La relazione tra transizione ecologica e trasformazione industriale appare sempre più diretta e chiara. Un conferma importante in questo senso arriva dalla ricerca “Il cambiamento climatico e le strategie delle imprese” realizzata da Assolombarda, Confindustria Lombardia e Banca d’Italia nella quale si coglie da subito come la lotta al climate change non solo sia entrata prepotentemente nelle imprese del manifatturiero, ma ne stia influenzando le strategie e la governance con un approccio che non è più reattivo, come forse poteva essere nel passato, ma di innovazione e orientamento allo sviluppo.
La ricerca nasce con l’obiettivo di analizzare il posizionamento delle imprese manifatturiere della Regione Lombardia sui temi della transizione ecologica e del cambiamento climatico, indagando una serie di fattori che mettono in diretta relazione la capacità produttiva e lo sviluppo sul mercato rispetto ai temi ambientali. Perciò l’attenzione dello studio è stata rivolta alle questioni dell’approvvigionamento energetico, alla valutazione dei rischi fisici e dei rischi specifici di transizione, all’impatto relativo alla gestione delle emissioni di gas ad effetto serra e più in generale, agli investimenti per la sostenibilità ambientale.
Le imprese del manifatturiero hanno “interiorizzato” la sfida del climate change
Il profilo che esce dalla ricerca vede un sistema produttivo che ha fatto proprie queste sfide e che partendo dalla consapevolezza dei rischi diretti e indiretti legati al climate change ha messo in atto una serie di misure che non si limitano a mitigare questi rischi ma arrivano a incidere sulla strategia e sulla governance imprenditoriale.
Il tema dei rischi legati al cambiamento climatico è un dato di fatto. Il 25% delle imprese dichiara di essere stata interessata (direttamente o indirettamente) da eventi metereologici estremi tra il 2017 e il 2021 con diverse declinazioni: dai rischi “fisici” come possono essere quelli legati ad eventi calamitosi o relativi al dissesto idrogeologico ai “rischi di transizione”. In questo caso l’attenzione è rivolta alle trasformazioni della normativa e dei fattori reputazionali associati all’impegno per il clima.
Le imprese interrogate sulla loro preoccupazione in merito ai cambiamenti determinati dalla transizione ecologica si considerano esposte a questi rischi nel 78% dei casi in modo diretto o indiretto, mentre nel 45% dei casi si avverte una preoccupazione legata specificatamente a una esposizione diretta. Tra i settori che esprimono una maggiore preoccupazione la metallurgia, la chimica, la gomma-plastica.
Il rapporto diretto tra clima e crisi energetica
Il tema dell’energia è evidentemente una delle grandi priorità che ha avuto e ha tuttora un impatto centrale nell’operatività delle imprese e nel loro stesso ripensamento. I costi e i rischi a livello di approvvigionamento hanno accelerato gli investimenti in efficientamento energetico per ridurre i consumi e in rinnovabili per aumentare la capacità di autoproduzione.
In questo caso, il numero delle imprese con una capacità produttiva sulle rinnovabili superiore al 10% del proprio fabbisogno è limitata al 12%. E sempre fermo al 12%, il numero delle imprese che dispone di impianti di cogenerazione. Anche per queste percentuali la crisi energetica si è fatta sentire e più del 54% delle imprese hanno subito un impatto negativo legato al rincaro dei prezzi.
Questi fattori così come i rischi e i costi dell’energia determinano scelte decisive sui temi della transizione e hanno contribuito ad alzare ulteriormente il livello di attenzione portando la gestione di questi temi direttamente nell’ambito della governance aziendale.
La gestione di tutto ciò che attiene all’impatto relativo ai temi climatici è affidato al top management: nel 45% dei casi alla figura del proprietario, socio o azionista di riferimento; nel 32% dei casi all’amministratore delegato; nel 9% dei casi al presidente e nel 6% al direttore generale. Più aumentano le dimensioni aziendali poi e maggiore è la tendenza alla specializzazione funzionale e la presenza di specifiche responsabilità in ambito ambientale come possono essere i sustainability manager.
Investimenti in sostenibilità per creare nuovo valore
Il climate change e la sostenibilità sono temi primari per il top management non solo per quanto attiene la valutazione e la gestione di rischi o le misure che devono essere assunte per minimizzarli, ma anche per ripensare lo sviluppo.
Nell’ambito dei focus group gestiti dalla ricerca sono state esaminate anche le strategie di alcune imprese attive sui temi della transizione ecologica. Osservando le operazioni legate alla catena del valore, quasi tutte hanno scelto di investire in efficientamento energetico, con diverse modalità: dall’implementazione di rinnovabili a interventi su impianti obsoleti per arrivare all’utilizzo di tecniche innovative. Ci sono aziende che enfatizzano l’importanza di interventi sul sito produttivo, con operazioni importanti tra infrastrutture, sistemi di climatizzazione, impiantistica di illuminazione innovativa e sostenibile.
L’altra grande dimensione è quella della gestione delle risorse e sono tante le imprese che puntano a migliorare la sostenibilità ambientale intervenendo a livello di gestione degli scarti di produzione, di emissioni inquinanti e in generale sul grande tema dei rifiuti. In questo senso il tema degli sprechi è anche in diretta relazione sul lavoro dedicato ai materiali e sulle logiche determinano il loro impatto sull’ambiente.
Ricerca e sviluppo per prodotti sostenibili
Ma l’aspetto più rilevante anche ai fini di una lettura legata alla trasformazione industriale e agli impatti ESG arriva dai dati che nostrano come la maggior parte delle imprese abbia deciso di investire in ricerca e sviluppo per ripensare i prodotti in modo sostenibile. Le aziende più sbilanciate su una innovazione mirata anche alla decarbonizzazione stanno poi sperimentando per cambiare i propri processi in funzione dei temi ambientali e per creare nuove soluzioni dedicate alla sostenibilità ambientale.
Il presidente di Assolombarda, Alessandro Spada ha osservato in una nota di Confindustria Lombardia che la sfida della transizione ecologica richiede un ripensamento della catena del valore e la necessità di avviare un lavoro comune tra istituzioni, parti sociali, imprese, stakeholder del territorio per accompagnare questa trasformazione con competenze adeguate. Spada sottolinea inoltre la necessità di ridurre gli oneri burocratici e garantire maggiore stabilità normativa.
A sua volta Jacopo Moschini, presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Lombardia, richiama l’urgenza di attivare formule di supporto alle imprese, in particolare alle PMI e l’impegno per creare un contesto che privilegi il pragmatismo rispetto ad approcci ideologici, per garantire una transizione che non lasci indietro nessuno.
Alessandra Perrazzelli, Vice Direttrice Generale della Banca d’Italia, ha sottolineato come i rischi connessi al cambiamento climatico abbiano un impatto sulla crescita effettiva e potenziale dell’economia e sulla stabilità del sistema finanziario. In questo senso, le strategie delle imprese per affrontare il processo di transizione saranno fondamentali per determinare il posizionamento competitivo dell’intera industria italiana negli anni a venire. Dalla ricerca arriva inoltre un ulteriore stimolo a rafforzare le iniziative delle imprese con interventi di politica economica e di regolazione, e un invito per fornire supporto nella gestione dei rischi legati alla transizione green.