Quante aziende stanno subendo le conseguenze di problemi legati alla fornitura di materie prime? Quante realtà sono costrette a cambiare le loro strategie, in termini di prodotti o di processi di produzione o di interventi nei rapporti con i clienti, per adattarle alle risorse disponibili sul mercato? Quante aziende sono nella difficile condizione di avere un portafoglio ordini in linea o superiore alle aspettative ma non poterle esaudire per problemi sulla supply chain?
Purtroppo, la risposta oggi è che le imprese in queste condizioni sono numerose e la capacità di reazione, alle attuali condizioni del mercato è molto difficile, proprio perché la capacità di azione in termini di diversificazione dei fornitori in situazioni di crisi è da una parte limitata e dall’altra presuppone un importante aumento dei costi.
Il rischio di fornitura è un tema caldissimo per tante aziende del mondo manifatturiero e rappresenta oggi più che mai un fattore determinante per garantire la business continuity delle imprese e una disciplina per consentire alle imprese di gestire scenari di mercato e di fornitura che cambiano sempre più rapidamente e spesso in modo radicale.
Ma come è emerso nel corso dell’evento organizzato dal Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia “Il rischio di fornitura. Se lo conosci, lo eviti” la capacità di azione delle imprese nella gestione dei fattori di rischio legati alla supply chain contribuisce in modo significativo ad avvicinare e ad aumentare anche le performance ESG e a rispondere ai temi della sostenibilità.
Il convegno è stata l’occasione per la presentazione della ricerca sul Rischio di fornitura realizzata dal Laboratorio RISE dell’Università di Brescia e presentata da Marco Perona, docente di dell’Università bresciana che ha visto i contributi di Franco Gussalli Beretta, Presidente di Confindustria Brescia; Paolo Bentivoglio, Direttore Acquisti, Streparava S.p.A e Sergio Baccanelli di IQ Consulting; Giorgio Vegetti, Direttore Procurement Intelligence del Gruppo CESI, Sergio Fumagalli, Senior Partner P4I, Team leader sostenibilità; Marco Terzago, consigliere ANRA e Head of SKF Risk control group; e Danilo Salvioni, Head of Procurement FENZI, rappresentante ADACI.
Rischio di fornitura: la ricerca del Laboratorio RISE
Se sino a qualche anno fa il rischio di fornitura era considerato un tema di “secondo piano” le aziende più previdenti, ossia quelle che hanno scelto di analizzare e gestire con attenzione i fattori di rischio diretti e indiretti che potevano impattare sulle loro supply chain, sono oggi nella condizione di subire meno danni di altre e di rispondere in modo adeguato alla domanda dei loro mercati.
La differenza di atteggiamento tra le aziende che oggi sono alla ricerca di nuovi fornitori e quelle che sono nella condizione di produrre e consegnare i loro prodotti è in una differenza di atteggiamento: reattivo per le imprese che reagiscono aggi alla crisi e proattivo per quelle che si sono dotate della capacità di anticipare le perturbazioni delle catene di fornitura e di mitigarle attraverso interventi di prevenzione (che riducono la probabilità di accadimento degli eventi dannosi) e di protezione (che ne ridimensionano gli effetti).
Il grande tema per molte realtà è come passare dalla reazione alla prevenzione, come mettere a valore decisioni che mettono al centro i valori della continuità del business magari a scapito di qualche sacrificio sul piano dei profitti e che per questo scelgono di lavorare a una organizzazione in grado di effettuare un monitoraggio e un controllo attento delle possibili minacce per disporre degli strumenti e delle misure adeguate per affrontarle.
La principale causa delle interruzioni di fornitura? Il default
La ricerca presentata da Marco Perona, Professore Ordinario, Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale, Università degli Studi di Brescia ha visto il coinvolgimento di un campione di 147 aziende manifatturiere italiane tra aprile 2018 e gennaio 2021 e mostra che anche in tempi “normali” quello della supply chain continuity è un problema estremamente serio e la cui importanza sta crescendo nel tempo (tanto che a fronte di 74 aziende che non hanno subito interruzioni, 73 ne hanno sperimentata almeno una con una media generale di all’incirca 1,8 interruzioni su 10 anni).
