Come sta cambiando il ruolo dei sustainability manager nelle imprese? Quanto e come si sta facendo sentire la necessità di misurare e rendicontare i risultati? Come sta evolvendo il sustainability management in funzione dei cambiamenti a livello di normative, di adempimenti, di necessità legate alle emergenze geopolitiche, economiche e sociali? ESG360.it ha voluto creare una occasione di confronto con sustainability manager attivi in diverse realtà per dare vita a un confronto sul rapporto tra sostenibilità e competitività e per tracciare il profilo attuale di questa professione.
Con questo servizio desideriamo mettere a disposizione una serie di spunti allo scopo di fornire un quadro di riferimento utile alla comprensione di come sta evolvendo questa professione e dei temi principali che sono oggi all’attenzione di queste figure. Alla tavola rotonda hanno partecipato
- Luciano Pirovano, Global Sustainable Development Director Food, Bolton Group
- Pietro Gasparri, Unieuro, Sustainability and M&A Director
- Marco Guazzoni, Vibram, Sustainability Director
- Enrica Tomei, Accor, CSR Manager Italy, Greece, Israel & Malta
- Gianluca Randazzo, Banca Mediolanum, Head of Sustainability
- Fabio Colli Medaglia, Eurostampa, Innovation & Sustainability Manager
- Veronica Bovo, HIND Holding Industriale, Chief Sustainability Officer
- Federica Tommasi, Terminal Darsena Toscana, Environmental, Sustainability & Energy Manager
- Cesare Guarini, Sustainability procurement
Lo scenario del sustainability management
Da Luca Grassadonia, ESG Senior Consultant di P4I e Sergio Fumagalli, Senior Partner P4I, Team leader sostenibilità, sono arrivate indicazioni sui punti di riferimento per il sustainability management.
Tra i temi che determinano oggi lo scenario nel quale si muovono le figure aziendali incaricate di pilotare il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità e di contribuire alla trasformazione delle imprese certante lo scenario normativo e le evoluzioni delle problematiche geopolitiche assumono una grande importanza.
Le novità legate alla Corporate Sustainability Reporting Directive
Luca Grassadonia, ESG Senior Consultant di P4I
Luca Grassadonia, ESG Senior Consultant di P4I porta l’attenzione tra i vari punti verso la nuova Direttiva UE “Corporate Sustainability Reporting Directive” (CSRD) che estende l’obbligo di reporting della sostenibilità alle aziende private. L’ambito di applicazione di questa normativa è esteso a tutte le aziende che ricadono nella definizione di grande impresa secondo la direttiva contabile europea. La soglia che stabilisce la dimensione delle imprese coinvolte è legata al superamento di due dei seguenti criteri: 20 milioni di euro di totale attivo, 40 milioni di euro di fatturato, più di 250 addetti medi annui. La nuova normativa è destinata ad interessare in Italia circa 5.000 imprese contro le 200 aziende che attualmente sono impegnate nel reporting di sostenibilità. In termini di applicazione temporale, la Direttiva fissa la scadenza nel 2025 (con il primo report all’inizio del 2026). Quelle che invece ricadono già sotto l’obbligo della DNF (Dichiarazione Non Finanziaria) hanno la scadenza anticipata al 2024.
Standard di reporting di sostenibilità UE su tutte le tematiche ESG
Concretamente l’informativa relativa alla sostenibilità dovrà essere collocata in una sezione ad hoc che dovrà essere identificabile all’interno della Relazione sulla Gestione, integrata nel bilancio contabile. L’Unione Europea avrà propri standard di reporting di sostenibilità su tutte le tematiche ESG, con standard che saranno improntati ad una prospettiva multi-stakeholder. Si tratta di un approccio orientato verso l’investitore con una “doppia” natura: generica, ovvero, “sector agnostic” e settoriale, ovvero “sector specific”.
La Direttiva estende inoltre a tutti i report di sostenibilità l’obbligo di essere assoggettati alla cosiddetta “limited assurance” nella prospettiva di raggiungere una “reasonable assurance” del bilancio finanziario in un lasso di tempo specifico. La prospettiva futura è quella di arrivare allo stesso livello di asseverazione del bilancio contabile. Rispetto alla situazione attuale inoltre, dove l’obbligo esiste solo in Italia e in Francia e in parte in Spagna, per le aziende soggette alla DNF, quest’obbligo ora viene esteso a tutti i paesi.
Rendicontare il percorso della sostenibilità in modo più strutturato
La nuova normativa è stata indotta dai cambiamenti dello scenario globale che hanno introdotto nuovi rischi e opportunità. Uno scenario che ha determinato il passaggio da una fase sperimentale ad una più evoluta della normativa che prevederà impegni più importanti in futuro. In particolare, si prevedere l’impegno per le aziende di strutturare il bilancio contabile sulla relazione di gestione e il report di sostenibilità in modo integrato e allineato. A tutto questo si aggiunge la richiesta di rendicontare il percorso della sostenibilità in modo più strutturato. Progressivamente anche il report di sostenibilità avrà più contenuti definiti e standardizzati; sarà confrontabile con aziende del settore e diventerà un elemento di valutazione dell’azienda anche sotto il profilo finanziario.
Si tratta, come appare evidente di trasformazioni che incidono sul cambiamento del ruolo del Sustainability Officer che, da ruolo con alcune componenti ancora sperimentali, assume sempre più un ruolo definito e decisamente più incisivo sulle strategie aziendali.
Creare valore anche grazie alla mediazione tra diversi combiamenti
Sergio Fumagalli, Senior Partner P4I, Team leader sostenibilità
Le aziende sono soggette ad una duplice spinta, spiega Sergio Fumagalli, Senior Partner P4I, Team leader sostenibilità e il Sustainability Officer si trova all’incrocio tra queste forze: da un lato un cambiamento di scenario, di mercato o di value chain; dall’altro un cambiamento che incide sulle istituzioni e che impatta sulle imprese, attraverso la regolamentazione del mercato finanziario, con effetti sul capitale e sul credito. Gli operatori in qualsiasi settore saranno tenuti a farsi carico di questi rischi ESG che sono strettamente collegati al cambiamento di scenario. Ed è ragionevole prevedere una spinta di mercato a cui si unisce una spinta di compliance normativa nella forma di due fenomeni che sono destinati, assieme, a interessare un numero di aziende molto più elevato rispetto al passato.
Per comprendere la portata di questa prospettiva occorre considerare che si sta profilando un futuro molto diverso rispetto a quello attuale. La differenza è rilevante in particolare se si pensa alla differenza rispetto a una situazione in cui si sceglieva di affrontare la preparazione di un bilancio di sostenibilità in forma volontaria con contenuti discussi e in riferimento a standard riconosciuti, ma senza un “assogettamento” ad un vincolo formale. Ora, da questa situazione si passa a una rappresentazione aziendale formale e vincolante, che presenta impatti significativi in termini di accesso al credito e al mercato dei capitali. E anche su questo scenario incide in modo sempre più determinante il ruolo e l’impegno del Sustainability manager.
