AMBIENTE

Biomassa ittica: allarme FAO per cali drammatici a causa dei cambiamenti climatici



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Un nuovo rapporto della FAO rivela come il climate change sia la causa di riduzioni significative della biomassa ittica, con un impatto sui paesi produttori e quelli dipendenti dagli alimenti acquatici

Pubblicato il 11 lug 2024



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Una recente ricerca dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura FAO mette iin luce i potenziali rischi climatici per la biomassa ittica in quasi tutte le regioni degli oceani del mondo, con minacce per i principali paesi produttori e per quelli fortemente dipendenti dagli alimenti acquatici. Le proiezioni globali sulla biomassa ittica sfruttabile indicano cali superiori al 10 percento, in particolare nello scenario ad alte emissioni di CO2 entro la metà del secolo per molte regioni del mondo, come si rileva dal rapporto “Climate change risks to marine ecosystems and fisheries: Projections to 2100 from the Fisheries and Marine Ecosystem Model Intercomparison Project“.

Entro la fine del secolo, nello scenario ad alte emissioni, in cui si rischia un riscaldamento globale di 3–4.0 °C, i cali peggiorano fino al 30 percento o più in 48 paesi e territori. Invece, nello scenario a basse emissioni, che prevede un riscaldamento globale di 1.5–2 °C, in linea con l’Accordo di Parigi le variazioni si stabilizzano tra nessun cambiamento e una diminuzione del 10 percento o meno in 178 paesi e territori entro la fine del secolo.

Un rischio concreto per la pesca

Tra i cali significativi figurano quelli delle principali nazioni produttrici di pesce, che peggiorano verso la fine del secolo nello scenario ad alte emissioni; per esempio il 37.3 percento per le Zone Economiche Esclusive del Perù e il 30.9 percento per quelle della Cina, ma si stabilizzano sotto lo scenario a basse emissioni.

Il rapporto è stato prodotto dal FishMIP (Ecosystem Model Intercomparison Project), una rete internazionale di ricercatori che collabora con la FAO per comprendere gli impatti a lungo termine dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi marini e sulle attività ittiche attraverso un insieme di modelli numerici. Il rapporto segue poi l’ultima edizione de “The State of World Fisheries and Aquaculture”, che ha mostrato come la produzione mondiale di pesca e acquacoltura abbia raggiunto un nuovo record di 223.2 milioni di tonnellate nel 2022.

Ridurre i rischi agli ecosistemi marini “Comprendere gli impatti potenziali dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi marini e sulle loro risorse ittiche, nonché le relative incertezze, è cruciale per progettare programmi di adattamento su scale appropriate,” ha dichiarato Manuel Barange, Direttore Generale Aggiunto della FAO e Direttore della Divisione Pesca e Acquacoltura. “Le emissioni più basse riducono significativamente le perdite di biomassa alla fine del secolo per quasi tutti i paesi e territori rispetto allo scenario ad alte emissioni. Ciò evidenzia i benefici delle misure di mitigazione dei cambiamenti climatici per la pesca e gli alimenti acquatici”.

Un confronto delle perdite previste sotto entrambi gli scenari alla fine del secolo rivela che ridurre le emissioni offre vantaggi evidenti per quasi tutti i paesi e territori. Ciò include gli Stati insulari piccoli in via di sviluppo dove le persone dipendono fortemente dalla pesca per cibo e reddito e dove i rischi ecologici ed socio-economici legati ai cambiamenti climatici sono maggiori.

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