Investimenti ESG

Infrastrutture sostenibili: Italia lenta, ma il Recovery Fund può colmare il gap

Secondo l’Osservatorio Deloitte-Luiss occorre intervenire con urgenza a livello di fabbisogno infrastrutturale nel trasporto ferroviario e nel settore energetico. Ancora forti i ritardi sulla rete fissa, e nello stesso tempo ci sono situazioni di eccellenza nella preparazione al 5G. Una proposta di rating basato sull’associazione di pesi differenti agli indicatori qualitativi legati agli SDGs dell’ONU

Pubblicato il 19 Ago 2021

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La domanda globale di investimenti in infrastrutture sostenibili è destinata a crescere del +38% entro il 2030, con il 50% del totale che sarà assegnato all’Africa e a Paesi in via di sviluppo. Il numero dei fondi infrastrutturali ESG è significativamente aumentato: dai 26 nel 2007 se ne contano 378 nel 2020 a livello globale, pari al 42,7% del totale, e gestiscono asset per €29,6 miliardi (41% dell’industria dei fondi infrastrutturali). Secondo l’OCSE, in riferimento all’SDG 9 (Infrastrutture Sostenibili), l’Italia si colloca nella seconda metà della classifica, con circa il 67% del target 2030 raggiunto.

Dati che arrivano dallo studio promosso da DeloitteUniversità Luiss Guido Carli “Le infrastrutture sostenibili: confronto internazionale, finanza e rating”, ovvero dalla quarta edizione dell’Osservatorio annuale sui settori regolati e le infrastrutture, con l’obiettivo di contribuire al dibattito per un miglior funzionamento dei settori critici per lo sviluppo del Paese. L’indagine, condotta da Luca Petroni, partner di Deloitte e dal Centro Arcelli per gli Studi Monetari e Finanziari (CASMEF) della Luiss, approfondisce il tema delle infrastrutture sostenibili come fattore chiave nel processo di ripresa del Paese post-pandemia, analizzandone stato dell’arte, strumenti di finanziamento e proponendo un sistema di rating nazionale basato sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite o, per favorire la conversione del sistema economico e industriale in ottica green e digitale.

Rispetto al livello di adempimento agli SDGs in Italia al 2021, consigliamo la lettura dell’analisi Istat in questo servizio

Cresce il fabbisogno infrastrutturale nei settori ferroviario ed energetico. Nelle telecomunicazioni, un buon passo verso il 5G

In Italia dal 2016 al 2040, oltre il 50% del gap negli investimenti infrastrutturali dovrà essere destinato al trasporto ferroviario, sebbene anche quelli navali ed aerei siano caratterizzati da un fabbisogno considerevole. Il secondo settore che richiederà maggiori interventi è quello delle infrastrutture energetiche, il che potrebbe portare a un gap di 39 miliardi di dollari entro il 2040 colmabile, suggerisce lo studio, con lo sviluppo di sistemi che ricorrono alle rinnovabili.

Secondo l’indicatore DESI della Commissione Europea, l’Italia sconta forti ritardi nel digitale, a causa delle basse competenze nell’utilizzo di internet da parte della popolazione. Di contro, l’offerta di servizi pubblici digitali (e-Government) registra un livello alto (77% vs 66% EU), anche se non sfruttato dalla bassa interazione con il pubblico. L’Italia segna poi un ampio divario rispetto ai peer EU sulla rete fissa con diffusione a banda larga (61% di copertura vs media europea del 78%). Tuttavia, i dati sulla rete mobile pongono l’Italia in una situazione di eccellenza: la copertura del 4G arriva in Italia al 97% (vs 96% EU), mentre sulla preparazione al 5G l’Italia si colloca seconda con il 60% dietro alla Germania (media UE 21%).

“Se è vero che la dotazione infrastrutturale del nostro Paese è carente in alcuni settori, con le risorse del Recovery Fund si presenta però un’occasione senza precedenti: colmare questo gap mediante la realizzazione di infrastrutture sostenibili in termini ambientali, sociali, finanziari, tecnologici e istituzionali” ha commentato Luca Petroni, Chairman di Deloitte Financial Advisory.

Mentre cresce il mercato dei Green Bonds, l’Italia si aggiudica il titolo di maggior beneficiario dei Green Loans

Nel 2019 il volume delle emissioni di Green Bonds (€219,4 miliardi) è aumentato del +68% rispetto al 2018 (€130,6 miliardi); nel 2020, invece, sono stati collocati Green Bonds per €221,4 miliardi con un numero totale di emissioni pari a 886 (+94,3% vs 2017). Avviato nel 2007 con un’obbligazione della Banca Europea per gli Investimenti (BEI), il mercato è rimasto nelle mani del settore pubblico fino al 2012. Dal 2013 sono iniziate le emissioni corporate che sono cresciute a ritmi elevati al punto che oggi la maggior parte dei Green Bonds in circolazione risulta emessa da aziende private (68%). Tuttavia, le emissioni del settore pubblico si sono mostrate resilienti negli ultimi anni e rappresentano quasi un terzo del mercato (29%). Gli Stati (sovereign) hanno emesso il 10% dei Green Bonds in circolazione; gli enti locali il 14%; le organizzazioni sovranazionali (SNAT) il restante 8%. Il settore nel quale sono maggiormente concentrate le emissioni corporate è quello banking & insurance (45,5%), seguito da energy & utilities (34,2%) e manufacturing (10,8%).

Dal 2014, in Italia sono stati emessi complessivamente 31 Green Bonds, di cui 28 ancora sul mercato, per un controvalore pari a €13,7 miliardi e tutti appartenenti al segmento corporate. Inoltre, l’Italia è il Paese che più di tutti ha beneficiato dei Green Loans con circa €48,73 miliardi. Tuttavia, detiene il primato d’utilizzo solo in due settori infrastrutturali: energia (€6,11 miliardi) e sistema idrico (€2,16 miliardi), mentre l’utilizzo dei Green Loans per le telecomunicazioni è carente: €1,08 miliardi (vs Francia 3,7 miliardi e Germania 2,96 miliardi). Anche nello sviluppo delle infrastrutture legate al trattamento dei rifiuti, l’utilizzo risulta modesto (€440 milioni), mentre nel settore dei trasporti (€5,32 miliardi) l’Italia è dietro a Polonia (€8,15 miliardi) e Francia (€6,44 miliardi). Il green lender per eccellenza a livello globale è la BEI che negli ultimi cinque anni ha erogato €328,48 miliardi per sostenere la realizzazione di progetti infrastrutturali sostenibili.

Un sistema di rating delle infrastrutture sostenibili per la conversione del sistema economico e industriale in ottica green e digitale

Lo studio si conclude dopo aver esaminato i principali sistemi ESG internazionali con una proposta di un sistema di rating di sostenibilità, basato sull’associazione di pesi differenti a indicatori qualitativi legati ai Sustainable Development Goals (SDGs), con l’obiettivo di incentivare comportamenti virtuosi e stimolare il progresso tecnologico del Paese. Il sistema di rating tiene conto di 5 dimensioni: sostenibilità ambientale, tecnologica, sociale, finanziaria, e istituzionale.

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