Più la sostenibilità si avvicina al business più cresce il ruolo del sustainability manager
Il sustainability manager si presenta come una figura che in molte aziende ha raggiunto una sua fisionomia e un suo consolidamento, sia grazie alla crescita dell’importanza della sostenibilità in generale sia per la comprovata influenza sul business.
In una prima fase le aziende hanno individuato persone interne per questo ruolo, spesso facendo leva anche su motivazioni e competenze specifiche e si è vissuta una stagione caratterizzata da una spinta proveniente prevalentemente dal basso: la persona prescelta doveva mostrare un forte interesse verso la sostenibilità, doveva contare su una certa credibilità aziendale e affrontare una specifica preparazione. Sulla base di questi criteri si assumeva il ruolo di Sustainability Manager con una serie di responsabilità e impegni tra cui quella di produrre annualmente un bilancio di sostenibilità.
Rispetto a questa situazione il Sustainability manager vive una sua importante evoluzione, ha raggiunto un ruolo fondamentale nell’ambito del gruppo dirigente, con un percorso molto significativo in termini di acquisizione di competenze da rappresentare e coltivare. Il Sustainability management ha sempre più il compito di affrontare temi diversi con tutte funzioni e le direzioni aziendali coinvolte, gestendo tematiche di natura ambientale, sociale e di governance con le quali deve contribuire alla definizione della strategia di business.
Sustainability management tra reporting e strategia
In questo scenario il ruolo del Sustainability manager si trova a dover gestire due istanze che sono particolarmente importanti in funzione delle aziende nelle quali si manifestano: da una parte c’è la necessità sempre più importante del reporting e quindi la produzione dei bilanci di sostenibilità che si sostanzia nella capacità di gestire ad esempio il rischio climatico anche attraverso il rispetto di un framework regolamentare sempre più complesso e dall’altra c’è l’azione legata al contributo del sustainability manager alla definizione delle strategie di business. Due funzioni che col crescere della dimensione aziendale e del ruolo della sostenibilità sul business tendono a richiedere figure professionali specifiche considerando che gran parte del ruolo del sustainability manager tende ad essere sempre più concentrato sul core business e sulla strategia delle aziende.
Una delle principali difficoltà di questo processo è però legata alla necessità per le imprese di riflettere sul tema della sostenibilità in modo indipendente da schemi predefiniti. In questo senso il ruolo del Sustainability Manager non può e non deve essere nemmeno legato al solo report di sostenibilità, ma genera valore nel momento in cui interagisce con i livelli più alti dell’azienda per una vera e completa valutazione dell’impatto aziendale e per la sua evoluzione nel tempo.
Sustainability manager a confronto – la tavola rotonda
Come è cambiata l’agenda della sostenibilità e come sta evolvendo il ruolo del sustainability manager?
Luciano Pirovano, Global Sustainable Development Director Food, Bolton Group
Nella Business Unit Food di Bolton Group, azienda multinazionale familiare italiana impegnata da oltre 70 anni, nella produzione e distribuzione di beni di largo consumo (produttrice tra l’altro del tonno Rio Mare n.d.r.) nelle categorie alimentari, cura della casa, adesivi, cura del corpo e cosmetica – il percorso di sostenibilità è iniziato da tempo. Luciano Pirovano, Global Sustainable Development Director Food ripercorre alcune delle tappe principali: “ho iniziato a occuparmi di questi temi nel 2007 quando ero Direttore Marketing International e ho iniziato ad interfacciarmi con mercati esteri sensibili al tema della sostenibilità come Svizzera, Austria, Germania e i Paesi del Nord. Il nostro principale stakeholder era rappresentato dai retailers, e ha iniziato a chiederci informazioni sui nostri piani e i nostri impegni in questo senso. Ma contemporaneamente, – ricorda – un altro stakeholder importante ha iniziato ad esercitare pressione ed erano le organizzazioni ambientaliste come Greenpeace e WWF”.
Pirovano sottolinea poi che internamente all’azienda, a partire dalla proprietà, si è creato un rapporto di fiducia che ha sostenuto con energia l’impegno verso la sostenibilità. “L’azienda si è indirizzata verso un approccio strategico che non contemplava solo la massimizzazione del profitto come scopo, ma – precisa – allargava il proprio impegno alla responsabilità sociale ed ambientale. E quello che abbiamo definito è stato un percorso strategico globale e una trasformazione basata su principi scientifici orientati alla creazione di valore condiviso con e per tutti i nostri stakeholder”.
Pirovano ripercorre poi altri passaggi: “Nel 2009 siamo stati tra i membri fondatori di International Seafood Sustainability Foundation (ISSF), (per maggiori informazioni qui) vale a dire quella che ad oggi è l’ONG più rilevante per la sostenibilità della pesca e del tonno e una delle principali autorità riconosciute a livello globale nel settore ittico. A questa fondazione collaborano i più autorevoli scienziati e biologi marini, diverse ONG (tra cui il WWF International) e il 75% delle aziende leader dell’industria conserviera del tonno”. L’obiettivo di ISSF è di aiutare le attività legate alla pesca a livello globale affinché raggiungano i criteri di sostenibilità fissati dalla certificazione Marine Stewardship Council (MSC), promuovendo iniziative basate su dati scientifici per la conservazione del tonno, riducendo tutte le forme di pesca che possono danneggiare l’ecosistema marino.
Pirovano ricorda poi che nel 2016 Bolton Food ha siglato una partnership trasformativa con il WWF per ridisegnare gli standard di sostenibilità e promuovere una forma di pesca responsabile con l’avvio di attività finalizzate a raggiungere il 100% di approvvigionamento sostenibile entro il 2024. “Un percorso che è oggi al 70-75% dei propri obiettivi. Nel 2020 è stata infine siglato un’altra partnership strategica e multi Paese con Oxfam, una confederazione internazionale di diverse organizzazioni non profit attive nella riduzione delle disuguaglianze. Si tratta in questo caso – conclude – di un percorso che si è focalizzato sui temi più materiali, creando valore condiviso anche con gli stakeholder più critici”.
Pietro Gasparri, Unieuro, Sustainability and M&A Director
Per Pietro Gasparri, Sustainability and M&A Director di Unieuro il nuovo contesto macro-economico e geopolitico in cui ci troviamo ad operare sta impattando molti settori fra cui il Retail. “Nel mondo Unieuro lo stiamo vivendo direttamente: dopo due anni di performance eccellenti, ora stiamo assistendo a un rallentamento generale del mercato di riferimento. In questo contesto, a metà maggio, l’azienda ha presentato il suo primo piano di sostenibilità, basato su un timing quadriennale per allinearlo alla durata del piano strategico che era stato presentato l’anno prima”. Gasparri tiene a sottolineare l’importanza del forte collegamento fra i due piani: i progetti, i target e gli obiettivi del piano di sostenibilità sono in piena coerenza con i 4 pilastri ESG e con gli investimenti previsti nel piano strategico. “Abbiamo un orizzonte temporale di quattro anni ed il commitment per realizzare le azioni del piano è molto forte”.
