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Intelligenza artificiale, “a rischio” 200mila dipendenti pubblici



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I dati della ricerca presentata nella prima giornata di Forum PA: il 57% dei 3,2 milioni di lavoratori della pubblica amministrazione è “altamente esposto”. Gianni Dominici: “Più vulnerabili le posizioni a bassa specializzazioni e routinarie”

Pubblicato il 22 mag 2024



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Il mondo dei lavoratori della PA sta vivendo e vivrà nei prossimi anni un periodo di grande trasformazione a causa dell’intelligenza artificiale. A evidenziarlo è la ricerca “L’impatto dell’intelligenza artificiale sul pubblico impiego”, che è stata presentata in apertura di Forum PA 2024, l’evento annuale di confronto tra i soggetti pubblici e privati dell’innovazione, organizzato da Fpa, società del gruppo Digital360.

Il 57% dei dipendenti pubblici è “esposto” all’AI

Secondo il report il 57% dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici italiani è altamente “esposto” all’impatto dell’IA nella propria attività. Questo vuol dire che si prevede una forte interazione tra le mansioni svolte e quelle che gli algoritmi sono in grado di svolgere, che potrà tradursi in un arricchimento delle attività grazie all’apporto dell’IA, oppure in una sostituzione dei lavoratori, in tutto 1,8 milioni di persone tra dirigenti, ruoli direttivi, tecnici, ricercatori, insegnanti, legali, architetti, ingegneri, professionisti sanitari e assistenti amministrativi.

Nella maggior parte dei casi, circa l’80%, si tratterà di integrare l’intelligenza artificiale nel proprio lavoro per migliorarlo. Questo cambiamento riguarderà circa 1,5 milioni di lavoratori con ruoli di leadership e gestione, che avranno l’opportunità di godere del valore aggiunto delle nuove tecnologie. Il rischio sostituzione riguarda invece il 12% di questa platea, circa 218mila dipendenti pubblici, soprattutto coloro che sono meno specializzati, o che svolgono compiti ripetitivi e prevedibili.

La “terza ondata” di trasformazione della PA

“L’intelligenza artificiale sta tracciando i confini di un nuovo modo di concepire il lavoro pubblico – sottolinea Gianni Dominici, amministratore delegato di Fpa – L’impatto nella PA sarà forte sia in termini qualitativi che numerici ed è destinato via via ad intensificarsi con i progressi delle soluzioni IA. Le professioni ad alta specializzazione come i ruoli direttivi, i dirigenti e i professionisti hanno un forte potenziale di collaborazione, mentre quelle poco specializzate e routinarie sono vulnerabili alla sostituzione, suggerendo la necessità di una riconsiderazione dei ruoli e di una riqualificazione per mitigarne gli effetti. La rivoluzione dell’IA rappresenta la ‘terza ondata’ di trasformazione per il settore pubblico degli ultimi 15 anni, dopo la spending review e la pandemia”.

La necessità di una riforma strutturale

“Di fronte a un simile impatto, la pubblica amministrazione è chiamata ad una riforma strutturale – afferma Carlo Mochi Sismondi, Presidente di Fpa – Serve una revisione dei processi di formazione, orientata allo sviluppo di competenze come creatività, adattabilità, pensiero critico e laterale e soft skill, che possono qualificare il lavoro liberato da mansioni ripetitive e routinarie. A livello organizzativo, bisogna abbandonare la logica gerarchica e burocratica per introdurre la flessibilità necessaria a gestire il cambiamento. Mentre la dirigenza è chiamata ad abbandonare la cultura dell’adempimento verso una per obiettivi e risultati”.

Un processo inarrestabile

“L’adozione dell’IA è un processo inarrestabile e una sfida tecnologica che riguarda tutti, imprese, cittadini e anche la PA, dove il ricorso ad algoritmi intelligenti può rivelarsi una potente leva di innovazione, in grado di ripensare l’organizzazione del lavoro, come la gestione e l’erogazione dei servizi – argomenta Andrea Rangone, presidente di Digital360 – La capacità di governo dei processi di innovazione sarà fondamentale nella gestione di questo paradigma che, se sostenuto da competenze adeguate, può essere un elemento di discontinuità per tutte le amministrazioni”.

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