Il Carbon Border Adjustment Mechanism o CBAM è sul tavolo della Commissione UE per un confronto finalizzato, almeno nelle intenzioni principali, a una semplificazione che rischia di diventare una trasformazione. Il Meccanismo di Adeguamento del Carbonio alle Frontiere è, con la CSRD, uno dei componenti chiave del Green Deal ed è al centro di critiche legate alla complessità degli adempimenti.
Nel corso di un intervento in Commissione, è emersa la volontà da parte di un rappresentante di modificare il campo d’azione del provvedimento con una sorta di esenzione dagli obblighi CBAM che dovrebbe interessare circa l’80 percento delle aziende europee. Il tutto sulla base della considerazione che la maggior parte delle emissioni sarebbero sotto la responsabilità di pochi grandi attori.
In altre parole, nel decreto Omnibus in programma per la fine del mese di febbraio, è in discussione una riforma importante del regolamento CBAM da parte della Commissione europea.
Perché si richiede un intervento sul CBAM
Il CBAM è un meccanismo conosciuto anche come Carbon tax e prevede l’applicazione di una “tassa al carbonio” relativo ai prodotti e ai beni che vengono importanti in area UE.
Il CBAM risale al 2021 quanto è stato inserito nel pacchetto Fit for 55 espressamente allo scopo di evitare i rischi di carbon leakage ovvero quelle attività di delocalizzazione delle industrie responsabili di maggiori emissioni di CO2 in paesi meno rigorosi.
Lo scopo è quello di imporre al mondo industriale di innovare sui sistemi di produzione per ridurre effettivamente le emissioni evitando la pratica che porta a cercare aree nelle quali sia possibile produrre come nel passato.
Entrato in vigore il 1 ottobre 2023, il Carbon Border Adjustmente Mechanism ha vissuto una prima fase espressamente dedicata alla rendicontazione delle emissioni incorporate nei prodotti dal 2023 al 2025. Una fase nella quale non erano previsi pagamenti.
Con il prossimo anno, dal gennaio 2026, il CBAM entra a regime e le imprese saranno nella condizione di acquistare i certificati CBAM, ovvero dei titoli che fanno riferimento ai prezzi fissati dall’ETS Emission Trading System a copertura delle emissioni di CO2 che sono incorporate nei prodotti importati.
Si parte con l’ETS 1 e dunque con i settori regolati da questo mercato del carbonio nell’ambito del cosiddetto hard to abate come acciaierie, cementifici, produzione di alluminio, di fertilizzanti e di energia elettrica.
Cosa potrebbe accadere con il decreto Omnibus? Di fatto, con questo decreto, la Commissione prenderebbe atto anche della scarsa adesione alla fase preliminare del processo CBAM con un numero limitato di aziende che si sono attivate nelle procedure di comunicazione delle emissioni.