Relativamente all’evoluzione del Sustainability Manager Gasparri tiene a sottolineare prima di tutto il proprio percorso nell’ambito dell’analisi finanziaria all’interno di una importante banca d’affari italiana, un percorso che ha rappresentato l’attività primaria per circa 20 anni durante i quali ha iniziato ad occuparsi di sostenibilità a partire dal 2008 focalizzandosi, in particolare, sull’integrazione delle variabili ESG nei modelli di valutazione degli analisti. Gasparri sottolinea in generale che sino a qualche anno fa il Sustainability Manager era prevalentemente impegnato nelle attività connesse alla redazione dei documenti che rendicontavano l’impegno sostenibile della società (bilancio sociale, ambientale, di sostenibilità o dichiarazione non finanziaria), mentre adesso sta registrando una importante evoluzione sia in termini di competenze, sia in termini di rilevanza negli organigrammi aziendali; ciò va di pari passo con l’importanza crescente che la sostenibilità sta assumendo a livello strategico e di governance. In molte realtà il Sustainability Manager, sta divenendo una delle figure centrali, con un coinvolgimento diretto nella definizione dei piani strategici e nei processi di trasformazione del modello di business grazie alla trasversalità del suo ruolo.
Marco Guazzoni, Vibram, Sustainability Director
Con Marco Guazzoni, Sustainability Director di Vibram si entra in una dimensione che affonda le sue radici in un rapporto molto stretto con l’ambiente, con l’outdoor e con la montagna in particolare. “Vibram – spiega – è un’azienda che si può definire “padronale” con un’attenzione sia al sociale sia all’ambiente, che arriva dal rapporto con la montagna e con la natura. Un rapporto che è strettamente legato alla vocazione dell’azienda ovvero alla produzione di suole professionali per calzature con una specializzazione nel mondo sportivo e negli ambiti della sicurezza sul lavoro”. Questo rapporto con l’ambiente è sempre stato vissuto con un forte senso di responsabilità e “da circa cinque anni abbiamo iniziato a dare vita a una strategia di sostenibilità che ha avuto anche il compito di unire e orchestrare le tante azioni che l’azienda già aveva attuato, ma che erano spesso slegate tra loro”. Nello specifico poi questo percorso ha seguito una sua dinamica che Guazzoni tiene a sottolineare è stata caratterizzata da “un’evoluzione leggermente diversa rispetto ad altre aziende con cui mi confronto: noi non abbiamo la stessa pressione a fornire una rendicontazione per i nostri investitori e siamo invece molto più orientati al consumatore finale per aiutarlo a comprende che i nostri prodotti sono sostenibili, in modo chiaro e trasparente”. Guazzoni osserva che in generale la crescita di interesse verso la sostenibilità è senza dubbio positiva, ma ha spesso creato anche accelerazioni e spinte che hanno portato a richieste disorganiche, mentre a nostro avviso “è fondamentale avere un piano e un percorso chiari con obiettivi da raggiungere in una prospettiva di continuità”.
“Penso – prosegue – che negli ultimi due anni questa attività sia diventata un po’ più caotica a causa di richieste disomogenee dai clienti che non sempre hanno le idee chiare sul tema. Ma nello stesso tempo il grande aumento di attenzione sulla sostenibilità ha spinto investimenti e la trasversalità del tema per tutte le funzioni aziendali è aumentata. Nello specifico in Vibram – ricorda – sino a cinque anni fa mi occupavo “da solo” di questi temi, adesso questi obiettivi sono rilevanti per tutte le funzioni aziendali con un forte endorsement che arriva dal top management”.
C’è una evoluzione che riguarda anche la focalizzazione su temi specifici. “A mio avviso – prosegue nella sua analisi – ci si sta concentrando su aspetti più rilevanti, come la ricerca di prodotti biodegradabili, come una R&D in grado di garantire una maggiore durabilità dei prodotti, come l’introduzione di metodiche che ci portano verso forme di economia circolare. In generale assistiamo alla definizione di nuove priorità. In questo senso ci sono elementi che segnano questo passaggio”. Guazzoni sottolinea poi che “Serve un’attenzione diversa e occorre prestare una maggiore coerenza perché possiamo contare su una maggiore visibilità. Le dichiarazioni, le comunicazioni – osserva – vanno sostenute e sostanziate, occorre comunicare bene, in modo preciso, con la massima affidabilità, occorre esporre dati dati, con un’impegno che deve essere anche di ispirazione”.
Rispetto al rapporto con i mercati, Guazzoni osserva che per un’azienda di produzione tipicamente si presentano diversi livelli: il rapporto con i partner commerciali, con il mondo B2B e con i consumatori finali. “L’obiettivo di Vibram – tiene a precisare Guazzoni – è quello di avere un rapporto forte con i clienti finali, con chi usa la scarpa in montagna, con chi sfrutta la nostra capacità di innovazione ed è coinvolto nelle nostre iniziative di sostenibilità. Il calzaturificio, le imprese e i partner B2B sono naturalmente importantissimi e abbiamo rapporto strategici con tutti i nostri partner, tuttavia siamo molto attenti ai clienti finali, alle loro esigenze, all’evoluzione dei gusti e delle preferenze. Il problema che avvertiamo, da azienda leader di mercato nel mondo della suola, è l’importanza di avere una visione, un percorso, degli obiettivi e una roadmap per raggiungerli sistematicamente”.
Enrica Tomei, Accor, CSR Manager Italy, Greece, Israel & Malta
Nel mondo del turismo e dell’ospitalità i temi della sostenibilità vanno affrontati con un’attenzione speciale al contesto vissuto da questo comparto. “Veniamo da due anni di pandemia che ci hanno segnato molto – osserva Enrica Tomei, Accor, CSR Manager Italy, Greece, Israel & Malta -. In particolare, per il settore dell’hospitality, sono stati due anni molto pesanti. Il vantaggio di una realtà forte come Accor, multinazionale alberghiera con un’offerta che va dai marchi di lusso alla super economy, è quello di partire da una forte solidità in termini di cultura aziendale e di sostenibilità, con un impegno che risale al 1994. Accor ha creato il primo dipartimento di sviluppo sostenibile in quegli anni e ha vissuto una evoluzione nella quale si è prestata grande attenzione sia alla crescita di sensibilità verso questi temi sia al ruolo sempre più importante che è svolto dalla normativa. In questo senso – prosegue Tomei – Accor ha scelto di lavorare per giocare di anticipo, per analizzare esigenze e tendenze e prepararsi prima che diventassero obblighi normativi”.
