STRATEGIE

La GenAI di IBM per il mondo enterprise: modelli, soluzioni e approcci



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Da una GenAI che crea contenuti generalisti ad assistenti AI in grado di aumentare produttività e vantaggio competitivo delle aziende a partire dai dati, fino ad agenti AI in grado di svolgere autonomamente attività complesse. IBM sta sviluppando la propria AI in questa direzione, attenta all’evoluzione delle soluzioni di governance

Pubblicato il 29 nov 2024

Claudia Costa

Web Content Editor



genai ibm

Agli IBM Studios, gli uffici in centro a Milano di una tra le più affermate aziende informatiche nel mondo ma anche ambiente dinamico di collaborazione e co-creazione con i clienti, si è svolto un incontro stampa dedicato alla strategia di intelligenza artificiale nell’ottica enterprise propria della Big Blue. La decisione di lavorare a una Generative AI per le imprese non orientata alla sperimentazione, ma a quella che IBM definisce come l’intelligenza artificiale del fare, insieme all’annuncio dei nuovi modelli linguistici di terza generazione IBM Granite, è uno degli aspetti che più caratterizzano il posizionamento di IBM sul mercato della GenAI. Focalizzarsi sul comparto aziendale richiede un approccio legato all’utilizzo intensivo dei dati, i soli che posso portare un reale valore competitivo, e che devono essere protetti contro qualsiasi minaccia informatica.

“In un momento di profonda trasformazione, sono entusiasta di assumere la guida di IBM in Italia” afferma Alessandro La Volpe che è stato nominato Amministratore Delegato di IBM Italia nel luglio 2024, succedendo a Stefano Rebattoni, che dopo aver guidato la società negli ultimi tre anni e mezzo, ha assunto il ruolo di General Manager dell’area Northern, Central and Eastern Europe continuando a ricoprire la carica di Presidente per IBM Italia. “Con 110 anni di storia e 97 anni di presenza in Italia, IBM è fortemente radicata nel tessuto industriale e amministrativo del paese. La nostra sfida – sottolinea La Volpe – è sfruttare le potenzialità del cloud ibrido e dell’AI generativa per continuare a supportare la trasformazione digitale del Paese, al fianco di clienti e partner che desiderano accrescere produttività, efficacia ed efficienza senza rinunciare ai temi della responsabilità, dell’etica e dell’inclusione“.

Come passare dalla sperimentazione a un’adozione su ampia scala 

La Volpe descrive il mondo delle imprese attraverso le tre forze, strettamente interconnesse tra loro, che a suo avviso stanno plasmando il contesto in cui opera IBM. La prima è lo scenario geopolitico, caratterizzato da un livello di incertezza ben noto a tutti che ha a che fare con le dinamiche politiche globali, il posizionamento delle grandi potenze mondiali, l’approvvigionamento di materie prime e la gestione delle risorse energetiche e altre risorse limitate.

La seconda forza è rappresentata dalle tecnologie emergenti, una su tutte l’intelligenza artificiale generativa che ha catalizzato l’attenzione negli ultimi 18 mesi. La cybersecurity, fondamentale in ogni attività, è una priorità anche nelle situazioni di conflitto internazionale. Inoltre, non è da ignorare lo sviluppo del calcolo quantistico, con i data center recentemente inaugurati da IBM in Europa e Corea del Sud, che rappresentano una realtà concreta pur essendo ancora in fase evolutiva.

La sostenibilità costituisce invece la terza forza, e sebbene possa mostrare tendenze altalenanti, rimane un tema centrale e imprescindibile nell’operato delle aziende.

IBM e la scelta di una “GenAI del fare per il mondo delle imprese

Nel contesto aziendale la resilienza, ovvero la capacità di reagire e adattarsi a uno scenario di incertezza, è fondamentale per ottenere un vantaggio competitivo e si basa oggi più che mai su due pilastri: le competenze da un lato e la Generative AI dall’altro.

Le opportunità di mercato legate alla GenAI sono chiare. Gli analisti prevedono un incremento di produttività globale di 4.400 miliardi di dollari da qui al 2030. Per l’Italia, si traduce in un potenziale aumento di produttività di circa 90 miliardi di euro. “Per cogliere questa enorme opportunità – osserva La Volpe – le aziende devono adottare una GenAI che sia aperta, affidabile e scalabile, considerando attentamente i costi e le implicazioni ambientali”.

