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Crisi climatica e consumo delle risorse naturali, l’Italia arranca



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I dati di Unicusano: nei primi cinque mesi del 2024 il Paese avrà esaurito la disponibilità di risorse naturali che avrebbe dovuto servire per tutto l’anno. In una posizione peggiore c’è soltanto il Giappone

Pubblicato il 4 apr 2024



Unicusano

L’Italia arriverà nel 2024 ad aver consumato il 500% delle proprie risorse naturali: a evidenziarlo è una infografica realizzata da Unicusano sulla crisi climatica e la stabilità alimentare. Su scala globale gli ultimi posti della classifica sono occupati da Qatar, Emirati Arabi, Stati Uniti e Lussemburgo, mentre tra i Paesi più virtuosi emergono Indonesia, Ecuador e Jamaica. Quanto all’Europa, in generale consuma più di quanto la terra riesca a produrre in un anno. “In pochi mesi – spiega Unicusano in una nota – si sono esaurite le risorse rinnovabili che il pianeta è in grado di rigenerare nell’arco di 365 giorni. A maggio 2023 l’Italia aveva già consumato tutte le risorse del 2024. Un aspetto di cui tener conto il prossimo 19 maggio, quando il Belpaese inizierà a bruciare in preoccupante anticipo anche le risorse del 2025”.

Plastica e spreco alimentare

Tra i fattori che contribuiscono ad aggravare la situazione, secondo Unicusano, ci sono l’eccessivo utilizzo della plastica, lo spreco alimentare e l’accessibilità al cibo. “Se da un lato – evidenzia la ricerca – sono 5,25 i trilioni di pezzi di plastica che, da anni, navigano nei nostri mari contribuendo alla creazione di isole di plastica, dall’altro, a livello globale, si registra uno spreco alimentare del 30% del cibo prodotto, causando l’emissione di 4,8 miliardi di tonnellate di gas serra nell’atmosfera. Soltanto in Italia lo spreco alimentare tocca i 67 Kg all’anno pro capite”.

Le conseguenze sul tessuto produttivo

Ma la crisi climatica non ha ripercussioni soltanto sull’ambiente, arrivando a colpire anche il tessuto produttivo e imprenditoriale: “Tra il 1980 e il 2020 Germania, Francia e Italia hanno registrato le perdite economiche più elevate. Oggi – spiega la ricerca – il 79% delle aziende ha paura dell’impatto del cambiamento climatico e il 97% ne ha già risentito per l’energia, l’agricoltura, il turismo, le infrastrutture”. Tra le principali vittime delle conseguenze di inondazioni, siccità, innalzamento dei mari, erosione dei suoli, ondate di calore, particolarmente colpite saranno le minoranze: piccoli agricoltori, donne, disoccupati, popolazioni indigene, Paesi poveri e in via di sviluppo dove l’agricoltura è vita, persone che vivono in aree urbane a basso reddito.

Le emissioni di gas serra

Stando ai dati aggregati da Unicusano, fra il 1990 e il 2019 le emissioni di gas serra globali causate dall’uomo sono aumentate del 54%, e il rischio è che – se non si limiteranno i danni – il riscaldamento globale causerà entro il 2030 un aumento delle temperature compreso tra gli 1,5 e i 3 gradi centigradi.

Le possibili soluzioni

Per scongiurare questi rischi e limitare la portata dei danni dovuti a un innalzamento delle temperature è necessaria, sceondo Unicusano, “una rivoluzione sociale, culturale, politica ed economica, ma si deve agire in fretta. Decarbonizzare la società, seguire diete equilibrate a base vegetale, optare per una pianificazione urbana a beneficio di spazi verdi, ridurre l’uso della plastica e cambiare i comportamenti d’acquisto sono solo l’inizio di quella che deve essere una trasformazione radicale – spiega Unicusano – che parta congiuntamente dal basso e dall’alto, dall’educazione alla politica”.

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