Approfondimento

Dichiarazione non finanziaria: cos’è, chi deve realizzarla e perché è importante



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La Dichiarazione Non Finanziaria DNF è una rendicontazione che va oltre i dati economici e riporta azioni, strategie e risultati che dimostrano l’impegno messo in campo dall’organizzazione per migliorare la sostenibilità ambientale, l’inclusione e l’equità sociale. Tutto quello che c’è da sapere, dagli obblighi alle modalità di compilazione e come è evoluta

Aggiornato il 18 feb 2025



Dichiarazione Non Finanziaria: perché è importante e come si arriva al Bilancio di sostenibilità

Esiste un documento che nasce con lo scopo di individuare ed evidenziare le implicazioni di natura etica del business, integrate nella visione strategica aziendale. Quel documento prende il nome di Dichiarazione non finanziaria (DNF).

Dal momento che i criteri ESG pesano in modo sempre più rilevante sulla percezione del valore di un’azienda e sui suoi risultati di business, la DNF si inserisce in questo ambito fotografando la strategia messa in campo dall’azienda per gestire in modo efficace, inclusivo e circolare le problematiche di impatto sociale ed etico. Suo scopo ultimo è, infatti, quello di spiegare in modo dettagliato le politiche adottate sulla sicurezza e la salute (pubblica e dei propri collaboratori), l’ambiente, il rispetto dei diritti umani e la lotta alla corruzione.

Ma entriamo nel dettaglio.

 L’Evoluzione della Dnf nel contesto delle normative Esg

Con l’evoluzione delle normative internazionali, la Dichiarazione Non Finanziaria si è trasformata in un pilastro centrale per la trasparenza aziendale, in particolare nel contesto dei criteri ambientali, sociali e di governance (Esg). Questo cambiamento risponde non solo a nuove obbligazioni legali, ma anche a una crescente aspettativa da parte degli stakeholder, i quali richiedono una maggiore responsabilità e trasparenza da parte delle aziende.

Le recenti direttive europee, come la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), hanno ampliato il campo d’applicazione e la complessità della rendicontazione non finanziaria. Queste normative non solo richiedono una maggiore disclosure sulle tematiche Esg, ma promuovono anche un nuovo approccio alla sostenibilità, focalizzato sulla “doppia materialità”. Questo concetto implica che le aziende debbano fornire informazioni dettagliate non solo sull’impatto delle loro attività sull’ambiente e sulla società, ma anche su come i fattori esterni influenzano la loro attività economica.

DNF: di cosa si tratta nel concreto?

La DNF (e la sua evoluzione verso il Bilancio di sostenibilità) è una rendicontazione di sostenibilità in cui si riportano aspetti di carattere sociale e ambientale, con focus sulle politiche di sostenibilità aziendale, sulle modalità di gestione del personale e sull’impegno nella lotta alla corruzione e rispetto dei diritti umani.

In questo senso, il documento è nient’altro che la fotografia della cosiddetta Corporate Social Responsibility (in italiano responsabilità sociale d’impresa), ovvero dell’insieme delle azioni realizzate per affrontare attivamente le problematiche di impatto etico e sociale.

Da dove arriva la Dichiarazione Non Finanziaria DNF

La Dichiarazione Non Finanziaria ha il suo punto di riferimento nel decreto legislativo n. 254 del 30 dicembre 2016 con il quale è stato introdotto, esattamente all’art. 2, l’obbligo di pubblicare una dichiarazione, che può essere individuale o consolidata, di carattere non finanziario per gli Enti di Interesse Pubblico Rilevanti EIPR, ovvero per le società italiane emittenti valori mobiliari che sono quotate su un un mercato regolamentato in Italia o in UE. Nello specifico questo obbligo riguarda banche, assicurazioni e imprese di riassicurazione con queste caratteristiche: un numero di dipendenti superiore a 500, uno stato patrimoniale superiore a 20.000.000 di euro o un fatturato superiore a 40.000.000 di euro.