Attualmente circa il 45% delle aziende a livello globale sta sperimentando l’uso dell’intelligenza artificiale, sia generativa che tradizionale, con una maggiore adozione tra le grandi imprese. Tuttavia, solo il 10% di queste aziende ha raggiunto un livello di adozione pervasivo, portando i loro prototipi in produzione.

Alessandro La Volpe, AD IBM Italia

“Siamo ancora in una fase di sperimentazione, il che è positivo visto che le barriere all’ingresso per la GenAI sono diminuite, facilitando l’accesso anche alle piccole e medie imprese. Tuttavia – osserva l’AD – rimanere bloccati nella fase di prototipazione senza avanzare verso la produzione può diventare una trappola, un vicolo cieco da cui è difficile uscire. Rischiamo di perdere un vantaggio competitivo, quando invece dovremmo capitalizzare su questa occasione per accelerare il nostro progresso”.

Il circolo virtuoso per accelerare l’adozione della GenAI: dai casi d’uso ai dati

Nel percorso ideale di adozione della GenAI, ciò che conta secondo IBM è iniziare dai casi d’uso, identificando i più rilevanti per ogni azienda in base al settore di riferimento e alle proprie esigenze. “Una scelta strategica – afferma La Volpe – che rifugge dal rischio di rimanere intrappolati in una fase di semplice sperimentazione. I casi d’uso più frequenti che osserviamo riguardano l’automazione dei processi IT, il supporto al coding per affiancare gli sviluppatori, e il miglioramento della customer experience, che permette di offrire servizi migliori a clienti, consumatori, dipendenti e fornitori”.

Dopo aver identificato i casi d’uso, il passo successivo è rappresentato dai dati, la cui importanza non può essere sottovalutata. Quasi il 100% dei dati pubblici e generalisti sono già stati impiegati per l’addestramento di algoritmi di AI generativa. Nel contesto aziendale, invece, meno dell’1% dei dati è stato utilizzato per addestrare algoritmi di GenAI.

“Questo gap – continua La Volpe – impedisce alle aziende di sfruttare appieno i benefici della GenAI. Ciò che occorre è gestire i dati in modo sicuro e affidabile, con un’architettura cloud basata su approcci open source, per garantire che il loro utilizzo generi vantaggi tangibili e non controproducenti per l’azienda”.

GenAI, i modelli di IBM per un’implementazione sicura e affidabile

Definita una piattaforma dati adeguata, si passa ai modelli. L’approccio IBM si basa sull’offerta di modelli di AI affidabili e sicuri, appositamente pensati per le aziende. Il 21 ottobre ha annunciato la terza generazione di un’intera famiglia di modelli noti come Granite, disponibili su Hugging Face per il download.

“Con parametri che vanno dai 3 agli 8 miliardi, questi modelli sono più piccoli rispetto ai modelli generalisti da 400 miliardi di parametri, ma ottimizzati per le esigenze specifiche delle aziende – spiega l’AD – Modelli della giusta misura, ottimizzati con i dati aziendali, possono favorire un’adozione più rapida della GenAI, offrendo prestazioni almeno equivalenti o addirittura superiori a costi sensibilmente ridotti. Questo è fondamentale per le imprese, considerando l’impatto ambientale e le emissioni associate all’uso intensivo di data center che alimentano i modelli”.

Questi modelli lavorano in sinergia con i foundation model per identificare, riconoscere e neutralizzare i potenziali rischi di sicurezza, inclusi quelli legati ai bias che potrebbe emergere durante l’addestramento. Ma è importante, continua La Volpe, “Costruire la fiducia nel funzionamento di questi modelli, illustrando chiaramente come operano le intelligenze artificiali, anche alle persone non addette ai lavori IT, garantendo la capacità di neutralizzare eventuali comportamenti distorti”.

I modelli IBM sono addestrati anche per proteggere dalla violazione della proprietà intellettuale di terzi. “Offriamo garanzie di indennità per proteggere le aziende dal rischio di violazioni di IP (intellettual property), assicurando che i modelli non siano stati addestrati con dati non autorizzati” aggiunge l’AD.