Rispetto a questa strategia ci sono ambiti particolarmente significativi: “Giusto per fare un esempio – spiega – , nel momento in cui l’opinione pubblica ha concentrato l’attenzione sui temi legati all’eliminazione della plastica monouso Accor ha mostrato di averla già eliminata come componente di diversi servizi e di aver già identificato diverse soluzioni alternative sostenibili. La logica è quella di agire non in reazione e adempimento alla normativa vigente, ma anticipandone le richieste”. Tomei ricorda poi che per quanto riguarda la normativa l’azienda è una casa madre francese e ha una presenza globale e oltre alla normativa transalpina è impegnata nel rispetto delle normative relative ai paesi in cui è presente con le proprie strutture.
Ma un tema chiave, in merito al ruolo e alla professione del sustainability management, è per Enrica Tomei sul fattore tempo. “La sfida è nella necessità di accelerare e di agire rapidamente. Per questo Accor conta su un piano di sostenibilità che è pensato per coinvolgere tutte le realtà e tutte le funzioni e ha assegnato ad esempio sette priorità strategiche ad ogni Hotel. La presenza di un Sustainability Chief Officer a livello di top management ha rappresentato un passaggio fondamentale per far entrare la sostenibilità nella strategia del gruppo in ogni campo e in ogni settore: dal procurement, al marketing, dalle operation al finance etc. per arrivare ai dipartimenti e ai sotto dipartimenti. Un aspetto questo fondamentale per garantire il vero raggiungimento degli obiettivi in ogni area con una logica da ecosistema, in cui ciascun attore contribuisce al raggiungimento di obiettivi comuni.
“A giugno poi – prosegue Tomei – è stata lanciata la School for Change by Accor, una piattaforma di contenuti scientifici legati alla sostenibilità dove viene erogata formazione di oltre tre ore a tutti i collaboratori di qualsiasi livello. Questo per creare una vera cultura legata alla sostenibilità e per migliorare la comprensione di tutti temi legati al raggiungimento di obiettivi comuni di sustainability. Il tutto considerando l’importanza fondamentale che può avere l’impatto di ciascuno di noi, anche singolarmente in ogni scelta e attività”.
Un ultimo aspetto non meno importante riguarda anche l’approccio complessivo ai temi della sostenibilità: “Accor sostiene che nella sostenibilità non esiste competitività – conclude – ma tutto deve essere basato su nuove forme di collaborazione. L’obiettivo è comune ed è la salvaguardia del pianeta e solo se si creano forme di collaborazione attive e articolate si possono raggiungere risultati veramente significativi in tempi veloci”. In questo senso si collocano ad esempio la scelta di Accor di partecipare alla Sustainable Hospitality Alliance (qui per maggiori informazioni), una organizzazione che comprende 14 compagnie alberghiere, tra cui anche Hilton, Hyatt, IHG Hotels & Resorts, Marriott International, Radisson Hotel Group e altre con l’obiettivo di creare e attuare azioni che permettano all’industria dell’ospitalità di avere un impatto sempre più positivo sia verso l’ambiente sia verso i territori e la dimensione sociale.
Gianluca Randazzo, Banca Mediolanum, Head of Sustainability
Con Gianluca Randazzo, Head of Sustainability di Banca Mediolanum si allarga lo sguardo al mondo banking dove ci sono alcuni elementi sui quali prestare una attenzione particolare. Randazzo ha in particolare approfondito i temi legati agli obiettivi di sostenibilità e dell’ESG nell’ambito di un servizio nel quale ha fatto presente come la banca abbia lavorato su una strategia finalizzata a raggiungere un approccio sostenibile al business basato su quattro livelli di responsabilità: la responsabilità economica, la responsabilità verso i clienti e verso i collaboratori a cui si unisce la responsabilità verso l’ambiente e verso la collettività. Randazzo sottolinea che Banca Mediolanum è nata con un approccio nativamente stakeholder oriented, che mette subito al centro la persona. La visione e la prospettiva di Gianluca Randazzo è approfondita nel servizio Persone e ambiente al centro: la sostenibilità vista da Banca Mediolanum.
Fabio Colli Medaglia, Eurostampa, Innovation & Sustainability Manager
Con Eurostampa si affronta il rapporto tra sostenibilità e mondo della produzione industriale. L’azienda, attiva in provincia di Cuneo, produce etichette autoadesive e fornisce clienti nel mondo del beverage e del largo consumo in tutto il mondo. Fabio Colli Medaglia, innovation & Sustainability Manager ricorda come i temi della sostenibilità siano partiti da richieste specifiche che sono arrivate dal mercato, in particolare da parte di clienti di grandi dimensioni nel mondo del beverage che hanno espresso la necessità di raggiungere i loro risultati di sostenibilità anche attraverso il contributo della loro catena di fornitura. Dunque, un primo input è arrivato dalle logiche di procurement dei clienti e ha prodotto un riscontro positivo in termini di introduzione di azioni e di una organizzazione che fosse in grado di fornire anche questo tipo di supporto ai clienti. Colli Medaglia sottolinea l’importanza di questo passaggio, ma anche le difficoltà di affrontarlo e gestirlo. “Sono convinto che sia necessario far crescere una competenza sul sustainability management a livello di top management. In particolare, la sostenibilità può essere letta in tanti modi diversi, si tratta in diversi casi di un adempimento e di una opportunità di business e di sviluppo, ma perché possa portare risultati veramente significativi deve essere il frutto di una collaborazione fattiva con clienti e fornitori”. Anche Colli Medaglia parla di un “gioco di squadra” e sottolinea che “viviamo una situazione in cui non ci sono shareholder o fondi di investimento a cui rendere conto, ma lo stakeholder principale su questi temi sono i clienti e con loro c’è un confronto molto attento”.
Come è cambiata la funzione e come sono cambiate le priorità in questo contesto? Per Colli Medaglia non ci sono cambiamenti significativi in termini di “ruolo” mentre ci sono e sono molto importanti in termini di intensità di lavoro e di mole di progetti. “Anche se non abbiamo obblighi verso soggetti terzi o vincoli verso enti regolatori ci interfacciamo costantemente con i clienti che chiedono, ad esempio con urgenza LCA di prodotti legati a una specifica fornitura con tempistiche a cui non è facile rispondere”.
Lo scenario certamente impegnativo presenta una serie di prospettive positive: “fa piacere vedere che queste richieste sono aumentate, è un segnale forte che la tematica sta prendendo piede e che le aziende hanno bisogno di dati e fatti per evitare rischi di greenwashing. E a testimonianza di quanto stia crescendo questa attenzione, ricevo domande sempre più dettagliate legate ai processi di produzione, alla scelta dei materiali, al ciclo di vita dei prodotti. I nostri stakeholder si stanno strutturando per affrontare questa tematica in maniera seria. E anche per questo mi ritrovo al 100% sul fatto che la sostenibilità riguarda tutti noi e che si costruisce in una logica di filiera o di ecosistema. L’obiettivo è comune e il lavoro per raggiungerlo deve essere a sua volta comune”.