DNF obbligatoria o volontaria

Sempre il decreto legislativo n. 254 del 30 dicembre 2016 ma all’art. 7 prevede, inoltre, che anche altre imprese o organizzazioni con caratteristiche diverse da Enti di Interesse Pubblico Rilevanti EIPR possano pubblicare una Dichiarazione Non Finanziaria DNF su base volontaria. In questo caso qualificando la dichiarazione con la “dicitura di conformità” alla DNF nel caso in cui la Dichiarazione sia prodotta seguendo le disposizioni del decreto.

L’obbligo di rendicontazione non finanziaria riguarda – lo ripetiamo – gli enti di interesse pubblico, come banche o assicurazioni, a prescindere dalla dimensione, e le aziende quotate, con almeno 500 dipendenti e un bilancio consolidato che registri un attivo di stato patrimoniale oppure ricavi netti superiori alle cifre sopra indicate.

DNF e PMI

Per le PMI non quotate e le microimprese la dichiarazione non è invece un obbligo: si può in questo caso optare per il reporting di sostenibilità, anche per migliorare la trasparenza del proprio operato nei confronti di loro soci e clienti. Anche le aziende più piccole, infatti, hanno finalmente compreso quanto sia importante la leva dalla sostenibilità del business e sono sempre più numerose quelle che pubblicano il proprio bilancio di sostenibilità o altri report ESG pur non essendo obbligate per legge a farlo.

Dichiarazione Non Finanziaria: “Non Financial Reporting Directive”: un tassello chiave

La Direttiva UE 95 del 2014, la cosiddetta Non Financial Reporting Directive (NFRD), che ha modificato la 34/2013, ha esteso l’obbligo di reporting sulle tematiche sociali e ambientali. Secondo la norma, la dichiarazione non finanziaria può essere integrata nel bilancio d’esercizio oppure pubblicata separatamente: le imprese che non adottano politiche specifiche in uno o diversi ambiti citati nella Direttiva dovranno indicare le motivazioni della scelta.

I 5 pillar della DNF

Sono 5 gli ambiti minimi da trattare per legge nella DNF:

  1. Environment: analisi in termini di utilizzo delle risorse energetiche e idriche, rinnovabili e non, di emissioni di gas serra e inquinanti;
  2. Social: tratta il modus operandi aziendale in materia di salute e sicurezza, rischio sanitario e altre tipologie di pericoli. Si parla anche di strategie di sviluppo sociale e culturale dei territori in cui opera l’azienda;
  3. Gestione del personale: in questa parte vengono illustrate le iniziative atte a contrastare lo sfruttamento del lavoro minorile e del caporalato, a migliorare l’ambiente di lavoro e a garantire inclusione e parità di genere;
  4. Diritti umani: l’azienda espone in questa parte le azioni attuate contro la violazione dei diritti umani o eventuali discriminazioni;
  5. Anticorruzione: qui vengono segnalati gli strumenti che l’impresa mette in campo per sconfiggere la corruzione attiva e passiva (commessa da e contro l’azienda).

Tutte le informazioni fornite devono essere conformi a standard riconosciuti a livello internazionale, primo fra tutti il GRI (Global Reporting Initiative).

DNF: quali sono i vantaggi per le imprese?

La dichiarazione non finanziaria non è solo un obbligo di legge per molti soggetti, ma anche un strumento di marketing e comunicazione particolarmente efficace.  La DNF dà un contributo essenziale al miglioramento dell’immagine aziendale e della brand reputation. Non solo. Data l’ormai diffusa sensibilità dei consumatori verso queste tematiche, le aziende che rendicontano con chiarezza sui temi ESG sono molto apprezzate dagli utenti finali e dagli investitori. Le dichiarazioni non finanziarie diventano quindi, a fianco delle informazioni di natura più prettamente economica, un indirizzo chiave a guida delle scelte di investimento.

