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Competitività e sostenibilità: Italia in crescita ma resta esposta agli shock esterni



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Il Rapporto ISTAT 2025 sulla competitività dei settori produttivi fotografa una realtà articolata: il Paese guadagna terreno sui mercati esteri, ma resta vulnerabile nella dipendenza da input importati. Bene l’export verso gli USA, soffre la relazione con la Germania. Sotto pressione la manifattura, trainano meccanica e agroalimentare

Pubblicato il 25 mar 2025



Competitività e sostenibilità
Fonte ISTAT: RAPPORTO SULLA COMPETITIVITÀ DEI SETTORI PRODUTTIVI Edizione 2025

Competitività e sostenibilità: mai come in quest’ultimo anno il rapporto tra i temi della competitività e quelli della sostenibilità è stato così intenso e complesso. In particolare poi se si considera quella dimensione della sostenibilità che è più vicina ai temi della riduzione dei fattori di rischio o del risk management.

A fornirci un quadro della situazione della competitività delle imprese del nostro paese è il Rapporto ISTAT sulla competitività dei settori produttivi 2025 (disponibile nella versione integrale sulla pagina dediciata del sito Istat qui n.d.r.).


2024, anno difficile per competitività e sostenibilità

Il 2024 è stato un anno complesso per il sistema produttivo italiano. Tra eventi geopolitici drammatici, incertezze economiche globali e catene di fornitura sotto pressione, l’Italia ha dovuto affrontare un contesto internazionale decisamente difficile. Tuttavia, il quadro delineato dal Rapporto ISTAT mostra come, nonostante le difficoltà, le imprese italiane abbiano saputo cogliere alcune opportunità, rafforzando la loro presenza in mercati chiave.

Giunto alla sua tredicesima edizione, il rapporto offre una radiografia dettagliata delle trasformazioni in atto nei comparti industriali e nei servizi, analizzando performance, strategie e vulnerabilità che impattano su competitività e sostenibilità. L’analisi si avvale di un ampio database settoriale, aggiornato e scaricabile online, che comprende circa 80 indicatori per settore, e fornisce schede di sintesi utili a delineare il profilo competitivo delle imprese italiane.

Un commercio mondiale in ripresa, ma non favorevole a competitività e sostenibilità

Nel 2024 il commercio internazionale ha mostrato segnali di recupero: secondo il Fondo Monetario Internazionale, il volume degli scambi globali è cresciuto del 3,4%, dopo un debole +0,8% nel 2023. A trainare questa ripresa è stata soprattutto l’Asia – Cina inclusa – mentre l’Europa ha continuato a muoversi lentamente penalizzata da fattori strutturali e congiunturali, come il prolungarsi della guerra in Ucraina e la recessione tedesca.

Nonostante ciò, le esportazioni italiane hanno registrato segnali contrastanti. Tra il 2019 e il 2023, si è assistito a una forte crescita dell’export verso Stati Uniti (+47,5%) e Cina (+47,8%), ma nel 2024 si è invertita la rotta: cali del -3,6% verso gli USA e addirittura -20% verso la Cina. Anche l’export verso la Germania, principale partner commerciale italiano, ha subito una contrazione (-5%), in linea con la crisi industriale tedesca.

Il ruolo dell’export nel sostenere competitività e sostenibilità

Nonostante la flessione del 2024, gli Stati Uniti si confermano un mercato fondamentale per l’Italia. La quota dell’export italiano verso gli USA ha superato il 10%, avvicinandosi a quella della Germania e superando Francia e Spagna. L’avanzo commerciale con gli Stati Uniti si attesta su 34,7 miliardi di euro, trainato da quattro settori chiave della manifattura: meccanica, agroalimentare (soprattutto vinicolo e alimenti trasformati), tessile-moda-pelle e mezzi di trasporto.

Tra i prodotti più esportati negli USA troviamo autoveicoli, macchinari, navi, farmaceutica, mobili e abbigliamento. Questi comparti rappresentano non solo un punto di forza per il Made in Italy, ma anche una leva per affrontare la crescente regionalizzazione degli scambi mondiali.

