Se si guarda al servizio idrico in Italia dagli occhi dei cittadini quello che emerge può essere sintetizzato in: lacune di conoscenza, storture di percezione, aree di malcontento e anche qualche problema di fiducia. Una distanza, quella tra cittadini e addetti ai lavori, che va compresa e contestualizzata ma soprattutto affrontata attraverso specifici percorsi di coinvolgimento, ascolto e dialogo. Questa è la premessa necessaria per ricostruire il legame tra il servizio e i suoi stakeholder e orientare così il settore verso politiche più efficaci, sostenibili, condivise.
È questa la fotografia scattata dall’ultimo white paper “Cittadini dell’Acqua” del Laboratorio Ref Ricerche, il think tank che riunisce i rappresentanti dell’industria e delle istituzioni per dibattere sul futuro dei servizi pubblici locali, in collaborazione con Amapola, agenzia di comunicazione e relazioni pubbliche, specializzata in comunicazione della sostenibilità ambientale, economica e sociale, che approfondisce percezioni e valutazioni dei cittadini rispetto al servizio idrico integrato.
“Nonostante il passaggio del SII dagli enti locali a un ambito professionalizzato – cioè ad aziende industriali – sia un percorso avviato ormai trent’anni fa, tale transizione è ancora faticosamente in corso in alcune regioni – commenta Donato Berardi, direttore del think tank di REF Ricerche – Le persone non hanno ancora interiorizzato l’uscita dal servizio idrico integrato dalla sfera di influenza della politica e dalla finanza pubblica. Questo aspetto con ogni probabilità si lega al mancato riconoscimento della bolletta idrica come presupposto economico ineludibile di ogni miglioramento del servizio”.
Gestori, servizi e costi del servizio idrico: le percezioni distorte
La ricerca rileva una generale mancanza di conoscenze rispetto ad aspetti centrali del servizio. Tra questi, l’identità stessa dell’operatore: meno di un cittadino su due sa chi è il gestore del servizio idrico del proprio territorio, l’11% ammette di non saperlo, il 14% ritiene che si tratti dello Stato, della Regione o della Provincia – soggetti sicuramente errati – e il 30% che si tratti del Comune.
Anche la natura dei servizi forniti è percepita in maniera distorta: per un cittadino su sei il gestore si occupa solo della fornitura di acqua potabile e meno di un cittadino su due sa che il gestore si occupa anche di controlli della qualità e della potabilità dell’acqua. Insomma, i cittadini continuano a credere in gran parte che siano soprattutto i servizi che “entrano” ed “escono” dalle case quelli svolti dal gestore – ossia fornitura dell’acqua e fognatura.
Rispetto alla bolletta, quattro intervistati su dieci pensano che sia l’azienda del servizio idrico a decidere in autonomia la tariffa, senza conoscere l’esistenza di un’Autorità di Regolazione nazionale (ARERA). La stessa confusione rispetto alla tariffa e alle sue dinamiche si riscontra in un altro dato: solo il 40% dei cittadini riconosce l’effettivo costo di un metro cubo di acqua, rispetto a un 30% che è completamente fuori strada e un altro 30% che ammette di non avere idea.
“Il non sapere chi è il responsabile dei soldi riscossi, dell’uso che di questi si fa, dei servizi inclusi nella tariffa, insieme alla distanza tra prezzo e valore dell’acqua, porta a leggere la bolletta come un balzello da pagare, piuttosto che come il costo della risorsa, del servizio e del parziale ripristino della risorsa stessa” spiega Berardi.
Acqua del rubinetto: scelta dai giovani al Nord
La diffidenza nei confronti dell’acqua del rubinetto persiste. Circa un cittadino su tre è convinto che la cosiddetta “Acqua del Sindaco” non sia buona. La scelta di consumare acqua del rubinetto pare essere una questione geografica e generazionale.
I più giovani, forse sollecitati dalla green revolution di cui sono principali portavoce, sono più sensibili al tema della sostenibilità e la privilegiano: la sceglie il 57% fra i 18 e i 24 anni, rispetto al 47% dichiarato dagli over 64.
Differentemente, la quota di coloro che reputano l’acqua del rubinetto di buona qualità varia in modo significativo tra Nord (77%), Centro (70%) e Sud (66%) in modo armonico rispetto al consumo di acqua del rubinetto, denotando così una scelta che è sovente condizionata dalla qualità– presunta o reale – dell’acqua erogata.
Il white paper di REF Ricerche e Amapola non si limita a delineare e mappare la distanza tra cittadini e servizio idrico, ma mette in dialogo la loro visione del settore con quella più consapevole degli addetti ai lavori attraverso una indagine su due fronti.
“L’obiettivo è costruire un ideale punto di contatto tra le due esperienze, evidenziandone prossimità e distanze, per suggerire strategie e percorsi integrati e orientati a una maggiore condivisione” racconta Luca Valpreda, founder di Amapola.
Pragmatici e dissidenti: una tassonomia del malcontento
La ricerca individua anche una dimensione di cittadini in “crisi” con il servizio idrico e gli operatori, nell’accezione originale e neutra del termine, ossia nella ricerca di un cambiamento rispetto al passato. Sono i gruppi dei pragmatici (47%) e dei dissidenti (13%): i primi rilevano qualche tipo di insoddisfazione rispetto al SII in maniera consapevole e moderata, i secondi hanno posizioni radicali e ideologiche (“l’acqua non andrebbe pagata”). In totale, il 60% dei rispondenti segnala almeno un motivo di insoddisfazione nei confronti del servizio: di questo gruppo, il 34% indica più di un versante di insoddisfazione.
“Sui cittadini che abbiamo definito pragmatici, è possibile innestare un processo di recupero della fiducia incardinato sul miglioramento del servizio stesso e delle dinamiche relazionali con il gestore – spiega Valpreda – Ascolto, dialogo, confronto sono ambiti nevralgici e non sacrificabili per chi, occupandosi di un bene comune come la risorsa idrica, è legato a doppio filo ai propri stakeholder. Per questo, il paper prevede una seconda uscita nella quale si analizzeranno, in una sorta di tassonomia del malcontento, i motivi dietro l’insoddisfazione dei cittadini, le risposte emotive dominanti e soprattutto i relativi percorsi di informazione, comunicazione e partecipazione da attivare di volta in volta”.