Tra le causa principali delle interruzioni spicca con il 44% il default finanziario dei fornitori che appare come un fattore molto più difficile da prevedere delle altre causali di interruzione e in tante situazioni (quasi 2/3) per ovviare a questa interruzione occorre cercare un nuovo fornitore ma spesso più di uno, anche quando è presente la possibilità di contare su un ricorso a fornitori di backup. Non solo, c’è poi la necessità di rientrare a regime e per questo servono ancora una volta tempo e investimenti che incidono sulla perdita di competitività con il rischio di perdere occasioni di vendita.
A questo proposito è interessante osservare che il tempo medio di recupero della fornitura dipende ovviamente dalla necessità di individuare un sostituto o meno e nel caso in cui non ci sia un backup servono qualcosa come 7 settimane e nel caso di più di un sostituto si arriva a 15 settimane.
Il rischio più grosso? L’impreparazione
Purtroppo, le aziende, soprattutto quelle più piccole, sono spesso impreparate: non hanno una adeguata competenza di risk management e adottano un atteggiamento passivo (nel 55% dei casi), in molte situazioni reagendo agli eventi dannosi quando questi si manifestano (il 16% delle aziende assume un atteggiamento reattivo). Stando ai dati della ricerca, solo il 46% delle aziende adotta almeno una leva di mitigazione del rischio, contro il 54% che non applica nessuna leva.
In più, 4 delle 5 leve più adottate sono di protezione: il 79% ricorre al monitoraggio costante delle relazioni con i fornitori ad alto rischio; il 73% a multiple-sourcing per le forniture più critiche; il 60% a formule contrattuali di tutela; il 57% alla creazione di una blacklist di fornitori non idonei come forma di prevenzione; e il 49% attua forme di riduzione del budget d’acquisto per fornitori ad alto rischio.
Purtroppo lo scarso ricorso alle leve di prevenzione dimostra un livello di competenza medio-basso sul risk management, che si riflette nella scarsa capacità predittiva anche in termini di una scarsa sensibilità. Poche aziende intuiscono che la frequenza e l’impatto degli eventi sono in aumento.
Come ridurre la probabilità di interruzione delle forniture e come ridurre i danni
L’attenzione delle aziende troppo spesso viene dispersa verso causali poco significative in termini di riduzione del rischio di interruzioni come possono essere le avarie tecniche degli impianti; gli aspetti etici, sanitari e/o ambientali; la modifica di leggi e/o regolamenti; gli aspetti informativi; le conformità e certificazione che causano interruzioni dall’1 all’11% dei casi. Tutti aspetti certamente importanti ma non così rilevanti, come per le situazioni legate al default finanziario dei fornitori le interruzioni che si attestano al 44%, ma che sono monitorate solo nel 30% dei casi.
Questo aspetto pone un grande tema di deficit di cultura del rischio che si traduce in una scarsa sensibilità e in una difficoltà a focalizzare l’attenzione su ciò che davvero conta. Infatti, spesso si arriva ad adottare un sistema di monitoraggio dei rischi per evitare interruzioni, ma dopo che si è subìto una o più interruzioni di fornitura.
In ogni caso la ricerca ha dimostrato che si possono disporre di strumenti in grado di ridurre i principali rischi della supply chain, come il rischio default e come i rischi legati alle situazioni geopolitiche, attraverso il ricorso ad un approccio focalizzato e formalizzato, riducendo in questo modo sia la frequenza, sia le conseguenze degli eventi di interruzione.
SWITCH: come passare dalla reazione alla prevenzione
La cronaca legata alla crisi geopolitica tra Russia e Ucraina, che arriva in una situazione pandemica che pur mostrando qualche importante segnale di miglioramento continua a condizionare la vita sociale e professionale, impone alle imprese di agire e suggerisce di farlo sfruttando le opportunità che arrivano dalla tecnologia per evitare i tanti rischi che ancora minacciano le catene di fornitura.
