Una nuova ricerca di OpenText, azienda attiva nelle soluzioni e software di Enterprise Information Management, svela consumatori più attenti all’impatto dei propri acquisti, soprattutto dopo la pandemia. Ben il 93% degli italiani, infatti, afferma di voler acquistare preferibilmente da aziende che dimostrano di aver messo in atto strategie di approvvigionamento etico: un trend positivo che vede crescere la percentuale di utenti consapevoli, che prima della diffusione del Covid-19 si attestava all’82%.
In tale contesto, oltre la metà (56%) degli italiani non si rivolgerebbe nuovamente a brand che fossero accusati di lavorare con fornitori non etici. Cercherebbero, invece, marchi diversi impegnati con fornitori responsabili. Un comportamento virtuoso, che in Europa è secondo solo a quello degli spagnoli (59%), e supera inglesi (53%), tedeschi (47%) e francesi (46%).
L’indagine ha valutato l’importanza per i consumatori di pratiche commerciali sostenibili dal punto di vista ambientale e socialmente responsabili, nonché il loro impatto sulle abitudini d’acquisto degli utenti finali. I dati hanno quindi evidenziato quanto sia fondamentale per i brand garantire e comunicare che tutti i fornitori all’interno della loro supply chain operino in modo etico.
Il caso delle supply chain etiche
Ben 6 consumatori italiani su 10 valutano i brand in base a come operano non solo i marchi stessi, ma anche i loro fornitori. Infatti, acquistare da brand responsabili è così importante che la stragrande maggioranza del pubblico (90%) sarebbe disposta a pagare di più pur di avere la certezza che un prodotto è stato ottenuto o lavorato in modo etico: il 41%, in particolare, sarebbe pronto a spendere addirittura tra il 25% e il 50% in più.
L’origine e la lavorazione etica dei prodotti riveste grande importanza per l’84% dei consumatori italiani, anche se più di un quarto (26%) ammette che questo è diventato un fattore rilevante solo nel corso dell’ultimo anno. Quasi 9 italiani su 10 (89%) sono inoltre disposti a scendere a compromessi in termini di comodità, come tempi di consegna più lunghi, in cambio della garanzia che un articolo sia di origine o di produzione responsabile. Un quarto degli intervistati (25%) si dichiara sempre pronto a rinunciare alla convenienza per scelte etiche, tuttavia il 65% di loro ammette che lo accetterebbe solo ogni tanto o solo per determinati articoli.
“Creare una catena di approvvigionamento etico richiede un certo grado di visibilità su ciascun fornitore – spiega Antonio Matera, Regional Vice President Sales Italy, Malta, Greece & Cyprus di OpenText –. Il consumatore etico, d’altro canto, ha un maggiore controllo sul suo potere d’acquisto. I brand non possono più dichiarare di agire in maniera responsabile se non hanno visibilità sulle loro operation o su quelle dei loro fornitori”.
Principi aziendali etici: una necessità in crescita
Sono già più della metà (56%) i consumatori italiani che, quando acquistano online, si impegnano consapevolmente ad acquistare articoli di provenienza o produzione locale per sostenere le imprese del territorio e ridurre la loro impronta di carbonio.
Il 76% dei consumatori italiani concorda inoltre sul fatto che le aziende abbiano la responsabilità di garantire che i loro fornitori rispettino un codice di condotta etico. Analogamente, più di 7 su 10 (71%) ritengono che le aziende che non possono controllare la provenienza delle loro merci e non sanno se i fornitori si approvvigionino in modo etico, debbano ripensare la propria supply chain.
Più di tre quarti (78%) dei consumatori in Italia ritengono che il Governo dovrebbe introdurre una regolamentazione che responsabilizzi maggiormente le aziende in materia di approvvigionamento. Quasi 9 su 10 (89%) credono inoltre che i rivenditori online dovrebbero indicare chiaramente se i prodotti sono di origine responsabile o meno, ove possibile. L’88% ammette, poi, che sapere da dove proviene un prodotto o da dove provengono le parti di cui è composto sia cruciale per l’acquisto: per quasi 7 italiani su 10 (69%), tali informazioni influenzano spesso, se non sempre, la loro decisione.
“Per organizzare una supply chain etica, un’azienda deve avere accesso a informazioni affidabili”, ha commentato Matera. “Avere visibilità su ogni passaggio non solo aiuta le aziende a soddisfare le aspettative dei clienti riguardo ai processi aziendali etici, ma permette anche di dimostrare come stiano davvero attuando tali pratiche. Implementando un’unica piattaforma di integrazione, unificata e basata sul cloud, le organizzazioni possono digitalizzare il flusso di dati e di transazioni che coinvolgono tutti i soggetti della supply chain, per una completa trasparenza. In questo modo, dopo aver ottenuto la giusta visibilità sui fornitori, è possibile decidere di lavorare solo con chi può effettivamente dimostrare il prorio grado di conformità”.