini quando il sistema, che è stato creato per consentire la libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione, potesse in fine essere utilizzato per altri scopi.
L’analisi di AlgorithmWatch
Oltre alle criticità innanzi citate, una analisi condotta da AlgorithmWatch ha fatto anche emergere delle criticità relative all’utilizzo di sistemi di processo decisionale automatizzato (ADM) nel contesto dei certificati vaccinali. Così, l’analisi evidenzia che l’urgenza con cui vengono proposti e annunciati i certificati di vaccinazione digitali non è stata generalmente soddisfatta con un livello corrispondente di trasparenza e dettaglio sulle loro funzionalità. La maggior parte degli strumenti di certificazione digitale dei vaccini sono ancora nelle fasi iniziali o sperimentali, mentre altri, come il “pass verde digitale” dell’UE, non sono ancora stati completamente progettati. Inoltre, alcuni paesi – come peraltro suggerito dal Ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale Vittorio Colao – prevedono di aggiungere questa funzionalità alle app COVID-19 di tracciamento dei contatti già distribuite. Anche se è noto che molte di queste app coinvolgono blockchain e tecnologie biometriche, non si hanno molte altre informazioni a riguardo.
Per di più, mentre si evidenziano le criticità dei sistemi di ADM, il dibattito internazionale sui passaporti e sui certificati dei vaccini si è concentrato principalmente su questioni più generali come il profilo etico, l’efficacia o il valore scientifico come precedentemente evidenziato. Lo studio precisa ancora che come è stato costantemente il caso per l’implementazione di altri sistemi ADM in Europa, anche nel contesto della pandemia, è stata anche sfruttata l’urgenza di implementare soluzioni tecnologiche per la certificazione del vaccino COVID-19 in assenza di un significativo dibattito democratico sui loro reali meriti e opportunità.
Pertanto, l’analisi si conclude enfatizzando la necessità urgente di un approccio più chiaro, dettagliato e trasparente.
Conclusioni
In conclusione, come indicato dall’EDPS nell’intervento poc’anzi citato, “una delle tante lezioni apprese dalla crisi COVID-19 è che il rispetto dei diritti fondamentali deve essere la nostra luce guida. I cittadini europei hanno il diritto di spostarsi e viaggiare. Hanno il diritto di utilizzare i loro dati per dimostrare il loro impegno a fare dell’Europa un continente sano e sicuro. Ma hanno anche il diritto di sapere cosa è realmente certificato dal certificato che ottengono, e il diritto di fidarsi.”
Pertanto, è fondamentale il rispetto dei principi di necessità, proporzionalità ed efficacia ovunque e comunque vengano utilizzati gli eventuali certificati vaccinali.