Mettere totalmente al bando in Europa le sostanze chimiche di lunga durata, i cosiddetti “Pfas”, potrebbe non essere una buona idea. Sarebbe probabilmente più utile adottare un approccio graduale per accompagnare la transizione riducendo al minimo i rischi di conseguenze negative. È questo il senso dell’analisi di Frédéric YO, Esg Analyst di Crédit Mutuel Asset Management, società di gestione patrimoniale del Gruppo La Française.
I rischi associati all’utilizzo dei Pfas
Nella sua analisi Yo inizia con lo spiegare quali sono state negli ultimi anni le preoccupazioni sulla nocività dei Pfas: “Di fronte a questi rischi, le autorità di regolamentazione stanno gradualmente inasprendo le norme che ne regolano l’uso”, con l’obiettivo finale di vietarle.
“I Pfas sono una grande famiglia di composti chimici sintetici con proprietà uniche, come la resistenza al calore, all’acqua, all’olio e a molti solventi. Sono utilizzati in un’ampia gamma di prodotti industriali e di consumo: imballaggi alimentari, cosmetici, schiume antincendio, ecc. – spiega l’esperto – Tuttavia, i Pfas rappresentano una minaccia per l’ambiente e la salute pubblica. Sono soprannominati ‘sostanze chimiche per sempre’, perché non si degradano e possono accumularsi negli organismi viventi. È stato riscontrato che l’esposizione ai Pfas può causare problemi di salute come cancro, colesterolo alto e indebolimento del sistema immunitario”.
Norme sempre più stringenti
Di fronte a questi rischi, spiega ancora Yo, “in tutto il mondo si stanno adottando norme che limitano l’uso dei Pfas. La Francia, ad esempio, ha approvato nell’aprile 2024 una legge che vieta la produzione, l’importazione, l’esportazione e la commercializzazione di prodotti contenenti Pfas”. Nella sua analisi Yo cita anche la Nuova Zelanda, che ha vietato i Pfas nei cosmetici a partire dal 2026, mentre negli Stati Uniti, nell’aprile 2024, “è entrato in vigore il primo standard nazionale, legalmente applicabile, per l’acqua potabile, volto a proteggere le comunità dall’esposizione ai Pfas nocivi”.
“Infine, su spinta di alcuni Paesi come Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia – continua Yo – l’UE sta studiando la possibilità di vietare oltre 10.000 Pfas. In questo modo, l’UE spera di eliminarne gradualmente l’uso. Questa azione rientrerebbe nel quadro generale del Green Deal europeo, che mira a raggiungere la neutralità delle emissioni di carbonio entro il 2050, promuovendo al contempo un’economia circolare e sostenibile”.
Divieto dei Pfas: le conseguenze sull’economia
Se da una parte chi sceglie il divieto mette in primo piano la protezione dell’ambiente e della salute pubblica, dall’altra l’esperto di Crédit Mutuel Asset Management mette in guardia sulle conseguenze impreviste per l’economia e “una giusta transizione”. “Alcuni settori – argomenta Yo – sono ancora molto dipendenti dai Pfas. Questo vale, ad esempio, per i settori tessile e medico. Sebbene esistano già delle alternative, la maggior parte di esse è ancora nelle prime fasi di sviluppo o ha prestazioni inferiori a quelle dei Pfas. Un divieto totale potrebbe, ad esempio, compromettere il settore medico, dove i Pfas sono utilizzati nella produzione di impianti o cateteri. Per andare oltre, alcuni Pfas sono utilizzati nelle batterie dei veicoli elettrici, nelle membrane dei pannelli solari e nelle turbine eoliche. Queste tecnologie richiedono sostanze chimiche in grado di resistere a condizioni difficili, e senza i Pfas potrebbe essere difficile mantenere il livello di prestazioni necessario”.
La necessità di un approccio graduale
“Di fronte alla duplice sfida dei Pfas – argomenta Yo – dobbiamo essere più sfumati nelle restrizioni e nei regolamenti associati. L’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa), ad esempio, sta studiando la possibilità di prevedere eccezioni per i settori critici, come quello medico o dei componenti elettronici. Per questi settori, la proposta sarebbe quella di posticipare l’applicazione del regolamento di 5 o 12 anni, dando loro più tempo per trovare alternative valide”.
Il ruolo degli investitori
“In attesa della decisione finale dell’Echa – prosegue l’esperto – resta comunque importante anticipare la transizione verso un mondo privo di Pfas. Per questo motivo, gli investitori possono svolgere un ruolo fondamentale, impegnandosi nel dialogo con le aziende sui rischi connessi e sulle opzioni alternative. L’obiettivo è una maggiore trasparenza da parte delle aziende e l’impegno a sviluppare alternative sostenibili, eliminando gradualmente i Pfas. Chi saprà adattarsi rapidamente ai nuovi vincoli normativi non solo limiterà i rischi legali e finanziari, ma rafforzerà anche la propria posizione di mercato. Saranno in grado di soddisfare le crescenti richieste di sostenibilità dei consumatori e di distinguersi in un panorama sempre più competitivo, in cui le considerazioni ambientali assumono sempre più importanza nel processo decisionale”.
“Diventa quindi essenziale – conclude – trovare un equilibrio tra la protezione della salute pubblica e la necessità di sostenere l’innovazione sostenibile. I politici devono impegnarsi in un dialogo costruttivo con l’industria e le parti interessate per promuovere alternative valide, aprendo la strada a transizioni ambientali ed energetiche di successo”.