Veronica Bovo, HIND Holding Industriale, Chief Sustainability Officer
Con Veronica Bovo, Chief Sustainability Officer di HIND, Holding Industriale si affronta il tema della sostenibilità su più ambiti industriali con un’attenzione particolare al settore fashion. “Il nostro è un progetto industriale e non finanziario e lo sguardo è sul lungo termine, al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità associati al piano industriale e alla crescita. L’obiettivo – osserva – è far crescere il Made in Italy in diversi settori tra cui moda, food and beverage e automotive. In questo contesto il mio ruolo come Chief Sustainability Officer è su tutte le linee di business e una delle sfide che sono state lanciate e realizzate è la predisposizione di un piano strategico di sostenibilità a quattro anni integrato e trasversale a tutte queste aree. Un obiettivo che ci vede affrontare sfide anche molto diverse con un comune framework di riferimento”.
Il cambiamento del ruolo è importante e vede una attenzione a 360 gradi verso la sostenibilità. “Se prima la sostenibilità – racconta – aveva un focus forte sulla parte ambientale con tanta attenzione, ad esempio, all’utilizzo di sostanze chimiche a cui è seguito una attenzione altrettanto forte alle emissioni di CO2, adesso c’è una visione più ampia conseguente anche alla redazione del bilancio di sostenibilità, agli obiettivi legati a scope 1,2 e 3 a cui si è aggiunta l’attenzione alla componente sociale, molto più “intangible”. Quello che vedo – prosegue – è un orientamento ad aumentare la sensibilità anche sulla componente di governance”. E il tema della governance assume per Veronica Bovo un ruolo particolare: “Se non si parte da qui non si raggiungono veramente gli obiettivi. Per il nostro gruppo – afferma -, la governance è fondamentale anche in considerazione dell’organizzazione delle aziende in subholding e del presidio su vari settori”.
Lo scenario peraltro sta cambiando: “Il quadro normativo e la situazione geopolitica ha ancora di più acuito il bisogno di sostenibilità. Si avverte un maggior impegno nel coinvolgimento delle operations per attuare operativamente quel cambio di visione e di prospettiva che permetta di essere “misurata” anche in chiave ESG. E questa è una sfida non da poco che stiamo vivendo insieme – sottolinea -. È poi veramente molto difficile “imbrigliare” il concetto di sostenibilità in tutto quello che viviamo tutti i giorni, ma è esattamente quello che si deve fare. Non è una questione finanziaria o di “M&A” ma è un percorso che deve essere misurato con kpi, con azioni concrete e con obiettivi che poi siano effettivamente fattibili e rendicontabili”.
Federica Tommasi, Terminal Darsena Toscana, Environmental, Sustainability & Energy Manager
Il percorso di Federica Tommasi, Sustainability & Energy Manager di Terminal Darsena Toscana è significativo anche in relazione all’evoluzione dei temi legati alla sostenibilità in diversi settori: “Sono stata una delle “pioniere” – racconta – che scelse Scienze Ambientali e un Master in Sviluppo Sostenibile già 30 anni fa, a ruota del Protocollo di Kyoto quando questi temi erano di “nicchia”. Per me, come per alcuni miei colleghi, dopo 20 anni di lunghe attese e di grande impegno lavorativo per far capire al top management delle imprese l’importanza di queste tematiche è arrivato il momento di vedere questi temi al centro dell’attenzione. Nel mio percorso – prosegue – sono stata consulente e ricercatrice in diverse realtà tra cui Enea, IEFE Bocconi e Coop Italia. In questo percorso ho vissuto ad esempio la fase sperimentale e pionieristica dello sviluppo degli imballaggi compostabili e ritengo, alla luce di queste esperienze – osserva – che l’Italia abbia impiegato troppo tempo per raggiungere il livello di consapevolezza che si ritrova ad esempio nei paesi scandinavi su questi temi”.
Andando alla specifica esperienza personale ci sono anche dei fattori che provocano delle accelerazioni. “Tre anni fa – spiega -, complice una fusione, la società in cui svolgo il ruolo di Responsabile Ambiente è entrata nel raggio d’azione di un fondo di investimento che ci ha portato a redigere un report di sostenibilità. Si è trattato di una richiesta che è arrivata prima come due diligence poi come rendicontazione, con la fornitura di una serie di dati comprese le emissioni a livello di scope 1, 2 e 3. Sino a quel momento il tema ambientale era vissuto come un tema di compliance e ha richiesto “improvvisamente” una ricchissima serie di valutazioni, che hanno portato alla necessità di misurare e di gestire annualmente un budget per migliorare l’impatto ambientale”.
Ad oggi la sostenibilità in tutte e tre le sue dimensioni ESG viene inserita nei programmi aziendali, dal singolo progetto sino alla sua rendicontazione. “Con l’ingresso del fondo redigiamo prima annualmente, poi semestralmente, fino a mensilmente, report di vario tipo. Inizialmente solo a beneficio dei fondi, poi si sono aggiunti i report di sostenibilità destinati a vari stakeholder, a cui sono poi subentrate altre richieste, sempre più dettagliate. Oggi siamo nella condizione di produrre vari report alimentati dagli stessi dati ma rendicontati in file excel diversi”.
Tommasi solleva poi il tema legato al ruolo del digitale: “Servirebbe un ruolo più importante nella gestione dei dati, del digitale in generale e di applicazioni specifiche che permettano di semplificare la gestione di quantità di dati che sono destinate a crescere costantemente. “pur essendo avvezza alla reportistica dai tempi dell’LCA di 20 anni fa, sento la necessità di implementare soluzioni software che permettano di gestire visualizzare ed elaborare tutti i dati ESG anche graficamente meglio che con fogli xls. Esistono soluzioni che le aziende non si sentono di affrontare non capendone probabilmente ancora bene l’importanza, col risultato di restare fermi a sistemi di raccolta ed elaborazione dati poco efficaci ed efficienti e con grossi problemi per l’uso dei coefficienti di calcolo… Una difficoltà che nel 2022 dovrebbe essere superata”.
Cesare Guarini, Sustainability Procurement
Cesare Guarini vanta a sua volta un percorso che unisce i temi della sostenibilità con quelli del procurement, in particolare in aziende che hanno avviato da tempo percorsi per migliorare le performance sulla sustainability. “Ho lavorato per trent’anni – racconta – per aziende come Procter & Gamble, Johnson & Johnson, Clariant, Philip Morris International quasi sempre in ruoli globali e – durante gli ultimi 10 anni – con un focus su sostenibilità in procurement. La differenza tra la situazione attuale e il passato è l’attenzione da parte di tutti gli stakeholder, a partire dai consumatori e dai cittadini, verso il ruolo e l’impegno delle aziende fondamentali nel contrastare le crisi climatiche e sociali che devono con urgenza e decisione essere affrontate. Io sono fondamentalmente convinto – prosegue – che le aziende non devono vivere la sostenibilità come una compliance o come un progetto corporate di “reporting e comunicazione”, ma come l’unico e possibile modo per fare business in modo compatibile con le risorse e quindi sopravvivenza del nostro pianeta”.