La vulnerabilità alle forniture di beni intermedi

Accanto a questi risultati, il rapporto ISTAT evidenzia alcune debolezze come il fatto che l’Italia rientra tra i Paesi europei più vulnerabili alle forniture estere di beni intermedi. La produzione interna dipende in misura ancor elevata da input provenienti da altri Paesi, spesso concentrati geograficamente, e quindi più esposti a shock di natura geopolitica o logistica.

L’indicatore di vulnerabilità composito, che misura sia la dipendenza sia la concentrazione geografica dell’import di input, colloca l’Italia in una posizione più fragile rispetto a Germania, Stati Uniti e Cina. È un campanello d’allarme per la manifattura nazionale, che rischia di subire contraccolpi severi in caso di interruzioni nelle catene di approvvigionamento globali. Un esempio di strategie finalizzate a ridurre queto fattore di rischio è rappresentato nel mondo agroalimentare dal fenomeno delll’upcyled food che risponde in modo integrato ai temi di competitviità e sostenibilità.

Paradossalmente, il divario con la Germania si è ridotto negli ultimi anni, non tanto per un miglioramento della posizione italiana quanto per un aumento della dipendenza tedesca, segno che la sfida è comune in Europa.

I rischi di protezionisto e di recessione: come impattano su competitività e sostenibilità

A partire dal 2024 si è intensificata la spinta protezionistica da parte degli Stati Uniti, con l’introduzione di nuovi dazi e barriere non tariffarie che hanno colpito in particolare l’Unione Europea. Se si paragona il rapporto USA-UE all’epoca del rappoto Istat l’area UE presentava un grado di apertura commerciale quasi quattro volte superiore a quello statunitense, per certi aspetti si tratta di un tteggiamento virtuoso ma nello stesso tempo è una situazione che rende l’area UE più esposta a eventuali restrizioni.

La recessione dell’economia tedesca ha a sua volta inciso negativamente sulla domanda europea, rallentando anche l’export italiano. Secondo le simulazioni macroeconomiche dell’ISTAT, due anni consecutivi di stagnazione tedesca avrebbero un impatto non trascurabile sul PIL italiano, specie per settori fortemente interconnessi con l’industria manifatturiera d’Oltralpe.

Meccanica, agroalimentare e moda: i pilastri del Made in Italy

A fronte di questa situazione ci sono settori che hanno saputo reagire alla situazione meglio di altri in terminid i competitività e sostenibilità. La meccanica strumentale e il machinery si conferma un comparto ad alto valore aggiunto, fortemente orientato all’export e con buoni livelli di innovazione tecnologica. L’agroalimentare, con le sue eccellenze DOP e IGP, si è rivelato anticiclico e resiliente, mentre il tessile-moda ha mostrato segnali di consolidamento, pur soffrendo in parte la concorrenza asiatica.

Anche i mezzi di trasporto, in particolare l’automotive e la nautica, hanno contribuito in modo significativo all’avanzo commerciale, beneficiando della domanda statunitense e di nicchie di alta gamma.

Il comparto dei servizi si è mosso più lentamente, è cresciuto ma con un’intensità inferiore rispetto alla manifattura. Il ruolo crescente degli scambi di servizi a livello globale ha contribuito a ridurre l’elasticità del commercio mondiale rispetto alla crescita del PIL. In Italia, i settori ICT, finanza e turismo hanno mostrato segnali di ripresa, ma restano ancora distanti dai livelli di competitività dei principali Paesi europei.

Competitività e sostenibilità tra rischi globali e traiettorie di rilancio

Dal Rapporto ISTAT 2025 arriva anche uno stimolo a riflettere sulla doppia natura della competitività e sostenibilità italiana: da un lato, la capacità di presidiare mercati chiave e valorizzare i punti di forza settoriali; dall’altro, la persistente esposizione a fattori esogeni che possono compromettere la stabilità dell’intero sistema produttivo e che possono incidere sui fattori di produzione e di gestione in modo sempre più rilevante.

Per affrontare queste sfide, diventa fondamentale rafforzare l’autonomia strategica, diversificare le fonti di approvvigionamento, investire in innovazione e infrastrutture, e consolidare la presenza italiana nelle catene globali del valore.


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