Analisi

Accordo sul clima di Parigi: che cos’è, cosa chiede, come sta evolvendo

Il 12 dicembre 2015 è una data storica per il pianeta: i 197 Stati membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) adottano quella che viene conosciuta come la prima intesa universale e giuridicamente vincolante sul climate change. Oggi di quel patto fanno ufficialmente parte 191 Stati (su 195 firmatari), tutti uniti da un obiettivo comune: contenere a lungo termine l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto della soglia di 2°C oltre i livelli pre-industriali, e di limitare tale incremento a 1.5°C

Aggiornato il 04 Feb 2025

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Accordo sul clima di Parigi: che cos’è

Evitare potenziali conseguenze catastrofiche del climate change, riportando la questione ambientale al centro dell’agenda politica ed economica mondiale: è questo, nella sostanza, l’obiettivo ultimo dell’Accordo di Parigi, conosciuto come la prima intesa universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici.

L’accordo è stato negoziato dai 197 Stati membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) ed è stato adottato a Le Bourget, vicino a Parigi, il 12 dicembre 2015, in occasione della 21ª sessione della conferenza delle parti (Cop21) dell’Unfccc e dell’11ª sessione della riunione delle parti del protocollo di Kyoto (Cmp11).

Il passaggio ha di fatto completato il processo negoziale che aveva avuto origine nel 2011 con la Cop17 di Durban.

Il processo d’adozione dell’Accordo di Parigi

I risultati della Cop21 consistono di due parti: l’Accordo di Parigi propriamente detto e la Decisione della Cop, che da un lato adotta l’Accordo e dall’altro lato stabilisce i passi che devono essere fatti negli anni successivi, prima che l’Accordo divenga operativo. In sostanza, l’Accordo di Parigi contiene gli obiettivi legalmente vincolanti di lungo periodo e si presenta, quindi, come una “legge quadro”, che per essere implementata ha bisogno di leggi attuative.

Il Segretariato generale delle Nazioni Unite, in quanto Depositario, ha aperto l’Accordo alla firma a New York il 22 aprile 2016, con una cerimonia alla presenza dei Capi di Stato. Secondo l’intesa del momento, l’accordo entrerà in vigore quando sia stato ratificato da almeno 55 Paesi che rappresentino almeno il 55% del totale delle emissioni globali di gas a effetto serra. Tale risultato viene ottenuto il 4 novembre 2016, a seguito della ratifica formale da parte dell’Ue avvenuta il 5 ottobre dello stesso anno. Tutti i paesi dell’UE hanno ratificato l’accordo.

Secondo quanto riferito dalle Nazioni Unite, ad oggi 191 Stati su 197 della Convenzione hanno deciso di far parte dell’Accordo di Parigi, mentre sono 195 i firmatari.

Che cosa prevede l’Accordo di Parigi?

L’obiettivo di lungo periodo dell’Accordo di Parigi è quello di contenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto della soglia di 2 °C oltre i livelli pre-industriali, e di limitare tale incremento a 1.5 °C, poiché questo ridurrebbe sostanzialmente i rischi e gli effetti dei cambiamenti climatici. L’Accordo viene quindi considerato un ponte tra le politiche odierne e la neutralità rispetto al clima entro la fine del secolo.

Entrando nel dettaglio, con l’Accordo di Parigi i governi hanno concordato di agire su più direttrici. Vediamo quali.

Emissioni in atmosfera

Obiettivi concordati:

  • mantenere l’aumento medio della temperatura mondiale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali come obiettivo a lungo termine;
  • puntare a limitare l’aumento a 1,5°C, poiché ciò ridurrebbe in misura significativa i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici;
  • fare in modo che le emissioni globali raggiungano il livello massimo al più presto possibile, pur riconoscendo che per i Paesi in via di sviluppo occorrerà più tempo;
  • conseguire successivamente rapide riduzioni secondo le migliori conoscenze scientifiche disponibili, in modo da raggiungere un equilibrio tra emissioni e assorbimenti nella seconda metà del secolo.

Quale contributo agli obiettivi dell’accordo, i Paesi hanno presentato Piani generali nazionali per l’azione per il clima. Questi non sono ancora sufficienti per conseguire gli obiettivi concordati in merito alle temperature, ma l’accordo traccia la strada da seguire per le azioni successive.

Trasparenza ed esame della situazione a livello mondiale

Obiettivi concordati:

  • riunirsi ogni 5 anni per valutare i progressi collettivi verso gli obiettivi a lungo termine e informare le parti affinché aggiornino e migliorino i loro contributi determinati a livello nazionale;
  • riferire agli altri Stati membri e all’opinione pubblica su cosa stanno facendo per realizzare l’azione per il clima;
  • segnalare i progressi compiuti verso gli impegni assunti con l’accordo attraverso un solido sistema basato sulla trasparenza e la responsabilità.