In questo scenario, si colloca il ruolo della piattaforma SWITCH che è anche un importante tassello della strategia di gestione delle catene di fornitura di Streparava S.p.A.
Paolo Bentivoglio, Direttore Acquisti dell’azienda bresciana mostra come, grazie al coinvolgimento di molti manager aziendali e tramite un approccio algoritmico scientificamente sviluppato come quello di SWITCH si riesca a trasformare l’atteggiamento dell’azienda in chiave proattiva, anticipando i possibili worst events e mettendo in sicurezza la supply chain del gruppo industriale.
Sergio Baccanelli, IQ Consulting sottolinea come SWITCH sia una innovativa soluzione che permette di generare in maniera veloce ed affidabile una mappa del rischio della rete di fornitura. Grazie all’analisi dei fornitori attivi presenti nell’anagrafica, con la quantificazione delle probabilità di default finanziario di ciascuno, con la misurazione del possibile danno economico che ne può derivare.
Nello specifico SWITCH si occupa di analizzare il rischio finanziario di ogni fornitore, tramite l’utilizzo di un algoritmo consolidato di credit scoring che permette di quantificare il danno economico connesso, con un calcolo degli impatti operativi e con la classificazione dei fornitori per livello di rischio, tramite una mappa grafica, chiara e intuitiva.
La piattaforma supporta inoltre tutto il processo di gestione del rischio della fornitura, anche con servizi studiati appositamente per l’azienda mettendo a disposizione formazione specifica sui temi del risk management, della business continuity, del supply management, etc. e con una personalizzazione delle esigenze oltre a una valutazione estesa ad un portafoglio di fornitori definito, con possibilità di focus su casi specifici che richiedano approfondimenti per disporre di una mappa del rischio chiara e soddisfacente.
Dalla riduzione del rischio alla sostenibilità
Giorgio Vegetti, Direttore Procurement Intelligence del Gruppo CESI e Sergio Fumagalli, Senior Partner P4I, Team leader sostenibilità, portano l’attenzione sul caso CESI e su un governo della catena di fornitura che richiede sempre di più una focalizzazione crescente agli aspetti e agli eventi che non attengono solo ai rischi legati all’interruzione dei flussi fisici di materiali ma che impongono di presidiare anche il rischio reputazionale, la compliance dei fornitori alle leggi ed alle normative in merito all’ambiente, le tematiche relative al benessere dei lavoratori, alla sicurezza e alla protezione dati, etc.
Per questo occorre che questo approccio integrato sia capace di tenere sotto controllo anche ecosistemi di fornitura estesi a molte migliaia di soggetti, spesso di dimensioni e tipologie anche molto diverse. In questo scenario appare sempre più evidente la convergenza tra tematiche tipiche del risk management e tematiche di sustainability.
Rischio di fornitura, quali scenari e come affrontarlo
Il convegno ha completato il percorso di approfondimento con una tavola rotonda con la partecipazione di Franco Gussalli Beretta, Presidente Confindustria Brescia, Paolo Bentivoglio, Direttore Acquisti, Streparava S.p.A, Giorgio Vegetti, Procurement intelligence, Gruppo CESI, Marco Terzago, consigliere ANRA e Head of SKF Risk control group e Danilo Salvioni, Head of Procurement FENZI, rappresentante ADACI.
Supply chain e sostenibilità: serve un gioco di squadra e un commissario sui temi dell’energia
Franco Gussalli Beretta, Presidente Confindustria Brescia
Come viene vissuto il rischio di fornitura a livello di territorio? Quali sono gli impatti sull’ecosistema territoriale e come vedete, come Confindustria, la spinta all’evoluzione e al cambiamento delle supply chain?
Da diverse indagini possiamo osservare come la gestione delle supply chain stia prendendo una direzione diversa da quella del just in time e della globalizzazione che ha caratterizzato la storia recente. Il 39% delle aziende sta ripensando i propri parametri in termini di supply chain. E si tratta di un cambio di passo che risulta accelerato dalla pandemia da Covid-19 e dai tragici eventi che stanno caratterizzando questo periodo.
