L'analisi

Climate change: per il 94% delle aziende quotate è ormai un tema strategico

Secondo una ricerca di Deloitte Italia, la consapevolezza sui temi green si fa sempre più importante fra le imprese presenti sui mercati finanziari. E cresce il progressivo superamento della mera riduzione del rischio in favore di una revisione dei modelli di business, anche se le criticità restano molte: dalle metriche ai target, sino alle politiche di governance ambientali

Pubblicato il 28 Set 2022

Stefano Pareglio, Presidente di Deloitte Climate & Sustainability

Cresce la consapevolezza delle imprese quotate italiane per il cambiamento climatico, perlomeno per quanto attiene alla mitigazione delle emissioni di gas serra. I risultati di “La disclosure climatica nelle società quotate italiane. Rapporto sullo stato d’attuazione delle Raccomandazioni della Task Force on Climate-related Financial Disclosures (Tcfd)”, realizzato da Deloitte Italia in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Pavia, in questo senso parla chiaro. E Stefano Pareglio, Professore ordinario e Independent Senior Advisor di Deloitte, puntualizza anche di più: “Assistiamo al progressivo superamento della mera riduzione del rischio in favore di una revisione strategica dei modelli di business, non solo da parte delle imprese che appartengono ai settori industriali più esposti”.

L’indagine sullo stato d’attuazione delle Raccomandazioni della Tcfd è stata condotta sulla base di documenti pubblici aventi a oggetto la disclosure climatica di 236 società quotate, 212 delle quali appartenenti agli indici FTSE MIB, FTSE Italia Mid Cap, FTSE Italia Small e FTSE Italia STAR.

Un nuovo orientamento per i modelli di business

Dall’analisi condotta emerge che le società quotate italiane sono sostanzialmente in linea con i trend evidenziati dal rapporto globale “2021 Status Report” della Tcfd. Rispetto agli anni passati, in particolare, si registra un forte aumento nella consapevolezza delle imprese rispetto alla materialità del cambiamento climatico, testimoniata dal crescente interesse a riorientare i modelli di business in direzione della transizione climatica ed energetica e dall’evidente maggiore disponibilità a rendicontare in modo trasparente sia gli impegni assunti che i risultati conseguiti.

…ma restano le criticità

Dal Rapporto emergono tuttavia una serie di aspetti su cui è necessario agire più velocemente, che vanno dalle ridotte competenze dei consiglieri di amministrazione in materia di cambiamento climatico, all’ancora scarsa diffusione di misure di adattamento e di impegni per la carbon neutrality, fino alla ridotta incidenza del climate change nelle politiche di remunerazione.

“Il Rapporto – continua Stefano Pareglio – mette in luce la necessità di un’ulteriore, significativa evoluzione della governance e degli strumenti necessari a gestire la transizione energetica e climatica. Competenza specialistica degli amministratori, evoluzione dei modelli di business, coerenza nell’allocazione del capitale, qualità e ruolo dell’analisi di scenario, impegno stringente alla carbon neutrality, adozione di misure di adattamento: sono ancora molti gli spazi di miglioramento per le società quotate, non solo nel nostro Paese”.

Il climate change nel risk management per il 70% delle imprese

In dettaglio, dai risultati del Rapporto emerge come la quasi totalità del campione (94%) riconosca ormai nel cambiamento climatico un tema materiale e il 70% integra i rischi e le opportunità derivanti dal cambiamento climatico nei propri processi di gestione del rischio. Risulta altresì che il 29% delle società possiede una politica di remunerazione con obiettivi legati al cambiamento climatico e che il 67% adotta processi atti a migliorare la prestazione della propria catena di fornitura, pur con diversi livelli di maturità. Anche l’azione di sensibilizzazione verso gli stakeholder si sta diffondendo: più della metà (57%) delle società quotate dichiara di svolgere campagne di sensibilizzazione sul tema del cambiamento climatico e della sostenibilità.

Il cruciale ruolo di metriche e target, il peso della governance

Il Rapporto evidenzia, inoltre, numerosi aspetti che richiedono una particolare attenzione. A partire da quello legato alle metriche e ai target: sebbene la quasi totalità delle quotate (93%) rendiconti le emissioni Scope 1 e 2, a rendicontare le emissioni Scope 3 è infatti solo il 42% del campione. Solo il 16% dichiara di aver identificato obiettivi quantitativi di riduzione delle emissioni GHG connessi agli Science Based Targets e di aver assunto un target di neutralità carbonica; qualora si consideri il solo indice FTSE MIB, tale percentuale più che raddoppia, arrivando a 38%.

Vi sono anche temi aperti che riguardano la governance del cambiamento climatico. Più della metà delle quotate ha costituito un comitato endoconsiliare sulla sostenibilità, ma solo il 32% del totale dichiara che tale comitato ha compiti specifici in materia di cambiamento climatico. Inoltre, solo nel 18% delle aziende quotate vi è la presenza di almeno un consigliere di amministrazione dotato di competenze in materia di sostenibilità in senso lato. A livello strategico si rileva, infine, come il 76% delle quotate non sviluppa analisi di scenario e, considerando le sole società che se ne sono dotate, meno della metà (43%) pubblica dettagliate informazioni metodologiche e quantitative.

Necessità di un approccio strategico

“I temi della sostenibilità e della transizione energetica assumono un ruolo ancora più centrale nel contesto attuale, in cui sicurezza e accessibilità economica delle forniture sono diventate esigenze prioritarie. Oggi occorre operare con un approccio strategico per assicurare che la decarbonizzazione vada di pari passo con la sicurezza degli approvvigionamenti”, commenta Patrizia Rutigliano, Executive Vice President Institutional Affairs, ESG, Communication & Marketing, Snam. “Le infrastrutture energetiche, come quelle di Snam, giocano un ruolo essenziale nel garantire resilienza e flessibilità al sistema energetico, presente e futuro, anche nell’abilitare la transizione, grazie alla loro capacità di evolvere a beneficio di soluzioni decarbonizzate quali biometano e idrogeno, in linea con gli obiettivi europei.”

Giuseppe Ricci, Chief Operating Officer Energy Evolution ha rappresentato ENI nella Task Force. ENI è l’unica tra le società dell’Oil&Gas coinvolta nei lavori di TCFD fin dalla sua istituzione, e da allora ha continuato a contribuire allo sviluppo delle Raccomandazioni in materia di disclosure climatica. “La transizione energetica è una sfida estremamente complessa, che richiede anche una comunicazione completa, trasparente ed efficace”, commenta Giuseppe Ricci. “Questo è anche il motivo per cui, per comunicare al meglio i temi climatici in linea con le Raccomandazioni della TCFD, per il quinto anno consecutivo ENI ha pubblicato un report dedicato al percorso di decarbonizzazione: ENI for – neutralità carbonica al 2050”.

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