A ridosso della COP29 di Baku, l’attenzione è ritornata su una questione cruciale: quali sono gli impatti economici del mancato intervento contro il cambiamento climatico? Boston Consulting Group (BCG), nello studio “Why Investing in Climate Action Makes Good Economic Sense”, realizzato in collaborazione con Cambridge Judge Business School e Cambridge ClimaTRACES Lab, chiarisce che in assenza di azioni coordinate, il mondo potrebbe sperimentare perdite economiche quantificabili tra il 10 e il 15% del PIL globale entro il 2100.
Perché investire nell’azione per il clima
Il report evidenzia al contempo che un investimento inferiore al 2% del PIL cumulativo in misure di mitigazione nei prossimi 75 anni potrebbe contenere l’incremento della temperatura globale al di sotto dei 2°C, prevenendo così disastrose conseguenze economiche.
“Assistiamo a un progressivo incremento nella frequenza e nell’intensità degli eventi
climatici estremi: dal 2015, il numero di disastri naturali è salito del 15%, con un aumento del 205% nei costi economici e del 280% nelle vittime umane – spiega Marco
Tonegutti, Managing Director e Senior Partner di BCG – Tardare l’adozione di
misure necessarie per limitare il riscaldamento globale, esitando davanti ai costi iniziali
richiesti per contrastare gli effetti del cambiamento climatico, porta a una risposta
collettiva ancora troppo lenta: ogni ulteriore ritardo nell’azione aumenta i costi futuri e rende alcuni impatti irreversibili.”
Le ripercussioni economiche della immobilità climatica
L’indagine mette a confronto due scenari: uno che prevede il mantenimento dei livelli attuali di investimento nella mitigazione, che porterebbero a un aumento della temperatura di oltre 3°C entro il 2100, e uno scenario di intervento, che prevede investimenti adeguati alla mitigazione per contenere il riscaldamento a meno di 2°C.
Lo studio calcola il costo netto dell’inazione quantificando gli impatti economici evitabili limitando il riscaldamento a meno di 2°C e gli investimenti necessari in mitigazione e adattamento. I dati sono inequivocabili: investire ora in azioni climatiche è economicamente conveniente.
Basterebbe investire meno del 2% del PIL nei prossimi 75 anni
Senza azioni immediate, il mondo potrebbe subire perdite dal 16% al 22% del PIL cumulativo entro il 2100, equivalenti a una diminuzione del tasso di crescita globale annuale di circa 0,4 punti percentuali.
D’altro canto, investendo meno del 2% del PIL cumulativo in misure di mitigazione fino al 2100, si potrebbero evitare perdite economiche stimate tra l’11% e il 13% del PIL cumulativo.
Anche limitando il riscaldamento a meno di 2°C, saranno comunque necessari investimenti in adattamento, dato che la temperatura continuerà a salire rispetto agli attuali 1,1°C e alcuni costi riguardano emissioni del passato. Tuttavia, gli investimenti necessari sarebbero inferiori all’1% del PIL ed eviterebbero perdite economiche più gravose, fino al 4% del PIL.
Mantenere una traiettoria inferiore ai 2°C offrirebbe un ritorno sociale da sei a dieci volte superiore rispetto ai costi sostenuti, senza tener conto dei costi aggiuntivi di adattamento che si avrebbero in uno scenario di inerzia. È necessario infine considerare un impatto economico residuo, purtroppo inevitabile anche in uno scenario inferiore ai 2°C, che varia dal 4% al 6% del PIL.
Immobilità climatica: quali sono gli ostacoli alla climate action?
Lo studio individua tre barriere principali alla climate action:
- Comprensione incompleta dei costi dell’immobilità climatica: non esiste ancora un
consenso scientifico sugli impatti economici del cambiamento climatico e
le stime attuali sono incerte. - Impatto disomogeneo e budget limitati: gli effetti del cambiamento
climatico variano a livello globale, influenzando le priorità di governi e
aziende. - Bias umani verso il breve termine: la tendenza a focalizzarsi sul presente
ritarda l’azione su sfide a lungo termine
Per colmare il divario tra ambizione e azione, sarà fondamentale sensibilizzare
ulteriormente attraverso ricerche, per migliorare la comprensione degli impatti
economici del cambiamento climatico; implementare politiche efficaci, stabilendo
meccanismi normativi che incentivino l’azione climatica; infine, coordinare gli
sforzi globali, collaborando per affrontare una sfida comune.