Partendo da questa convinzione Guarini offre una sua lettura del ruolo suolo del sustainability manager: “la sostenibilità non deve essere una “appendice” del business, ma il business stesso. Le persone che si occupano di sustainability devono essere in grado di parlare di business attraverso l’intera organizzazione e devono operare affinché la sostenibilità sia letteralmente incorporata in qualsiasi attività aziendale, da come i prodotti vengono sviluppati, le materie prime acquistate, obiettivi e bonus definiti, e persone promosse”.
Ci sono poi le normative che svolgono un ruolo importante con l’obiettivo di trovare un modo per creare standards riconosciuti e condivisi e sistemi che non obblighino gli stakeholders (aziende e fornitori) a compilare svariati moduli con dati simili – afferma – . Occorre rendere più accessibile la sostenibilità, occorre facilitarla attraverso una raccolta e un consolidamento di dati in forma digitale, che sia anche condivisibile e soprattutto confrontabile. È veramente fondamentale creare degli ecosistemi dove dati ed analytics siano condivisi al fine di permettere reporting standardizzati ed efficienti e quindi trasferire la maggior parte delle riscorse e sforzi che traducano le visibilità creata nell’identificazione e realizzazione di progetti che traducano in modo tangibile le opportunità di impatto identificate”.
Relativamente alle priorità e a come sta cambiando il business, Guarini osserva che ci sono aumenti di costi, maggiori rischi sulle forniture, un aumento generale nell’incertezza. Questo contesto ha purtroppo ridotto la flessibilità e c’è una maggiore prudenza negli investimenti in un momento in cui invece sarebbe necessario investire di più in resilienza e sostenibilità perché tutti questi cambiamenti in particolare su supply chain e procurement porteranno ad una crescita nel numero dei fornitori e quindi alla necessità di gestire maggiori interfacce e fonti di dati.
In generale “l’investimento sulla sostenibilità dovrà quindi inevitabilmente aumentare ed in modo significativo – conclude -. Nel lungo termine, le aziende leader dovranno sempre più avere anche un ruolo di riferimento, di esempio per le industrie che collaborano con loro e per le supply chain in cui operano”.
Come vivete e giudicate il rapporto tra sostenibilità e innovazione?
In che misura la sostenibilità è una motivazione che spinge ad innovare a livello di prodotto, di processi e di modelli organizzativi?
Luciano Pirovano, Global Sustainable Development Director Food, Bolton Group
“L’innovazione sarà sempre più determinante: noi dobbiamo essere trasformativi – afferma -, rigenerativi e riparativi. Si tratta di un cambiamento profondo che è già partito e tutto questo sarà possibile solo tramite la spinta dell’innovazione. Abbiamo davanti sfide epocali che possiamo vincere grazie alla tecnologia, all’innovazione, alla scienza, al know how, ma lo possiamo fare – sottolinea – solo unendo le forze”. Il tema che affronta Pirovano va oltre i confini aziendali: “si tratta di un lavoro e di forme di collaborazione con le associazioni ambientaliste, con le università, con il mondo accademico, con le start up”. E conclude con un esempio concreto: “Uno dei prodotti di maggior successo negli ultimi dieci anni è il tonno pescato a canna, un progetto che nasce da un dialogo con Greenpeace per sostenere un metodo di pesca artigianale più selettivo in grado di coinvolgere le popolazioni locali”. Sempre in termini di innovazione un ruolo chiave riguarda le operazioni innovative a supporto dell’ambiente come il lavoro per la protezione degli ecosistemi costieri di mangrovie e posidonia oceanica, un altro ambito nel quale il know how e la collaborazione sono fondamentali.
Pietro Gasparri, Unieuro, Sustainability and M&A Director
“Per noi l’innovazione è una parte importante e strategica del business – spiega -, un binomio virtuoso con la sostenibilità. L’innovazione è vista come un vero acceleratore di processi, un facilitatore di business trasversale che coinvolge tutta l’organizzazione, i clienti, i dipendenti, i processi”. L’importanza di questo elemento è confermata anche dall’ingresso, in fase di aggiornamento della matrice di materialità, della tematica “Innovazione e customer centricity”, con un alto punteggio attribuito tanto dagli stakeholder quanto dal management.
“Il nostro modello di business è basato sul concetto dell’omnichannel – prosegue – e quindi sulla coesistenza sinergica tra canale fisico e canale online”. Sul fronte delle iniziative in essere cita ad esempio il progetto di digitalizzazione dei punti vendita attraverso l’introduzione dei cartellini elettronici con benefici in termini di user experience e di gestione delle scorte oltre ai risparmi sui costi dei materiali di consumo (carta e toner delle stampanti). I dipendenti di sede possono invece trarre beneficio dall’adozione di un innovativo progetto di smart working. Sottolinea infine che, nel settore della distribuzione dei prodotti di elettronica di consumo e degli elettrodomestici, in coerenza con la trasformazione nelle preferenze e nei modelli di consumo dei clienti, l’innovazione trova espressione nello sviluppo di progetti connessi alla circular economy, all’eco-design e all’offerta di soluzioni con la formula del “pay per use”.
Marco Guazzoni, Vibram, Sustainability Director
“Il nostro modello di innovazione parte dal consumatore finale, la nostra attenzione massima è sui suoi veri bisogni. Il nostro “Tester team” è una sorta di consumatore evoluto: coinvolgiamo figure che vanno dal consumatore di tutti i giorni ai professionisti di ogni disciplina, dal pompiere allo sportivo. Analizziamo le loro necessità, ascoltiamo le loro criticità, verifichiamo come viene vissuta la nostra proposta di innovazione. Siamo peraltro convinti che l’attenzione del consumatore alla sostenibilità sia oggi altissima”.
Ma per Vibram c’è anche un rapporto storico tra innovazione, performance e sostenibilità: “A mio avviso l’innovazione come la sostenibilità è frutto di un rinnovamento continuo. In azienda affrontiamo temi rilevanti come la gestione dell’efficientamento energetico, anche al di là della scelta di indirizzare il procurement verso le rinnovabili. In questo ambito il nostro focus è sui materiali, sui processi di lavorazione, sul grande tema di unire performance e durabilità allo scopo di creare prodotti che abbiano un impatto relativamente basso, considerando anche l’importanza fondamentale del fattore tempo. Un esempio in questo senso è rappresentato dal fatto che la ricerca di performance è garantita in particolare dalla gomma sintetica, mentre la gomma naturale è più orientata a prodotti life style, dove è meno forte la pressione sulle prestazioni.
