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I Report di Sostenibilità secondo lo Corporate Sustainability Reporting Directive e il rischio sanzionatorio



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Il ruolo del revisore della sostenibilità, la necessità per le imprese di garantire un livello minimo di informazioni secondo gli standard dettati dall’ESRS e l’arrivo di nuove responsabilità. La predisposizione dei Report di Sostenibilità necessita di grande attenzione e competenze specifiche perché può anche esporre le aziende a responsabilità pecuniarie e amministrative

Pubblicato il 18 dic 2024

Andrea Berni

Andrea Berni, Associate Partner QHSE -P4I

Andrea Reghelin

Andrea Reghelin, Associate Partner di P4I-Partners4Innovation



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Andrea Reghelin, Associate Partner di P4I e Associate Partner QHSE P4I

Il decreto legislativo 6 settembre 2024, n.125 (di seguito il “Decreto”) ha dato attuazione alla direttiva (UE) 2022/2464 (Corporate Sustainability Reporting Directive), sancendo l’obbligo della rendicontazione di sostenibilità per le imprese di grandi dimensioni.

Uno degli obiettivi della normativa è quello di rendere più attendibile la rendicontazione sulla sostenibilità. Le imprese dovranno garantire un livello minimo di informazioni, secondo standard dettati dal regolamento delegato UE 2023/2772, detto anche European Sustainability Reporting Standards (ESRS).

La nuova figura del revisore della sostenibilità

La normativa introduce la figura del revisore della sostenibilità, disciplinando le modalità di svolgimento dell’incarico di attestazione sulla conformità della rendicontazione di sostenibilità e modificando la disciplina recata dal d.lgs. 27 gennaio 2010 n. 39.

Il recepimento della normativa comunitaria in tema di informativa di sostenibilità comporta un ruolo di rilievo per gli iscritti all’albo dei revisori contabili che, grazie alle competenze tecniche specifiche acquisite, possono svolgere anche l’incarico di attestazione sulla conformità della rendicontazione di sostenibilità.

Le informazioni da rendicontare

Il Decreto all’art. 3, comma 2, specifica che la rendicontazione di sostenibilità include:

  1. una breve descrizione del business model e della strategia aziendali;
  2. una descrizione degli obiettivi temporalmente definiti connessi alle questioni di sostenibilità individuati dall’impresa;
  3. una descrizione del ruolo degli organi di amministrazione e controllo in relazione alle questioni di sostenibilità;
  4. una descrizione delle politiche dell’impresa in relazione alle questioni di sostenibilità;
  5. informazioni sull’esistenza di sistemi di incentivi legati agli obiettivi raggiunti nell’ambito della sostenibilità;
  6. una descrizione:
    • delle procedure di dovuta diligenza applicate dall’impresa in relazione alle questioni di sostenibilità;
    • dei principali impatti negativi, effettivi o potenziali, legati alle attività dell’impresa e alla sua catena del valore, compresi i suoi prodotti e servizi, i suoi rapporti commerciali e la sua catena di fornitura, delle azioni intraprese per identificare e monitorare tali impatti;
    • di eventuali azioni poste in essere dall’impresa per prevenire o attenuare impatti negativi, effettivi o potenziali, o per porvi rimedio o fine, e dei risultati di tali azioni;
  7. una descrizione dei principali rischi per l’impresa connessi alle questioni di sostenibilità;
  8. indicatori pertinenti per la comunicazione delle informazioni.

Le imprese indicano le procedure attuate per individuare le informazioni incluse nella rendicontazione individuale di sostenibilità.

L’art. 6 del Decreto stabilisce il regime di pubblicità della rendicontazione di sostenibilità. Fermo restando quanto previsto dall’art. 154-ter del d.lgs. 58/1998, per i soggetti ivi previsti, la rendicontazione di sostenibilità è inclusa nella relazione sulla gestione, così come la relazione di attestazione della sua conformità di cui all’art. 14-bis del d.lgs. 39/2010, in modo conforme al regime applicabile per la documentazione finanziaria.