Infine, sono progettati per funzionare su infrastrutture ibride ovunque sia necessario, quindi a supporto sia dell’ambiente edge che del cloud. Ciò permette di distribuire l’AI generativa anche in ambienti con bassa latenza e capacità computazionale limitata, integrandosi con il mondo ibrido o in data cloud nazionale o data center dei nostri clienti. “Questa flessibilità assicura che l’AI possa crescere insieme alle esigenze dei nostri clienti” precisa La Volpe.

Governance e assistenti per affrontare la complessità dell’intelligenza artificiale

Constatato che non esiste un modello universale di intelligenza artificiale adatto a tutte le situazioni, è poi essenziale comprendere come funzionano questi modelli e garantire trasparenza. Un aspetto cruciale è quello la governance della GenAI.

“Il nostro impegno in questo ambito risale a 10-15 anni fa, con investimenti significativi per gestire la complessità di una multi-AI. Questo sforzo non si limita ai modelli di partner IBM, come Meta, ma si estende a qualsiasi modello disponibile sul mercato, offrendo soluzioni di governance ai clienti indipendentemente dalla famiglia di modelli adottati” racconta La Volpe.

Nella curva di valore si arriva agli assistenti virtuali. IBM ha recentemente annunciato una nuova famiglia di code assistant, progettata per supportare gli sviluppatori e migliorare l’esperienza cliente. Questi assistenti hanno dimostrato di poter aumentare di dieci volte la capacità di risposta alle esigenze dei clienti, migliorando significativamente l’efficienza. In ambito di sviluppo software, possono accelerare i processi di coding dal 40 al 60%, automatizzando le attività necessarie. Questo è il mondo degli assistenti virtuali ed è il terreno su cui IBM sta operando oggi.

Oltre gli assistenti: gli agenti AI per processi multi-step e outcome strategici

Ma guardando verso la prossima frontiera, che è vicinissima “parliamo di settimane, se non giorni, considerato il ritmo accelerato di oggi ci imbattiamo nel mondo degli agenti che rappresentano una nuova evoluzione della generative AI” prosegue La Volpe.

Attualmente, gli assistenti automatizzano compiti specifici: ricevono un input e compiono un’azione basata sull’addestramento del modello. Tuttavia, quando si tratta di processi multi-step che richiedono un livello avanzato di apprendimento e automazione, gli assistenti tradizionali mostrano dei limiti.

Qui entrano in gioco gli agenti. Ad esempio, nel settore IT, se chiediamo a un assistente chi siano i concorrenti di IBM, esso fornirà semplicemente un elenco di nomi. Ma se la domanda diventa più complessa, come identificare i concorrenti di IBM con una quota di mercato specifica al Nasdaq, l’assistente potrebbe bloccarsi o -fornire risposte errate.

Gli agenti risolvono queste difficoltà, gestendo processi a più fasi con orchestrazione e automazione di vari passaggi, integrando dati e informazioni diverse. In questo modo, un agente può identificare le aziende del Nasdaq degli ultimi 5 anni, ordinarle in base alla quota di mercato e fornire un output dettagliato. Gli agenti, quindi, lavorano sugli outcome piuttosto che su singoli task, offrendo un’automazione e capacità di apprendimento superiori.

Nel contesto aziendale, gli agenti possono offrire un vantaggio strategico in aree come il digital labor, la customer experience e l’interazione con i sistemi di supporto clienti. Anche se non tutti i casi d’uso sono rilevanti, quelli che possiedono un valore strategico chiaro meritano di essere sviluppati e scalati.

Il ruolo dei dati e l’approccio bottom-up come chiavi del successo

Spesso all’interno delle aziende, i dati non sono strutturati, sono conservati in silos e non è detto che si disponga di data lake. Questo stato può ostacolare il processo virtuoso di adozione dell’intelligenza artificiale.

Il percorso di trasformazione che IBM propone ai clienti è lo stesso che ha vissuto sulla propria pelle e richiede anzitutto un forte impegno dall’alto verso il basso (commitment top-down). È essenziale che ci sia una consapevolezza strategica del potenziale impatto aziendale, accompagnata da un’adozione dal basso verso l’alto (bottom-up). “Queste due forze devono coesistere, poiché l’intelligenza artificiale generativa può trasformare profondamente le strutture interne, i centri di potere, i modelli organizzativi e i processi tradizionali, creando barriere significative all’adozione” commenta La Volpe.

