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Sostenibilità nel Food&Beverage: bisogna fare di più per un impatto misurabile e duraturo



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Dal report “Recipe for Transformation” di Quantis (a BCG Company), si evince un generale ottimismo tra i manager del settore riguardo al raggiungimento degli obiettivi ambientali entro il 2030. Tuttavia, la complessità della supply chain e gli investimenti necessari rimangono sfide significative

Pubblicato il 31 mag 2024



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Il 76% di oltre 600 manager ed executive di grandi aziende dell’industria Food & Beverage a livello globale è fiducioso nella roadmap di sostenibilità della propria impresa e nella sua capacità di conseguire i rispettivi obiettivi ambientali entro il 2030. Questa percentuale sale all’87% in Italia, indicando un ottimismo diffuso. Tuttavia, i piani d’azione potrebbero beneficiare di una maggiore integrazione di elementi quali la riprogettazione del portafoglio prodotti, l’agricoltura rigenerativa e il plant based che, nonostante compaiano tra le priorità per l’anno prossimo (citate rispettivamente dal 24%, 32% e 32% del campione italiano), secondo la scienza sono le aree con il più alto potenziale di trasformazione in termini di sostenibilità.

Questa è una delle maggiori evidenze che traspaiono dal report dedicato all’industria del Food & Beverage in Italia e nel mondo rilasciato recentemente da Quantis, realtà del gruppo BCG e società di consulenza nel campo della sostenibilità che, con un approccio pionieristico e di stampo scientifico, supporta le aziende nell’affrontare e ridurre l’impatto sull’ambiente. Attraverso un sondaggio condotto su scala internazionale, l’indagine Recipe for Transformation ha raccolto le prospettive e le valutazioni di oltre 600 professionisti che lavorano in diversi dipartimenti aziendali: retail, commercio all’ingrosso, consumer packaged good, materie prime e agricoltura.

Agire su packaging e food waste è le priorità

Analizzando più da vicino i risultati dell’analisi, Recipe for Transformation rivela aspetti interessanti riguardo ai fattori e alle sfide incontrate dalle aziende del Food & Beverage nell’implementazione di scelte orientate alla sostenibilità.

In termini di priorità da realizzare il prossimo anno, la maggior parte dei partecipanti alla survey ha indicato il packaging più sostenibile come la principale: lo afferma il 67% dei manager in Italia e il 62% a livello globale.

Al secondo posto si piazza la necessità di ridurre lo spreco alimentare e la quantità di rifiuti prodotti, una priorità per il 57% dei manager a livello globale e per il 53% in Italia. Segue poi la riprogettazione del portafoglio prodotti in chiave sostenibile, considerata prioritaria dal 24% dei rispondenti italiani, una percentuale che scende al 19% nel resto del mondo.

I driver della sostenibilità nel food: normativa, cultura e costi

Tra i principali fattori che guidano l’operato delle aziende verso la sostenibilità, sia in Italia che nel resto del mondo, i manager concordano sull’importanza della normativa per una transizione responsabile: ne sono convinti il 45% dei professionisti italiani e dei manager a livello globale.

Un consenso che si ritrova anche nel valore attribuito alla cultura aziendale: in Italia è un fattore di primaria importanza per il 34% del campione, mentre a livello globale per il 32%.

Il risparmio sui costi come driver verso la sostenibilità è considerato più importante in Italia, dove lo rileva il 43% dei rispondenti, rispetto al resto del mondo, dove la percentuale scende al 34%.

Gli ostacoli alla transizione hanno a che fare con la supply chain

Per quanto riguarda le barriere nel processo di transizione verso la sostenibilità, in Italia il 37% ritiene che la complessità della supply chain costituisca un ostacolo, una percentuale che sale al 42% a livello globale.

Secondo il report, gli investimenti necessari per la trasformazione sostenibile rimangono un tema aperto, all’interno dei diversi dipartimenti aziendali in relazione ai propri budget di spesa.

Ne risulta che, mediamente nei diversi dipartimenti, la quota del bilancio annuale destinata ad investimenti finalizzati alla riduzione degli impatti ambientali sia solo del 12,5% su scala globale.

Tuttavia, questo dato viene interpretato diversamente in Italia e nel resto del mondo. Infatti, se a livello globale il 36% dei manager ritiene che l’elevato investimento finanziario rappresenti un ostacolo all’implementazione della sostenibilità in azienda, in Italia questa percentuale scende al 31%.