La attestazione di conformità

All’art. 8, comma 1, il Decreto stabilisce che la rendicontazione di sostenibilità è oggetto di attestazione a cura di un revisore, il cosiddetto “revisore della sostenibilità”, incaricato di esprimere le proprie conclusioni circa:

  • la conformità della rendicontazione di sostenibilità alle norme del Decreto che ne disciplinano i criteri di redazione;
  • la conformità all’obbligo di marcatura della rendicontazione di sostenibilità;
  • la conformità all’osservanza degli obblighi di informativa previsti dall’art. 8 del regolamento UE 2020/852 (Tassonomia verde).

Le conclusioni espresse nella relazione di attestazione si fondano su un incarico specifico, il cui obiettivo è ottenere un livello di sicurezza limitato. Questo significa che l’analisi condotta non ha lo scopo di garantire una verifica completa e approfondita, ma piuttosto di fornire un riscontro iniziale su determinati aspetti. In prospettiva, la Commissione Europea ha manifestato l’intenzione di innalzare gli standard richiesti per tali incarichi di revisione. L’obiettivo è quello di raggiungere un livello di sicurezza ragionevole, che possa garantire una maggiore affidabilità di giudizio sui processi valutati.

Il revisore incaricato di attestare la conformità della rendicontazione di sostenibilità può essere anche lo stesso incaricato della revisione legale del bilancio, purché l’attestazione sulla conformità sia firmata da un revisore abilitato allo scopo specifico.

L’art. 9 del Decreto disciplina le competenze, le funzioni, nonché i poteri di vigilanza e sanzionatori del Ministero dell’economia e delle finanze, e della CONSOB per le imprese quotate, con riferimento all’attività di attestazione in esame.

Responsabilità e sanzioni

Tramite le disposizioni contenute nell’art. 10, comma 1, si individuano negli amministratori delle società destinatarie degli obblighi previsti dal Decreto i soggetti su cui grava la responsabilità di garantire che la rendicontazione di sostenibilità sia fornita in conformità a quanto previsto. Nell’adempimento dei loro obblighi gli amministratori agiscono secondo criteri di professionalità e diligenza.

La stessa disposizione ha modo di precisare che l’organo di controllo della società, nell’ambito dello svolgimento delle funzioni allo stesso attribuite dall’ordinamento, vigila sull’osservanza delle disposizioni stabilite nel Decreto e ne riferisce nella relazione annuale all’assemblea.

Le sanzioni amministrative previste dal Decreto comprendono:

  • Fino a 125.000 euro per le società di revisione;
    • Fino a 50.000 euro per i revisori della sostenibilità;
    • Limiti massimi di 150.000 euro per violazioni generali e fino a 2.500.000 euro per violazioni più gravi.

Inoltre, le violazioni degli obblighi di rendicontazione possono comportare anche:

  • La pubblicazione di una dichiarazione pubblica di avvenuta violazione del Decreto;
    • Un ordine di eliminazione delle infrazioni;
    • Sanzioni in base all’articolo 193 del TUF (Testo Unico della Finanza).

In tema di sanzioni l’effetto del Decreto è molto dibattuto; il Decreto ha modificato l’art 193 del TUF per inserire la rendicontazione di sostenibilità nella relazione di gestione. Tale norma non esclude che la violazione della stessa possa anche costituire reato.

Conclusioni

Al di là delle questioni relative alla configurabilità o meno dei reati di false comunicazioni sociali per mezzo della Rendicontazione di Sostenibilità, è chiaro che la normativa introdotta dal Decreto rende le informazioni sulla sostenibilità dell’impresa una possibile fonte di responsabilità amministrativa. Pertanto, sarà necessario d’ora in avanti esercitare una cura adeguata alla raccolta e validazione dei dati quantitativi e qualitativi che andranno a far parte della rendicontazione di sostenibilità delle imprese.


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