L’altro tema importante che deve essere posto in relazione con questo riguarda l’analisi della filiera. Una analisi realizzata insieme a Intesa San Paolo mostra che il tema del near shoring o della filiera corta è tornato in auge: un paio di anni fa il 66% delle aziende bresciane del comparto metalmeccanico si approvvigionava entro 50 km; un dato che forse allora poteva essere preoccupante, e che oggi al contrario rappresenta una forma di garanzia.
Come valutate le relazioni tra i temi del rischio di fornitura e i temi legati alla trasformazione industriale, alla necessità di gestire la transizione energetica e le richieste di sostenibilità e trasformazione digitale?
La “transizione ecologica” coinvolge in modo molto importante imprese e territori in un percorso che oggi è forse messo in parte in discussione a causa della crisi legata al rincaro delle materie prime ed energetiche e per il famoso Fit for 55 del settore automotive.
Il tessuto industriale attribuisce a questo tema una grande importanza: noi come imprenditori non siamo contrari al cambiamento, all’innovazione, ma dobbiamo farlo con pragmaticità e realismo. Occorre evitare scelte ideologiche e pensare che l’unica soluzione sia l’elettrico quando purtroppo al momento non è sostenibile in termini di supporto da parte di energie rinnovabili e a queste condizioni rischia di distruggere o disperdere competenze importanti.
Grande attenzione dunque alla transizione ecologica, ma evitando preconcetti e ideologie, per perseguire una neutralità tecnologica che permetta di individuare soluzioni adeguate a ogni tipo di mobilità. L’innovazione va ad una velocità incredibile e può portare possibilità che oggi non possiamo prevedere con certezza.
Peraltro, dal punto di vista energetico, l’aumento dei costi dell’energia elettrica è del 375% e incide sul sistema bresciano con un aggravio di costi di 1 miliardo e mezzo; il gas addirittura è aumentato del 600% quindi, se sommiamo i due incrementi dei costi e l’incidenza sul sistema economico locale si arriva all’ordine di grandezza di 2 miliardi e mezzo.
La sostenibilità è molto importante per accelerare questi processi, ma uno degli ostacoli che ci troviamo a combattere è che nei piani di trasformazione aziendale le fonti rinnovabili sono fondamentali: noi imprenditori industriali manifatturieri sposiamo questo cambiamento, ma servono le autorizzazioni, occorre realizzare impianti fondamentali per la transizione, ma purtroppo continuiamo a parlare di rinnovabili con progetti già sviluppati che non vengono approvati e non possono concretizzarsi.
Una delle nostre richieste riguarda la necessità di sburocratizzare, serve un commissario che valuti le situazioni in maniera adeguata.
Come valutate il tema del capitale umano in relazione a queste trasformazioni e ovviamente alla capacità di affrontare tematiche che incidono sul rischio di fornitura?
Il capitale umano costituisce la base delle aziende e, sia come imprenditore che come Confindustria, sottolineo la necessità di investire sempre più in formazione e competenze tecniche, su cui del resto troviamo grande attenzione anche a livello di PNRR. Nel sistema universitario poi stiamo lavorando per avvicinare ulteriormente il mondo della formazione a quello delle imprese.
Il ruolo determinante del procurement, anche per gli obiettivi di sostenibilità
Paolo Bentivoglio, Direttore Acquisti, Streparava S.p.A
Il ruolo del procurement appare oggi sempre più importante, sia per una corretta gestione del rischio di fornitura, sia più in generale, per un presidio più attento e completo di tutte le tematiche che risiedono sulle catene di fornitura.
Mai come in questo periodo il ruolo del procurement è centrale. Negli ultimi due anni abbiamo assistito a tre eventi che nessuno di noi si aspettava. All’inizio 2020 la pandemia, l’anno scorso la contingenza di materie prime e l’incremento dei costi, non da ultimo quest’anno, la guerra russo-ucraina. Eventi che hanno cambiato anche la nostra modalità di pensiero e azione.
All’apparenza near shoring e reshoring potrebbero apparire soluzioni antieconomiche rispetto alle opportunità che si aprono in paesi a basso costo. Questo però solo a livello superficiale, perché i costi della supply chain vanno valutati nella sua interezza.