L’importanza della collaborazione con la catena di fornitura

Recipe for Transformation esamina anche i fattori chiave che finora hanno guidato la trasformazione dei modelli di business verso la sostenibilità. E sono proprio le risposte dei manager a questi fattori a evidenziare le principali differenze tra l’Italia e il resto del campione globale.

In particolare, i rispondenti italiani sottolineano l’importanza di elementi come la proattività dei team, supportata da indicatori di performance dedicati: fattore chiave per il 35% dei rispondenti in Italia, contro il 28% su scala globale. La collaborazione tra le diverse unità aziendali: è rilevante per il 45% dei manager in Italia, ma solo per il 36% a livello mondiale.

Infine, la collaborazione lungo la catena di fornitura è determinante per il 40% in Italia, mentre solo per il 33% nel resto del mondo. Al contrario, l’impegno della leadership è stato indicato come decisivo solo dal 31% dei manager italiani, contro il 45% a livello globale.

Ingaggio della leadership e cultura aziendale, le leve

Nonostante l’engagement e la collaborazione tra le varie funzioni e lungo la filiera, i CSR manager non hanno comunque un cammino agevole nel percorso verso la sostenibilità e continuano ad avere bisogno di supporto trasversale all’interno dell’azienda e del commitment della leadership.

Il report di Quantis tiene poi a sottolineare che nella letteratura manageriale l’ingaggio diretto della leadership e la cultura aziendale sono i principali motori della diffusione delle pratiche di sostenibilità in tutta l’azienda, ma alcune leve finanziarie – come le scelte degli investitori istituzionali (la cui pressione verso la sostenibilità è considerata limitata dal 24% del campione italiano rispetto al 18% a livello globale) – sono al di fuori della loro sfera di influenza e potrebbero rappresentare importanti leve per la trasformazione verso la sostenibilità.

Food, una sostenibilità costruita dal basso

“Siamo entusiasti che in Italia, secondo il campione interpellato, la sostenibilità fino qui sia stata costruita ‘dal basso’, grazie ad una diffusa attivazione trasversale in azienda: metà del campione nazionale ha infatti dichiarato di poter contare su KPI di sostenibilità da oltre un anno, contro il 38% su scala globale e grazie anche all’ingaggio della catena del valore – commenta Davide Tonon, Direttore di Quantis ItaliaProprio su questo punto vorrei approfondire a partire dal mio osservatorio sul settore nel nostro paese, dove sempre di più vediamo il diffondersi di Bonus C- level legati a KPI di decarbonizzazione: una leva determinante e di successo”.

Abitudini di acquisto sempre più sostenibili

È interessante notare poi come il 100% dei rispondenti all’interno della funzione marketing abbia rilevato cambiamenti nel comportamento dei consumatori riguardo alle abitudini di acquisto sostenibili. Più della metà del campione, afferma il report, ha evidenziato come i clienti siano più interessati a prodotti sostenibili e disposti a spendere di più per ottenerli.

Analizzando però i rispondenti di tutte le funzioni, nel quadro appaiono differenze rilevanti: il 27% degli italiani, rispetto al 21% a livello globale, ritiene che la mancanza di pressione da parte dei consumatori verso la sostenibilità freni l’adozione di strategie aziendali più aggressive in tale direzione.

Bisogna integrare più a fondo la sostenibilità

“Vediamo con chiarezza e apprezziamo l’impegno e i risultati del settore F&B nella direzione dell’allineamento ai limiti planetari. Il prossimo passo dovrà essere nel passaggio da un approccio a silos all’integrazione della sostenibilità nelle scelte e nell’operatività quotidiana di tutte le funzioni aziendali – continua Tonon – Le previsioni indicano il rischio per le aziende del settore alimentare di perdere fino al 26% del proprio valore se non agiscono rapidamente, in modo efficace ed efficiente. Resta ancora molto da fare: affinché alla sostenibilità vengano dedicati budget più rilevanti e si possa conseguire una trasformazione di impatto misurabile e duraturo, continuano ad essere necessarie la collaborazione con la leadership tra i dipartimenti e con i partner strategici e l’impegno sulle tre direttrici del redesign sostenibile del portafoglio prodotti, l’agricoltura rigenerativa e il plant based”.

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