Per comprendere il ruolo che può svolgere il mondo della finanza per la natura occorre riflettere sul fatto che gli obiettivi relativi al contrasto ai cambiamenti climatici, alla lotta contro la perdita di biodiversità, per frenare il degrado del suolo e per rigenerarlo presentano costi enormi. Occorre disporre di una specifica strategia di Finance for nature per finanziare e sostenere i progetti di trasformazione economica e sociale per i quali sono necessari investimenti espressamente disegnati allo scopo di far partire e per controllare le Nature Based Solutions. Il dato relativo a questo impegno e a come affrontarlo è arrivato in occasione di COP28 con il report “State Of Finance For Nature 2023 – The Big Nature Turnaround Repurposing $7 trillion to combat nature loss” dell’UNEP United Nation Environment Program (lo studio è accessibile integralmente QUI n.d.r.)
Finance for nature: entro il 2025 il ritmo degli investimenti dovrebbe arrivare a 384 MLD $ all’anno
Ad oggi la media degli investimenti espressamente che possono essere categorizzati come Finance for nature arrivano a 154 miliardi di dollari all’anno. Il report UNEP mette in evidenza che per raggiungere risultati credibili è necessario più che raddoppiare questo volume di risorse per raggiungere i 384 miliardi di dollari all’anno entro il 2025 e 542 miliardi entro il 2030.
Il vero vero nodo della questione a COP28 è nella domanda chiave: dove recuperare questa risorse? E la risposta la si può ritrovare nel titolo stesso del report: in particolare nell’invito al “repurposing“: The Big Nature Turnaround Repurposing $7 trillion to combat nature loss. Andando con ordine sottolineiamo che il report ricorda come ogni anno si devono calcolare oltre 7 trilioni di dollari di attività per le quali è purtroppo riscontrato un impatto negativo diretto sulla natura. Un dato che, commisurato al PIL globale, ci dice che il 7% del prodotto Interno Lordo a livello mondiale ha un effetto negativo sulla natura e sulla biodiversità. Peraltro come avevamo scritto qualche mese fa solo il 16% delle aziende ha valutato il proprio impatto in termini di perdita di biodiversità.
Finance for nature e finanza “contro” la natura
Se è corretto parlare di Finance for nature nel senso di investimenti espressamente pianificati per raggiungere obiettivi che producono risultati in termini di protezione o rigenerazione di ambiente naturali, non è esattamente corretto parlare di finanza “contro” la natura. Più correttamente occorre parlare di investimenti che per tante ragioni non si preoccupano del loro impatto sulla natura. Fatta questa premessa occorre però sottolineare come il report UNEP ci dica che nel 2022 gli investimenti in progettualità in definitiva dannose per la natura erano ben 30 volte superiori a quelli, pari a 200 miliardi di dollari, che sono stati invece pianificati per proteggerla.
La sproporzione tra questi due volumi di finanziamento è uno dei temi chiave sia per garantire una reale azione per la mitigazione dei cambiamenti climatici sia per le azioni di adattamento. Sempre a COP28 ci è interrogati sul tema “Transizione ecologica: costo o investimento?” e una risposta convincente è arrivata dal report “From Risk to Reward: The Business Imperative to Finance Climate Adaptation & Resilience” realizzato da Boston Consulting Group (BCG) in collaborazione con il Global Resilience Partnership (GRP) e con l’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID) che ha messo in evidenza come le imprese che scelgono di investire in misure e progetti di sostenibilità possono ottenere un rapporto beneficio-costi che varia da un minimo di 2:1 a 15:1.
Come agire sui flussi finanziari globali per privilegiare una finance for nature
I risultati che stanno alla base di queste evidenze arrivano da un’analisi dei flussi finanziari globali. Negli Stati Uniti i flussi finanziari privati con effetti negativi per la natura arrivano a qualcosa come 5 trilioni di dollari all’anno e sono ben 140 volte superiori ai 35 miliardi di dollari di investimenti privati che vanno a beneficio di Nature Based Solutions.
In termini di industry ci sono cinque grandi ambiti rappresentati da Oil & gas, Building, Energy, Real estate, Food e tabacco che da una parte costituiscono il 16% dei flussi di investimento complessivi nell’economia ma ammontano al 43% dei flussi finanziari che indirizzano progetti negativi per la natura.
Il report State Of Finance For Nature 2023 è anche un atto di accusa verso le modalità che hanno ispirato la spesa governativa in molto situazioni. Nello specifico negli USA il report calcola in 1,7 trilioni di dollari il volume di investimenti che si traduce in sovvenzioni ad attività dannose per l’ambiente e il “dito è puntato” in modo particolare verso quattro settori: combustibili fossili, agricoltura, pesca e silvicoltura. L’invito che accompagna questo studio è esattamente quello di elaborare una Net Zero Policy che sappia re-indirizzare le risorse finanziarie verso progetti Nature Based o almeno non in contrasto con la natura.
Altre evidenze dello studio rilevano che per raggiungere gli obiettivi della Convenzione di Rio sul limitare il cambiamento climatico a 1,5°C, così come l’obiettivo del Global Biodiversity Framework sul 30% di terra e mare entro il 2030 e raggiungere la neutralità del degrado del suolo, i flussi finanziari verso soluzioni basate sulla natura devono quasi triplicare dai livelli attuali (200 miliardi di dollari USA) e raggiungere i 542 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 per poi quadruplicare a 737 miliardi di dollari USA entro il 2050.
In questo senso i finanziamenti pubblici continueranno a svolgere un ruolo fondamentale, mentre il finanziamento privato a fronte di determinate condizioni regolamentari è nella condizione di crescere dall’attuale 18 per cento al 33 per cento entro il 2050.
I vantaggi di una finanza attenta alla natura
Le soluzioni basate sulla natura rappresentano anche una importante occasione di sviluppo. Lo studio rileva ad esempio che per gli investimenti nella gestione sostenibile del suolo o soil health è previsto un aumento che moltiplica i volumi attuali per quattro entro il 2050 grazie alla redditività a lungo termine che può arrivare dalla produzione alimentare e dalla produzione di materie prime sostenibili. A sua volta, la protezione degli ecosistemi diversificati si presenta un forte interesse per gli investitori considerando che rappresenta l’80% della terra aggiuntiva necessaria per Nature Based Solution e che ad oggi riceve solo il 20% dei finanziamenti.
Inger Andersen, Direttore Esecutivo dell’UNEP ha fatto presente in una nota dell’organizzazione che “Le soluzioni basate sulla natura sono drammaticamente sottofinanziate al contrario degli investimenti annuali negativi per la natura.” Per Niki Mardas, Direttore Esecutivo di Global Canopy, “Questa edizione del rapporto è un chiaro segnale che non è possibile continuare con il “business as usual” e che occorre favorire una transizione verso pratiche che permettano di fermare il finanziamento ad operazioni e attività che portano alla distruzione della natura”. Jochen Flasbarth, Segretario di Stato nel Ministero Federale Tedesco per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo ha a sua volta evidenziato che “Investire in soluzioni basate sulla natura fornisce una prospettiva strategica e conveniente per affrontare le sfide interconnesse del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e del degrado del suolo”.
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