Adeguamento alle prescrizioni

Obiettivi concordati:

  • rafforzare la capacità delle società di affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici;
  • fornire ai Paesi in via di sviluppo un sostegno internazionale continuo e più consistente all’adattamento.

Perdite e danni

Oltre a tutto questo, l’Accordo riconosce l’importanza di “scongiurare, minimizzare e affrontare le perdite e i danni associati agli effetti negativi dei cambiamenti climatici”, oltre alla necessità di “cooperare e migliorare la comprensione, gli interventi e il sostegno in diversi campi, come i sistemi di allarme rapido, la preparazione alle emergenze e l’assicurazione contro i rischi”.

Gli altri protagonisti istituzionali

A città, regioni ed enti locali, pur non parti dell’accordo, viene riconosciuto un ruolo da coprotagonisti nell’affrontare i cambiamenti climatici. L’Accordo li invita ad intensificare i loro sforzi e sostenere le iniziative volte a ridurre le emissioni, costruendo resilienza e riducendo la vulnerabilità agli effetti negativi dei cambiamenti climatici, ma anche mantenendo la cooperazione regionale e internazionale.

Politiche di supporto all’Accordo di Parigi sul clima: 100 miliardi di dollari mobilitati all’anno fino al 2025

Nel quadro dell’Accordo, l’UE e altri Paesi sviluppati continueranno a sostenere l’azione per il clima nell’intento di ridurre le emissioni e migliorare la resilienza agli impatti dei cambiamenti climatici nei Paesi in via di sviluppo. Gli altri Paesi, contestualmente, sono incoraggiati a fornire lo stesso sostegno in modo volontario.
In questo quadro, i Paesi sviluppati prevedono di mantenere sino al 2025 l’obiettivo complessivo di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno. Dopo questo periodo verrà stabilito un nuovo obiettivo più consistente.

Il pacchetto di Katowice e l’Accordo sul clima di Parigi

Parlare dell’Accordo di Parigi senza citare il Pacchetto di Katowice significa tracciare un quadro solo parziale della questione. Adottato in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sul clima (Cop24) nel dicembre 2018, il Pacchetto contiene infatti norme, procedure e orientamenti comuni e dettagliati che rendono operativo l’Accordo di Parigi.

Il documento copre tutti i settori chiave, compresi la trasparenza, il finanziamento, la mitigazione e l’adattamento, e offre flessibilità alle parti alla luce delle loro capacità, consentendo nel contempo di attuare e riferire in merito ai loro impegni in modo “trasparente, completo, comparabile e coerente”. Il Pacchetto consente inoltre alle parti di rafforzare progressivamente i loro contributi alla lotta contro i cambiamenti climatici, al fine di conseguire gli obiettivi a lungo termine dell’Accordo.

La strada fino alla Cop 28 di Dubai

I passi successivi al pacchetto di Katowice si sono registrati nel 2019 con la COP25 a Madrid, in Spagna, a cui hanno partecipato più di 25mila delegati da tutto il mondo, che discutono l’ambizione di aumentare gli impegni nazionali per la riduzione delle emissioni, seguita dalla Cop 26 di Glasgow nel 2021, con l’accordo che stabilisce un piano d’azione per accelerare la riduzione delle emissioni di gas serra e per fornire assistenza finanziaria ai paesi in via di sviluppo per affrontare i cambiamenti climatici. Nel 2022 si è tenuta la Cop 27 a Sharm el-Sheikh, in Egitto, focalizzata sull’adattamento ai cambiamenti climatici e sulla mobilitazione dei finanziamenti per le perdite e i danni nei paesi più vulnerabili.

Il primo bilancio degli accordi di Parigi durante la Cop 28

Durante la COP 28 è stato realizzato il primo bilancio globale nel quadro dell’accordo di Parigi, che ha misurato i progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi climatici stabiliti dall’accordo. Il bilancio ha evidenziato la necessità di raggiungere il picco delle emissioni globali di gas a effetto serra entro il 2025 e di una loro riduzione del 43% entro il 2030 e del 60% entro il 2035 rispetto ai livelli del 2019, al fine di limitare il riscaldamento globale a 1,5 ºC. Dalla COnferenza è inoltre emerso con chiarezza il ritardo di alcuni paesi rispetto al conseguimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi. Le parti hanno inoltre convenuto di presentare entro la Cop 30 i loro piani aggiornati per il clima per il 2035, che dovrebbero essere allineati al limite di 1,5 ºC sulla base delle migliori conoscenze scientifiche disponibili e dei risultati del bilancio globale 2023.

L’accordo raggiunto alla fine della Cop 28 dà ufficialmente il via alla “transizione dai combustibili fossili” per raggiungere l’obiettivo di emissioni zero nel 2050. All’intesa (qui il testo) hanno dato il proprio consenso tutti i 198 Paesi partecipanti, mettendo nero su bianco – per la prima volta – il necessario superamento delle “fonti fossili”. 