Obblighi e sanzioni legati alla Dichiarazione Non Finanziaria

Il legislatore italiano ha attribuito alla Consob (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa) il potere di stabilire sia le modalità di pubblicazione della dichiarazione non finanziaria, sia i termini e le modalità di trasmissione, affidando anche allo stesso organo l’attività di supervisione e controllo. La mancata stesura del report mette l’azienda a rischio di pesanti sanzioni:

  • Omessa stesura della dichiarazione: dai 20mila ai 100mila euro;
  • Omesso deposito della dichiarazione: dai 20mila ai 100mila euro;
  • Mancata conformità della dichiarazione al decreto 254/2016: dai 20mila ai 100mila euro:
  • Falsità nelle comunicazioni: dai 50mila ai 150mila euro.

Dalla Dichiarazione Non Finanziaria alla CSRD: Corporate Sustainability Reporting Directive

A metà dicembre 2022 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale UE la Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD ovvero la Direttiva n. 2022/2464 riguardante la rendicontazione societaria di sostenibilità, modificativa della Direttiva 2013/34/UE, concernente l’obbligo di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario per imprese di grandi dimensioni. La normativa prevede il seguente calendario

  • dal 1° gennaio 2024 per grandi imprese di interesse pubblico, con più di 500 dipendenti;
  • dal 1° gennaio 2025 per tutte le altre grandi imprese (sono tali quelle che, alla data di chiusura dell’esercizio, superino 2 dei seguenti 3 criteri: € 20 milioni di totale dell’attivo, € 40 milioni di ricavi netti, 250 dipendenti medi annui);
  • dal 1° gennaio 2026 per le PMI quotate (escluse le microimprese);
  • dal 1° gennaio 2028 per le società non UE che realizzano un fatturato annuo superiore a € 150 milioni nella UE e che hanno un’impresa figlia o una succursale nella UE, che si qualifica come grande impresa o PMI quotata e/o presenta un fatturato netto superiore a € 40 milioni nell’esercizio precedente.

Il nuovo modello di rendicontazione di sostenibilità, diventerà parte integrante della relazione sulla gestione e dovrà contenere la descrizione del modello e della strategia aziendale con una serie di elementi come

  • politiche di sostenibilità dell’impresa;
  • piani dell’impresa per garantire la compatibilità del modello e della strategia con la transizione verso un’economia sostenibile;
  • logiche con cui tenere conto degli interessi degli stakeholders;
  • principali impatti negativi, legati alle attività dell’impresa e alla sua catena del valore;
  • gestione rischi e opportunità legate alla sostenibilità;
  • risk management delle questioni di sostenibilità;
  • procedure di due diligence;
  • modalità di attuazione;
  • descrizione degli obiettivi ESG;
  • ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo in relazione alle questioni ESG;
  • sistemi di incentivi connessi alle questioni di sostenibilità;
  • indicatori e KPI

La Csrd e il concetto di “doppia materialità”

La CSRD punta sul concetto di “doppia materialità” o per certi aspetti di “doppia rilevanza”, che rappresenta un cambiamento significativo nel modo in cui le aziende devono affrontare le questioni di sostenibilità. Questo approccio invita le imprese a considerare non solo come i fattori ambientali, sociali e di governance influenzano le loro operazioni e performance economiche (prospettiva “Inside-Out”), ma anche come le loro attività impattano sull’ambiente e sulla società (prospettiva “Outside-In”).

In pratica, la doppia materialità richiede alle aziende di adottare una visione olistica e integrata, valutando le interconnessioni tra le dinamiche interne ed esterne. Questo approccio offre una comprensione più completa dei rischi e delle opportunità legate alla sostenibilità, permettendo alle aziende di adottare strategie più informate e resilienti.

