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Climate Tech: il marketing punto di incontro tra buyer e vendor



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Affrontare le sfide del cambiamento climatico richiede un approccio che va oltre il semplice rapporto negoziale, per abbracciare un ethos di responsabilità collettiva. I risultati della indagine “From Hype to Impact: New Marketing for Advancing Climate Tech” realizzata dal Climate Marketing Lab sul ruolo del marketing nell’accelerare l’adozione delle climate tech

Aggiornato il 1 lug 2024



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L’approccio alle soluzioni Climate Tech sta cambiando. Precedentemente percepite come un imperativo etico (salvare il pianeta) o regolamentare (conformarsi alle norme attuali o prepararsi per il futuro), stanno ora assumendo le vesti di potenti strumenti con cui guadagnare un reale vantaggio competitivo. E ad esserne convinti sono quelli che comprano, tanto quanto quelli che vendono queste tecnologie.

Il marketing ha il potenziale per catalizzare questa evoluzione, stimolando l’adozione di tali tecnologie e facilitando il raggiungimento di ambiziosi obiettivi di sostenibilità. Ma solo puntando su valore, collaborazione, fiducia e ispirazione, si può aspirare ad accelerare la transizione verso modelli di business più sostenibili. Infatti, succede spesso che chi promuove e chi decide di adottare nuove soluzioni parla un linguaggio diverso.

Come fare in modo che buyer e marketer trovino la via per collaborare più efficacemente? A questa domanda ha cercato di rispondere la prima indagine From Hype to Impact: New Marketing for Advancing Climate Tech, realizzata da Climate Marketing Lab, un team di professionisti internazionali guidati da Martina Casani – Head of Marketing di U-Earth Biotech, nei primi mesi del 2024.

Prima edizione sul Climate Tech Marketing

L’analisi si basa sulle interviste a un panel selezionato di 50 attori chiave nel settore delle soluzioni climatiche, equamente distribuite tra climate tech solution Vendors (principalmente CEO/Marketing Manager) e sustainability solution Buyers (soprattutto ESG Managers, Heads of Sustainability, and Procurement Manager), proprio per favorire il confronto tra i due speculari punti di vista. Il campione include sia grandi che piccole aziende provenienti da diverse parti del mondo.

L’obiettivo principale è stato determinare come il marketing possa accelerare la transizione verso tecnologie che incidono positivamente sull’impatto ambientale attraverso il miglioramento delle interazioni tra chi promuove e chi acquista soluzioni tecnologiche appositamente orientate a promuovere la sostenibilità.

Ambiente e business, il doppio valore del Climate Tech

Una prima considerazione che emerge dall’indagine riguarda il fatto che sia buyer che vendor sono abbastanza allineati su alcuni principi, soprattutto uno: l’importanza fondamentale di correlare le soluzioni climatiche con un valore tangibile, nel senso dualistico di contributo reale all’impatto sull’ambiente e di contributo ai risultati di business delle aziende che adottano ClimaTech o CleanTech.

In effetti la valutazione del ROI delle soluzioni – elemento citato da oltre la metà dei vendor e dei buyer – rappresenta un elemento chiave sia per chi promuove che per chi adotta tecnologie climatiche. Per i buyer, l’importanza di “cost saving/revenue increase” nei processi di consideration si attesa a 4,4 su una scala da 1 a 5.

Si può dire inoltre che la promozione e la selezione delle soluzioni climatiche vadano oltre la semplice negoziazione di “vendite e acquisti” basata sulle caratteristiche delle soluzioni, coinvolgendo considerazioni come l’impatto sui punteggi ESG, la differenziazione sul mercato e la costruzione della fiducia.

Mentre gli acquirenti danno priorità alle soluzioni principalmente allineate con gli obiettivi ambientali, i fornitori dimostrano un focus più ampio, che comprende non solo aspetti ambientali, ma anche dimensioni sociali e di governance. Tuttavia, nonostante alcune differenze di enfasi, sia buyer che vendor sottolineano l’importanza delle soluzioni allineate agli ESG.

Il ruolo della collaborazione

Oltre all’enfasi condivisa su fattori sostanziali che indica una preferenza per soluzioni che offrono benefici aziendali tangibili e che si allineano agli obiettivi di sostenibilità, quello che serve è la collaborazione.

La consapevolezza di buyer e vendor si estende infatti anche alla complessità della transizione sostenibile. Per questo, un pilastro fondamentale è proprio il confronto trasparente che può essere favorito da format collaborativi come i think tank, le survey, i workshop – a porte aperte o chiuse – e la partecipazione attiva a discussioni su standard di settore, magari anche in occasione di fiere trade show.