Il documento sottolinea, all’articolo 28, la necessità di “abbandonare i combustibili fossili nei sistemi energetici, in modo giusto, ordinato ed equo, accelerando l’azione in questo decennio critico, in modo da raggiungere lo zero netto entro il 2050, in accordo con la scienza”. Per raggiungere la soglia concordata, si prevede che il mondo raggiunga il picco massimo di emissioni di carbonio entro il 2025, ma si lascia un margine di manovra a singoli Paesi come la Cina per raggiungere il picco più tardi.

Il testo contiene molteplici inviti legati alla transizione energetica, tra i quali quello a triplicare le capacità di energia rinnovabile e a raddoppiare il ritmo dei miglioramenti dell’efficienza energetica entro il 2030, anche accelerando le tecnologie “zero carbon” e “low carbon”, tra cui l’energia nucleare, l’idrogeno a basso contenuto di carbonio e la nascente cattura e stoccaggio del carbonio.

I Paesi aderenti all’accordo di Parigi dovrebbero inoltre, secondo il documento, fissare “obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni a livello economico” che coprano tutti i gas serra, i settori e le categorie.

Piano globale d’azione per il clima che arriva dall’Accordo di Parigi

Al di fuori dei negoziati intergovernativi formali, i Paesi, le città e le regioni, le imprese e i membri della società civile di tutto il mondo stanno adottando misure per accelerare l’azione cooperativa in materia di clima a sostegno dell’accordo di Parigi, nell’ambito del Piano globale d’azione per il clima.

L’impatto economico dell’Accordo di Parigi e le opportunità di crescita sostenibile

L’Accordo di Parigi non solo rappresenta un impegno globale per contrastare i cambiamenti climatici, ma offre anche un’opportunità significativa per stimolare la crescita economica sostenibile. L’implementazione delle sue disposizioni spinge i paesi ad adottare politiche che favoriscono l’innovazione tecnologica e la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, creando così un ambiente favorevole per lo sviluppo di nuovi settori industriali.

Costi e benefici delle misure climatiche

Adottare le misure previste dall’Accordo di Parigi comporta alcuni costi iniziali per la trasformazione dei sistemi energetici e industriali. Tuttavia, questi costi sono ampiamente compensati dai benefici a lungo termine, che includono la riduzione dei danni ambientali, la diminuzione dei costi sanitari associati all’inquinamento e la prevenzione delle perdite economiche dovute a eventi climatici estremi. Inoltre, investire in tecnologie pulite e in infrastrutture resilienti genera posti di lavoro e stimola l’economia locale.

Crescita nel settore delle energie rinnovabili

Uno dei settori che trae maggior vantaggio dall’Accordo di Parigi è quello delle energie rinnovabili. L’aumento degli investimenti in energie solari, eoliche e altre fonti sostenibili sta creando una domanda crescente di tecnologie avanzate e nuove soluzioni energetiche. Questo trend favorisce non solo la riduzione delle emissioni di gas serra, ma anche la creazione di nuove opportunità di lavoro e l’espansione di mercati innovativi.

Innovazione tecnologica e infrastrutture verdi

L’accordo stimola l’innovazione tecnologica, incentivando la ricerca e lo sviluppo di nuove soluzioni per migliorare l’efficienza energetica e ridurre l’impatto ambientale. Le infrastrutture verdi, come le reti di trasporto sostenibili e le città intelligenti, stanno diventando pilastri essenziali nella pianificazione urbana e regionale, offrendo benefici economici significativi e migliorando la qualità della vita.

Opportunità nell’economia circolare

L’Accordo di Parigi incoraggia anche l’adozione di modelli di business basati sull’economia circolare, che valorizzano il riutilizzo delle risorse e riducono al minimo gli sprechi. Questo approccio non solo contribuisce alla sostenibilità ambientale, ma favorisce anche la competitività economica, aprendo nuove opportunità per le imprese che adottano pratiche innovative.

Il ruolo dell’UE nel contesto internazionale

L’UE è da sempre in prima linea negli sforzi internazionali per lottare contro i cambiamenti climatici. È stata determinante per l’intermediazione dell’accordo di Parigi e continua a ricoprire un ruolo guida a livello mondiale. Nel dicembre 2020, l’Ue ha presentato i suoi NDC (Contributi determinati a livello nazionale) aggiornati e rafforzati, l‘obiettivo di ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e informazioni per facilitare la chiarezza, la trasparenza e la comprensione degli Ndc.

L’UE e i suoi Stati membri, agendo congiuntamente, si sono impegnati a raggiungere un obiettivo vincolante di riduzione interna netta di almeno il 55% delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Il contributo iniziale dell’Ue determinato a livello nazionale nel quadro dell’Accordo di Parigi consisteva nell’impegno a ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, nel contesto della sua più ampia Agenda 2030 in materia di clima ed energia e sul climate change. Tutte le principali normative dell’UE per l’attuazione di tale obiettivo sono state adottate entro la fine del 2018.

(articolo aggiornato il 4 febbraio 2025)

Articolo originariamente pubblicato il 16 Mar 2021

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