Un aspetto importante riguarda poi la tipologia di informazioni che devono essere prodotte. La CSRD parla di “informazioni sulla sostenibilità” e punta all’integrazione tra le logiche che riguardano gli aspetti ambientali, sociali e di governance e la gestione economico-finanziaria.

DNF, CSRD: l’importanza della Doppia materialità in chiave Inside-Out e Outside-In

La Corporate Sustainability Reporting Directive invita le imprese a considerare tutte le logiche legate alla materialità, con informazioni che permettano a operatori, mercati e investitori di comprendere in modo chiaro come i fattori di sostenibilità possono impattare sullo sviluppo delle imprese, sulle loro performance, sulle operations e sulle attività commerciali in chiave “Inside-Out“. Nello stesso tempo le imprese devono mettere a disposizione anche informazioni e dati necessari per valutare , nella prospettiva “Outside-In” l’impatto dell’ambiente e della dimensione sociale sulle attività dell’azienda.

Intelligenza artificiale e DNF

Con l’aumento delle aspettative degli stakeholder e delle normative, la rendicontazione non finanziaria è diventata una priorità strategica sulla quale l’intelligenza artificiale è in grado di offrire soluzioni innovative come a livello di automazione nella raccolta e analisi dei dati, nella riduzione dei tempi e delle risorse per la preparazione della DNF. Un esempio pratico è rappresentato dal’utilizzo di tecnologie di elaborazione del linguaggio naturale (NLP) per analizzare grandi volumi di testo non strutturato, come report di sostenibilità per identificare temi ricorrenti e garantire una visione più completa delle esigenze e delle tendenze più importanti.

C’è poi l’Intelligenza artificiale per il bene sociale che permette di agire per migliorare la trasparenza e l’accuratezza delle informazioni e per facilitare il benchmarking delle performance ESG.

L’impatto della Dnf su valore aziendale e investitori

La Dichiarazione Non Finanziaria non è soltanto un obbligo normativo, ma costituisce anche uno strumento strategico che può influenzare significativamente il valore percepito di un’azienda da parte degli investitori e del pubblico.

Le aziende che forniscono una rendicontazione chiara e dettagliata sugli aspetti non finanziari delle loro operazioni sono spesso considerate più affidabili e responsabili. Questo rende la Dnf un elemento essenziale per costruire e mantenere la fiducia da parte degli investitori, dei clienti e degli altri stakeholder.

Dal punto di vista degli investitori, inoltre, che sono sempre più attenti a come le aziende gestiscono le questioni ambientali e sociali, la Dnf diventa un documento chiave che può influenzare le decisioni di investimento. Le aziende che dimostrano un forte impegno nei confronti della sostenibilità e dell’etica aziendale sono spesso percepite come meno rischiose e con un potenziale di crescita a lungo termine più sicuro.

A questo aspetto si collega anche, indirettamente, l’opportunità di differenziazione competitiva nel mercato: un impegno ben comunicato nei confronti della sostenibilità può servire come potente strumento di marketing, migliorando la brand reputation e attraendo un numero crescente di consumatori attenti ai temi Esg.

Dichiarazione non finanziaria e Greenwashing

Se è ormai assodato che la Dichiarazione non ninanziaria è uno strumento fondamentale per la trasparenza e la comunicazione delle pratiche sostenibili di un’azienda, è anche da considerare il fatto che se non gestita con integrità, può diventare un veicolo per il greenwashing, ovvero la pratica di presentare ingannevolmente le proprie attività come più sostenibili di quanto non siano.

Le aziende, ad esempio, possono utilizzare la Dnf per enfatizzare iniziative nel campo del rispetto dell’ambiente o in ambito sociale, ma se queste dichiarazioni non sono supportate da azioni reali e misurabili, si rischia di incorrere nel greenwashing. La credibilità della Dnf dipende quindi dalla sua capacità di offrire una rendicontazione accurata e completa, basata su dati verificabili e standard internazionali.

(Articolo aggiornato il 18 febbraio 2025)

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