“L’innovazione a sua volta sente la spinta della sostenibilità: “si può forse dire che in questo periodo l’aspetto delle performance si avverte meno rispetto a prima”. Ma ci sono anche altri fattori legati alla produzione che concorrono a questo contesto: “ad esempio – aggiunge -, abbiamo rilevato che le presse a gas per la stampa delle suole presentano un impatto maggiore rispetto alle presse elettriche e, pur con grande attenzione all’impatto economico, valutiamo il contributo di queste trasformazioni nel raggiungimento di obiettivi di sostenibilità”.
Rientrano poi in questo disegno i temi legati alla riparazione, all’aftermarket e a logiche di un business che sia in grado di generare un valore importante di fatturato e che concretizzano logiche esplicite di sostenibilità. Il fatto di permettere di sostituire una suola che è diventata inefficiente con una più performante o customizzata consente lo sviluppo di un business che presenta una serie di ulteriori vantaggi. Si deve riflettere in effetti su forme di coinvolgimento di figure artigianali come il calzolaio che hanno a disposizione tecnologie con le quali possono “allungare la vita delle scarpe” e possono contribuire alla riduzione dei materiali di scarto.
Enrica Tomei, Accor, CSR Manager Italy, Greece, Israel & Malta
“Nell’ambito dell’ospitalità, l’innovazione ha rappresentato uno stimolo molto importante soprattutto per la parte Food and Beverage dove si sono avute innovazioni sostenibili che hanno permesso ad esempio alle cucine dei ristoranti di lavorare alla riduzione dello spreco alimentare”. Ci sono tanti esempi e Enrica Tomei cita il caso di Orbisk (qui maggiori informazioni), la startup che ha vinto la core challenge al Viva Technology 2021 e che sta mettendo a disposizione una sorta di bilancia che permette di scansionare gli avanzi per ottenere dati chiari sulla quantità e tipologia del cibo scartato per poi modificare il menu. Un progetto che va nella direzione di riduzione del food waste.
Al di là dell’area Food & Beverage, oggettivamente molto importante, a monte della catena di approvvigionamento, c’è una piattaforma digitale dove vengono convogliati tutti gli acquisti del gruppo Accor e che raccoglie circa 3500 fornitori, con un sistema di procurement che semplifica la gestione degli ordini di tutti gli hotel, e che permette un controllo accurato anche in termini di requisiti di sostenibilità. Anche questo è un tema di innovazione direttamente al servizio di obiettivi di sustainability.
Ci sono poi strumenti operativi che guardano alla dimensione sociale e territoriale e che permettono agli hotel di gestire l’approvvigionamento di determinati prodotti, come cibo a livello locale con il duplice obiettivo di ridurre l’impatto ambientale legato all’acquisto dei prodotti e di aumentare la collaborazione, il coinvolgimento e la responsabilità verso i territori.
Fabio Colli Medaglia, Eurostampa, Innovation & Sustainability Manager
“In Eurostampa quando parliamo di innovazione dobbiamo distinguere tra quella di processo e quella di prodotto – spiega -. Relativamente ai prodotti e quindi a innovazioni che sviluppiamo anche grazie a partner e fornitori, ci concentriamo sulla ricerca di materiali innovativi, sull’esperienza utente, sulle forme di interazione tra il brand, il prodotto e il cliente finale e sul ruolo che possono svolgere le nostre etichette.
In questo senso si collocano le logiche legate all’adozione di QR code, alla realtà aumentata e alle forme di innovazione che attengono anche a forme di innovazione che si collegano con gli ambiti del packaging. Guardando invece all’ambito produttivo, l’innovazione è attenta all’ottimizzazione della produzione, alla riduzione degli sprechi, dove abbiamo brevettato tecnologie interne che permettono appunto di ottimizzare la gestione dei materiali, di ridurre gli sfridi di produzione e di contribuire a una gestione più sostenibile di tutte le attività aziendali.
Veronica Bovo, HIND Holding Industriale, Chief Sustainability Officer
Veronica Bovo mette in diretta relazione i temi dell’innovazione con gli obiettivi aziendali: “I nostri tre pillar – spiega – sono Made in Italy e Innovazione, Cultura e Formazione, Principi Etici e di Sostenibilità. Siamo convinti che sostenibilità e innovazione debbano necessariamente viaggiare insieme: non esiste sostenibilità senza innovazione, ma esiste un nuovo modo di fare business, un nuovo modo di pensare, organizzare e operare, che colloca la sostenibilità nel core business delle imprese grazie all’innovazione”.
In concreto poi HIND guarda alle tre dimensioni dell’ESG: “siamo parte del Monitor for Circular Fashion (qui per maggiori informazioni) per l’adozione di logiche di economia circolare di prodotto e processo. Siamo impegnati in altri progetti interni di economia circolare, sia a livello di tessuti che di riduzione e riutilizzo degli sfridi nelle aree della moda, di riciclo degli sprechi e dei rifiuti di tutte le aziende”.
Relativamente alla “S” di ESG “Abbiamo progetti di education con un’Accademia di moda che cerca di far fronte allo skill mismatch del settore sostenendo la formazione di professionalità artigianali che si stanno perdendo, come quelle delle maestranze dell’alta moda (es: modellisti, sarte prototipiste, tagliatori, etc…). In generale- conclude – il mio ruolo si sviluppa anche con la capacità di fare da punto di riferimento e da collante rispetto alle tante e diverse esigenze di sostenibilità, per trasformarle in progetti di innovazione”.
Federica Tommasi, Terminal Darsena Toscana, Environmental, Sustainability & Energy Manager
Partendo dalla precisazione che Terminal Darsena Toscana non è un’azienda di prodotto, ma di servizi di logistica e mobilità che gestisce container che arrivano e partono via treno e via nave, “l’innovazione è molto importante, e si lavora per integrarla con i temi della sostenibilità: la sostenibilità è ancora percepita come un dovere e non un modo di lavorare ma nel momento in cui ancora manca un approccio proattivo il processo ne risente su tutti e 3 gli asset. Ci sono tanti spazi di miglioramento che possono diventare un valore in termini di raggiungimento di obiettivi e di opportunità di sviluppo solo nel momento in cui l’innovazione si pone come il fulcro per il ripensamento dei processi”.
Cesare Guarini, Sustainability Procurement
Il rapporto tra innovazione e sustainability procurement è fondamentale per Cesare Guarini: “Ad esempio, la Philip Morris, l’ultima azienda presso la quale ho lavorato – spiega -, ha istituzionalizzato questo rapporto e la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti sono strettamente legati a una serie di criteri di sostenibilità che rivestono una importanza analoga al raggiungimento di obiettivi economici”. Guardando ad alcune innovazioni in particolare Guarini sottolinea come “la nuova linea di prodotti Iqos (sigaretta elettronica innovativa n.d.r.) che riscalda il tabacco e non lo brucia, nasce dalla volontà di rispondere alle priorità più importanti identificate degli stakeholders esterni attraverso indagini sulla materialità. E quindi di sviluppare i nuovi prodotti con performance di sostenibilità migliori rispetto ai prodotti precedenti. Un altro tema rilevante è legato al rapporto tra materialità e innovazione, “alla capacità di avere dati precisi per indirizzare ricerca e sviluppo su obiettivi di sostenibilità ed assumere decisioni materialmente valide e con impatto positivo anche su aspetti sociali ed ambientali”.