Le principali sfide sono rappresentate dalle competenze e dalla gestione dei dati. Per sfruttare appieno il potenziale dell’intelligenza artificiale, è fondamentale disporre di una piattaforma dati aperta, basata su un’architettura cloud ibrida, che renda accessibili dati di diversa natura, sia strutturati che semistrutturati, in tempi utili per il lavoro. Senza questa base infrastrutturale, qualsiasi discorso sull’AI è pura sperimentazione.

“Il vero valore, l’AI plus, viene dal ripensare i processi aziendali con l’intelligenza artificiale al centro, andando oltre la semplice sperimentazione. Ciò richiede il supporto convinto della dirigenza e la rimozione di barriere interne. Tuttavia, il punto di partenza fondamentale sono i dati. Iniziare dai dati è essenziale per abbattere le barriere interne e ottenere l’adesione del top management” conclude La Volpe.

La GenAI di IBM per una nuova era della consulenza

In un mondo in continua trasformazione, in cui l’intelligenza artificiale generativa gioca un ruolo sempre più centrale e di conseguenza l’acquisizione delle competenze per trarre il massimo valore dalla tecnologia, IBM Consulting Italia si è interrogata sul come possa evolvere il “modo di fare consulenza”.

Tiziana Tornaghi, GM IBM Consulting Italia

Tiziana Tornaghi, General Manager IBM Consulting Italia ha sottolineato “Siamo 160.000 consulenti a livello globale, e abbiamo un punto di osservazione unico, che è quello dell’accesso in via privilegiata a tutto il mondo della tecnologia di IBM ma non solo, anche ai laboratori, ai centri di ricerca, incluso l’osservatorio privilegiato dell’Institute for Business Value che fornisce dati, analisi e uno sguardo approfondito sull’opinione di oltre 6.000-7.000 CEO nel mondo. La nostra offerta è aperta: lavoriamo su tecnologia IBM, ma i nostri clienti lavorano anche con altri fornitori e in un contesto di ecosistema, anche noi usufruiamo di questa apertura”.

Cosa cambia con la IBM Consulting Advantage Platform

La IBM Consulting Advantage Platform è una piattaforma pensata appositamente per i consulenti di IBM, basata su Watson X e addestrata con dati proprietari di IBM, ma è aperta e opera in un contesto di cloud ibrido, consentendo un’integrazione fluida con ambienti come Microsoft o AWS. Include una serie di metodi e benchmark a cui i consulenti possono attingere rapidamente per ottenere dati, informazioni e riferimenti, oltre a una serie di asset sviluppati a livello globale, piuttosto che localmente.

“Disponiamo di centri di competenza globali specializzati per settore, che ci mettono a disposizione asset significativi per ogni industria, che possono accelerare lo sviluppo di soluzioni e la loro consegna. Inoltre – continua Tornaghi – la piattaforma include oltre 2000 assistenti digitali che facilitano le nostre attività. Essendo una piattaforma aperta, permette di collaborare e co-creare soluzioni con i nostri clienti, al di là degli assistenti predefiniti, è anche possibile svilupparne di nuovi insieme ai clienti”.

La GenAI di IBM potenzia le competenze dei consulenti 

Da quando questa modalità operativa è stata implementata nel luglio del 2024, Tornaghi rivela di aver notato un’accelerazione nella definizione delle soluzioni e un aumento della competitività. “Parlando di intelligenza artificiale si fa riferimento a persone, competenze e dati. Grazie a questa piattaforma, siamo in grado di liberare i nostri consulenti da compiti ripetitivi, permettendo loro di dedicare più tempo allo sviluppo delle competenze necessarie per sfruttare appieno i benefici dell’intelligenza artificiale, in particolare quella generativa”.

Una barriera significativa riguarda l’evoluzione delle competenze digitali, un aspetto critico sollevato da tutti i clienti. Senza competenze adeguate, è difficile ottenere una progressione o raggiungere gli aumenti di produttività previsti. “Questo è il lavoro che stiamo portando avanti da un anno, ottenendo ottimi risultati con casi clienti significativi. Ad esempio, con Wind3 abbiamo migliorato la gestione e l’ottimizzazione delle chiamate, oltre ai risultati ottenuti. Parallelamente, abbiamo realizzato un programma di change management, collaborando con il personale del customer center per migliorare l’adozione degli strumenti di automazione offerti. Questo ha portato a un processo congiunto di ottimizzazione della produttività e miglioramento delle competenze”.