Un eventuale rischio di interruzione di fornitura di un paese nel sud est asiatico porta a costi aziendali che possono essere molto più alti rispetto ad una apparente diseconomia legata al fatto di creare un backup europeo o italiano per mitigare situazioni di rischio.
Le scelte strategiche che governano queste decisioni devono però essere di medio-lungo periodo.
In Streparava cerchiamo di rendere strutturato e strutturale questo approccio, non casuale, e lo facciamo coinvolgendo tutta la struttura aziendale, tutta la catena del valore anche per la preparazione dei dati, affinché l’analisi che effettuiamo grazie a Switch sia il più efficace possibile. Nel nostro caso, il procurement ha guidato la scelta ma abbiamo coinvolto anche i reparti qualità, ricerca e sviluppo, le vendite perché deve essere un processo strutturato con grandi basi di conoscenza.
Il ruolo del procurement appare sempre più collegato alla funzione di Risk Management. Cosa vuol dire passare oggi da un risk management statico a uno dinamico e flessibile, in grado di affrontare tante e diverse situazioni?
Rendere e trasformare un sistema statico ad uno dinamico è un po’ come trasformare una fotografia in un video. Solitamente il risk management lo intendiamo come una istantanea di una situazione in un certo momento dell’anno che poi viene messa a confronto con altre. Oggi gli scenari cambiano continuamente e i fattori di rischio sono più numerosi ed è importante dare movimento a questa istantanea coinvolgendo in modo dinamico tutta la struttura aziendale. La gestione del rischio deve diventare un programma di lavoro continuativo e non può restare confinato nei limiti di un progetto isolato.
Quali relazioni vedete tra i temi della gestione del rischio di fornitura e quelli della sostenibilità e dell’ESG? Possiamo dire che un buon lavoro a livello di risk management è la premessa per un buon lavoro a livello di ESG?
Ovviamente la supply chain non è l’unico elemento per un buon programma ESG, ma è una parte molto rilevante e ci troviamo sempre più a confrontarci con quelle dimensioni.
Ma è importante sfatare due miti: siamo cresciuti con due slogan “piccolo è bello” e “radicato sul territorio va bene”. Dal nostro punto di vista, piccolo non permette di fare investimenti adeguati e spesso non permette di confrontarsi con la complessità attuali. Dall’altro lato, il radicamento sul territorio a volte non permette di competere su mercati globali: per essere sostenibile un’azienda deve essere radicata su più territori, deve saper mediare e gestire diverse culture per sviluppare al meglio il business.
Rischio di fornitura e mondo dei servizi
Giorgio Vegetti, Procurement intelligence, Gruppo CESI
Come si configura il rischio di fornitura per una azienda che mette a disposizione servizi ad alto valore aggiunto?
Come gruppo CESI abbiamo catene molto corte e il rischio di fornitura lo viviamo allargando il concetto ad altri aspetti, non banali nel contesto quotidiano, come il rischio reputazionale ed etico: per noi, la valutazione di un fornitore dipende anche dagli aspetti della responsabilità sociale. Inizialmente, la valutazione di un fornitore sotto l’aspetto etico, la lasciavamo alla funzione di Internal Audit, noi ci limitavamo a controllare che il candidato fornitore avesse le corrette qualità professionali.
Gli aspetti legati all’automatizzazione dei processi e alla digitalizzazione sono poi fondamentali. La situazione odierna ha impone di avere un approccio strutturato, per far evolvere il ruolo del procurement dalla funzione che negozia merci e servizi al minor prezzo possibile ad una funzione strategica dell’azienda che interagisce con finance, ingegneria e risk manager, il che passa attraverso anche la digitalizzazione dei processi.
Il rischio di fornitura e ESG, che prospettive vedete?
L’ESG è un altro trend importantissimo. Noi ci crediamo con tutte le difficoltà del caso, anche se è un messaggio che talvolta può essere difficile da far passare. Uno degli otto principi della qualità suggerisce di stabilire un reciproco vantaggio con i fornitori: il controllo della filiera da questo punto di vista è fondamentale anche nel raggiungimento di risultati significativi in termini di ambiente, di governance e di sostenibilità.