“Un altro aspetto importante – prosegue – è il ruolo dei brands. Infatti, i consumatori si aspettano (giustamente) sempre di più dai detentori dei marchi che da parte loro ci sia una responsabilità effettiva sui temi della sostenibilità, non solo a livello di operations, ma anche su tutte le supply chain in cui operano ed in forma end-to-end e cioè dalle materie prime sino ai prodotti finiti ed attraverso tutti i possibili stadi di lavorazioni intermedi. Dobbiamo ad esempio essere consapevoli – prosegue – che in tantissime realtà l’80 o anche il 90% delle emissioni di CO2 si concretizzano nella supply chain. E questo è un tema che deve essere affrontato a livello di governance complessiva, ed è quindi non solo una questione di investimenti in risorse per la trasformazione interna, ma appare sempre più importante avere un controllo chiaro, grazie alla misurabilità dei risultati, di come le risorse vengono gestite ed investite sia all’interno della propria organizzazione che – e sopratutto – all’esterno. Visibilità e capability building sull’intera value chain – afferma – diventano fattori chiave ed imprescindibili”.
Mentre ogni azienda ricerca vantaggi competitivi attraverso differenziazione, Guarini è convinto che “nella sostenibilità la collaborazione rappresenti il vantaggio competitivo. Per realizzare la trasformazione e l’impatto positivo necessari, “collaborazione e creazione di ecosistemi digitali che uniscano aziende, fornitori e clienti, ma anche comprendendo nuovi attori come stakeholder locali, NGO, cittadini”. E la governance di questa opportunità e ricchezza – conclude – richiede a chi assume responsabilità sulla sostenibilità tante capacità tecniche e competenze di business, ma anche soft skills relazionali. E’ quando le soft skills diventano le hard skills!”
Ci stiamo avvicinando a un appuntamento molto importante per fare il punto sui temi della sostenibilità, sugli obiettivi e sulle tante criticità che sono sul cammino di governi, organizzazioni e imprese. Come guardate al prossimo COP27?
Luciano Pirovano, Global Sustainable Development Director Food, Bolton Group
“Ci aspettiamo un maggior impegno in generale sia dal settore privato sia da quello pubblico, maggiore concretezza e soprattutto mi auguro che durante COP27 si attribuisca la giusta priorità alla salute degli oceani: l’SDG 14 “Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile” è forse l’SDG su cui si è investito meno, è venuto il momento di prestare la giusta attenzione ai mari”.
Pietro Gasparri, Unieuro, Sustainability and M&A Director
“L’attenzione del mondo nei confronti della lotta al climate change e alla tutela delle risorse naturali non è più in discussione: sono stati fatti passi in avanti e non si torna indietro, ma purtroppo il contesto geopolitico attuale può essere un elemento di disturbo, anche se il percorso è tracciato. Certamente è necessaria una maggiore concretezza nel misurare e mostrare i risultati da raggiungere”.
Marco Guazzoni, Vibram, Sustainability Director
“Mi aspetto un aiuto in termini di semplificazione verso i cittadini che oggi può fare veramente la differenza. È necessario pretendere da tutti, dalle aziende, dalle pubbliche amministrazioni e dalle istituzioni, di fare passi avanti concreti. E poi c’è un grande tema legato agli standard internazionali, anche su questi occorre fare progressi, per aiutare i cittadini a capire cosa significa veramente la sostenibilità”.
Enrica Tomei, Accor, CSR Manager Italy, Greece, Israel & Malta
“Mi aspetto un momento di grande collaborazione da parte di tutti. Il senso di “concorrenza” che ancora si avverte deve essere superato. Questi appuntamenti hanno lo scopo di alzare il livello di consapevolezza su tutti i temi della sostenibilità, devono contribuire ad aumentare anche la consapevolezza sul ruolo che tutti possono svolgere assieme, e devono semplificare le possibilità e le modalità per attuare nuove forme di collaborazione”.
Fabio Colli Medaglia, Eurostampa, Innovation & Sustainability Manager
Credo che un obiettivo comune molto importante che può arrivare da COP27 sia nella reale e chiara comprensione degli obiettivi che ciascuno deve avere. É veramente molto importante fare chiarezza. Non si può parlare genericamente di neutralità carbonica e della possibilità di raggiungerla come obiettivo se tutti gli attori che concorrono a questo obiettivo non hanno ben chiari i loro obiettivi e non ci sono strumenti che permettono di misurare i progressi di questo percorso”.
Veronica Bovo, HIND Holding Industriale, Chief Sustainability Officer
“Sicuramente è importante la collaborazione di tutte le aziende che è anche un obiettivo di COP27, ma la situazione geopolitica di oggi è completamente diversa da quella della COP26. Sono stati fatti purtroppo tanti passi indietro ad esempio nel settore dell’energia. Temo che questa conferenza delle parti sia pesantemente influenzata dalle gravissime crisi che sono in atto”.
Federica Tommasi, Terminal Darsena Toscana, Environmental, Sustainability & Energy Manager
“Faccio fatica a pensare che con queste condizioni geo politiche ed energetiche resti credibile un target ambizioso come quelli fissati per il 2030 in Europa. Gli ultimi due anni sono stati critici, gli ultimi 6 mesi sono stati e sono drammatici: il settore energetico risente fortemente delle speculazioni dell’instabilita’ e delle incertezze generate da questa situazione con ricadute negative sugli obiettivi 2030. La speranza per COP27 è che possa aiutare a far aumentare e diffondere la consapevolezza relativa alla gravità di questa situazione”.
Cesare Guarini, Sustainability Procurement
“Credo si debba partire dalla constatazione che ognuno di noi ha un ruolo e una responsabilità e che appuntamenti come COP27 debbano rivolgersi prima di tutto alle persone. Questo è importante perché il problema più grosso che affligge la sostenibilità è il pensiero purtroppo ancora molto diffuso che sia un tema importantissimo, ma “che ci sarà qualcun altro che lo affronta per noi”. Non è così. E non può essere cosi’. Il ruolo delle Conferenze delle Parti è anche quello di creare le condizioni affinché la sostenibilità abbia uno spazio di confronto e di conoscenza che diversamente non avrebbe, e a fronte di questo confronto possa assumere delle decisioni più consapevoli e condivise. E quindi identificare e dispiegare meccanismi di coinvolgimento, azione, e progresso che coinvolgano il maggior numero di stakeholders possibile, dalle grandi aziende internazionali ai singoli consumatori, passando attraverso NGOs, academia, rappresentazioni locali, e chiunque altro possa e debba contribuire a creare un impatto positivo”.