Fiducia, un fattore chiave

Come per ogni relazione collaborativa di successo, il trust è un pilastro fondamentale. Costruire fiducia non solo aumenta la credibilità del venditore e favorisce la chiusura delle trattative, ma stabilisce anche una base solida per relazioni a lungo termine. Quindi incide anche su un più soddisfacente Customer Lifetime Value. Non si tratta solo di fornire una soluzione di valore, ma anche di coltivare una relazione basata su trasparenza, affidabilità e comprensione reciproca.

L’88% dei buyer ad esempio preferisce stabilire il primo contatto attraverso meccanismi di referenza, dimostrando una maggiore freddezza verso i metodi di comunicazione più diretti e meno personali come messaggi e telefonate a freddo. E, su una scala da 1 a 5, i gli asset ritenuti decisivi nella selezione sono quelli che “rassicurano”: documentazione sulla misurabilità di impatto delle soluzioni (4,59), certificazioni e validazioni di terze parti (4,44) e un endorsement istituzionale (4,19).

La trasparenza non basta, occorre l’education

Mentre i fornitori danno priorità alla performance e alla credibilità basata su validazioni interne, gli acquirenti preferiscono una conversazione trasparente su come una soluzione porti valore misurabile per il business e per gli obiettivi ESG, meglio se validata esternamente per superare il rischio di greenwashing.

E se la trasparenza nella comunicazione (anche basata sui dati) emerge come un aspetto cruciale, l’education lo è altrettanto. Le climate technologies sono spesso una materia nuova. Per questo farle comprendere, comunicando i benefici, non solo le caratteristiche tecniche, è fondamentale.

La maggior parte dei vendor riferisce di farlo (64%) o vorrebbe farlo di più (33%). I buyer lo apprezzano. Ma, sui canali utilizzati, c’è ampio spazio per migliorare la convergenza (ormai consolidata su attività come i webinar). Ad esempio le attività di nurturing via email marketing sono uno strumento prediletto dai vendor (72%) mentre i buyer gradiscono meno (20%); viceversa, a chi compra soluzioni interessano test, versioni trial e progetti pilota (87%), utilizzati dai vendor solo nel 32% dei casi.

Chi sceglie necessita quindi di una educazione molto “hands on”, quasi ai confini con il training, che segue e completa la comprensione degli economics della soluzione valutata.

Informare, ispirare e coinvolgere per indurre all’azione

La ricerca evidenzia poi l’importanza di una comunicazione che non solo informi, ma che sia anche capace di ispirare e coinvolgere emotivamente. Una narrazione positiva è decisiva non solo per ispirare il cambiamento ma soprattutto per indurre all’azione: l’adozione delle climate tech.

Storie di successo, utilizzo di umorismo e messaggi che enfatizzano gli impatti positivi di prodotti e servizi per il clima rafforzano l’engagement e la risposta del pubblico. Una visione condivisa non solo quando si tratta di promuovere le tecnologie, ma anche quando si arriva a divulgare i risultati ESG da parte di chi le usa.

Comunicare la sostenibilità e il rischio di greenwashing

Ma i risultati legati alla sostenibilità vanno oltre la semplice rendicontazione. I report di impatto, per coloro che li hanno realizzati (il 62% degli intervistati), non sono pienamente efficaci per promuovere il brand delle aziende (opinione condivisa dal 73% dei buyer). Quello che emerge dalla ricerca è che è meglio accompagnare i bilanci di sostenibilità con altre attività, tra cui campagne di comunicazione interna, attività di engagement di partner e investitori, e informazione sul pubblico finale, anche attraverso i social media.

Il greenwashing è un rischio, di cui entrambe le parti hanno contezza. Ma, se ben gestito, aggiungere al branding una componente di “purpose” è fondamentale. La sostenibilità deve essere sempre di più parte del DNA valoriale delle aziende di ogni settore e dimensione. E chi ha partecipato alla ricerca sembra averlo capito.

Tanto che la sostenibilità sta passando dall’essere un interesse di nicchia ed etico a una priorità aziendale mainstream, sia per i responsabili della sostenibilità – che nei loro ruoli sono i promotori della transizione sostenibile – sia per i fornitori – che si sentono parte di una nuova ondata emergente di prodotti e servizi redditizi.

Tuttavia, gli acquirenti cercano principalmente conferme da terze parti combinate con l’analisi dei loro team interni, mentre i fornitori si affidano alla validazione di R&D e alla trasparenza. Ciò evidenzia la necessità di colmare questo divario, soprattutto per i nuovi attori e le nuove tecnologie.

In sintesi, i risultati di questa ricerca sottolineano l’importanza di un marketing delle soluzioni climate tech che sia informato, responsabile e coinvolgente. Un marketing che favorisca la collaborazione e si basi sulla fiducia reciproca. “La costruzione di un futuro sostenibile è un’impresa condivisa, non una corsa al profitto, ma un progetto di sviluppo comune”.

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