Più attenzione nella scelta dei fornitori per ridurre i rischi
Marco Terzago, consigliere ANRA e Head of SKF Risk control group
Le “frontiere del rischio” si sono estese e l’interconnessione tra rischi diversi ha aumentato l’esposizione delle aziende. Come cambia la gestione del risk management?
Il 2022 ha portato con sé le ripercussioni di diverse crisi emergenziali e l’intero ecosistema della gestione del rischio si è trovato, di fronte ad una situazione pandemica non ancora superata, a confrontarsi con scenari che hanno fatto saltare i paradigmi anche con sviluppi imprevedibili. Nessuno può considerarsi completamente al sicuro. Da un punto di vista assicurativo, abbiamo visto tornare clausole di guerra e di pirateria. Aumenta la consapevolezza di vivere un mondo più complesso e fragile e bisogna imparare, studiare, valutare nuove tecniche di gestione dei rischi.
Rispetto alle tematiche di sostenibilità con l’individuazione del fornitore chiave, occorre anche definire gli aspetti ESG e gli aspetti di governance in funzione di possibili scenari.
In particolare come gruppo SKF abbiamo intrapreso un percorso che ci ha portato a focalizzarci sui processi ad alto valore aggiunto e alta competenza e abbiamo obiettivi net zero nelle operation entro il 2030, e net zero a livello di supply chain entro il 2050.
Dagli acquisti all’ESG: la strategia del procurement
Danilo Salvioni, Head of Procurement FENZI, rappresentante ADACI
Il patrimonio di conoscenze di cui dispone il procurement pone questa funzione al centro di scelte sempre più strategiche sia in relazione al rischio di fornitura sia nella trasformazione delle imprese
Fenzi è una società multinazionale attiva nel mondo del vetro, recentemente abbiamo acquistato una realtà nell’automotive che produce vernici e ceramiche. Relativamente al rischio di fornitura e al cambiamento degli scenari, l’attività del procurement è cambiata nel corso degli ultimi due anni con un’accelerazione positiva.
Questa situazione di emergenza ci ha permesso di velocizzare alcuni processi di crescita e stiamo chiedendo ai nostri buyer e responsabili di acquisti di essere delle vedette e degli attenti osservatori di ciò che succede nel mercato.
Prima si conosce un problema, prima si coglie un segnale e prima si possono ipotizzare degli interventi per evitare crisi. Ma la fortuna delle aziende italiane è quella di essere molto elastiche, sappiamo reagire più velocemente degli altri, magari in modi meno organizzati e più time consuming ma più efficacemente.
La pandemia è stata un punto di rottura per quanto attiene la gestione dei rischi. Qualcuno dei nostri uffici ha osservato che “questa pandemia ha dato una svolta” e al nostro interno era iniziato da tempo un percorso nel quale si era cercato di mappare le catene di fornitura dei nostri fornitori che si sono rafforzate e consolidate.
L’evoluzione nella gestione delle catene di fornitura arriva in un periodo in cui la trasformazione industriale deve rispondere anche alla domanda di sostenibilità e molte imprese hanno i criteri ESG nel loro orizzonte. Come vede l’integrazione tra risk management e ESG?
Ci sono una serie di materie prime e semilavorati non soggetti al nostro controllo ma che subiscono delle evoluzioni nel tempo. L’elettrificazione comporta un massiccio utilizzo di litio o il diossido di manganese che ora sono sottoposti a rincari notevoli.
Queste problematiche vanno scoperte e gestite in anticipo prima che possano diventare problemi. E vanno affrontate con forme di R&D che nell’ultimo anno e mezzo ha subito a sua volta una trasformazione. In termini di Risk management e sostenibilità i nostri clienti iniziano a considerare con attenzione l’ESG, ma va detto che vediamo una focalizzazione speciale sulla E di Environmental e perché si possa assistere a un salto di qualità occorrono stimoli normativi.