Dal POC all’operatività: come affrontare il change management

Un problema comune nelle aziende è la transizione dal POC (Proof of Concept) alle operazioni quotidiane, un passaggio strettamente legato al change management. “Il metodo più efficace per gestire questa fase critica è quello della co-creazione e collaborazione – spiega Tornaghi – Quando riusciamo a introdurre soluzioni specifiche per l’industria che apportano vantaggi ai processi dei clienti, spesso richiedono una ridefinizione dei ruoli, specialmente in ambiti come l’automazione e l’intelligenza artificiale. C’è sempre una questione centrale da affrontare: l’intelligenza artificiale sostituirà le persone o le aiuterà a fare progressi? La sfida che stiamo affrontando, e che guida il nostro approccio risolutivo è collaborare per capire come i processi possano essere trasformati, resi più efficienti e migliorati, e soprattutto cosa ciò significhi per i team che li gestiscono”.

Un esempio arriva dalla collaborazione di IBM con un’azienda nel settore delle utilities, dove ha introdotto soluzioni di ottimizzazione per il settore idrico e della misurazione per innovare raccolta e misurazione dei dati, redazione dei report e interpretazione delle informazioni. Il risultato è stata la formazione di un gruppo di data scientist, che ha reso l’azienda autonoma nel proseguire le attività senza un supporto continuo da parte dei consulenti. “Anche se questo ha comportato un mancato rinnovo del contratto nei termini inizialmente previsti, ha portato a una maggiore soddisfazione del cliente e a una rinnovata capacità di progresso autonomo” commenta Tornaghi.

Come raggiungere quel “tesoretto” dei 90 miliardi di euro in produttività

Guardando a quei 90 miliardi di euro che l’Italia potrebbe guadagnare in produttività dall’impiego efficiente e affidabile della GenAI “Penso che la principale barriera all’adozione sia l’accettazione da parte delle organizzazioni – interviene Tornaghi – Un processo di change management e una revisione delle competenze, richiede consapevolezza da parte del top management sia delle esigenze tecnologiche che delle competenze necessarie. Questa è la priorità. Attualmente, il settore industriale appare il più aperto all’adozione dell’AI, grazie ai progressi nei processi di automazione. Anche il settore delle utilities, per la sua rilevanza in termini di sostenibilità, è predisposto al cambiamento. Inoltre, il settore bancario e assicurativo offre ampie opportunità da esplorare, su cui stiamo cominciando a lavorare in modo significativo. I prossimi tre-cinque anni saranno critici secondo la mia visione”.  

Guardando indietro, sostiene La Volpe, “L’avvento di Internet trent’anni fa è stata l’unica trasformazione paragonabile a livello di impatto a quello della GenAI. Internet ha avuto un impatto significativo in vari settori, e per quanto riguarda l’AI, retail, banche e servizi pubblici, che gestiscono grandi volumi di interazioni con clienti esterni, sono particolarmente adatti. In termini di adozione industriale, vediamo un impatto trasversale, con le grandi aziende che si muovono più rapidamente rispetto alle piccole e medie imprese, principalmente per la varietà di competenze disponibili. Tuttavia, l’accesso a queste tecnologie è possibile per tutti, riducendo le differenze competitive entro il 2030″. 

La GenAI di IBM oltre le black box

Tra gli ambiti in cui la GenAI si rivela utile c’è il settore legale, dove la tecnologia può aiutare nella semplificazione normativa e nella creazione di documenti come i termini e le condizioni dei servizi. Nell’ambito della customer experience, l’AI può migliorare il supporto al cliente finale. Nel settore delle risorse umane, può ottimizzare la selezione del personale, ad esempio, attraverso lo screening dei curriculum. Nel marketing, consente di creare campagne altamente personalizzate grazie all’analisi dei dati e alla generazione di target personas. Se l’intelligenza artificiale ha il potenziale di permeare tutti i settori dell’industria, la vera sfida è comprendere e soprattutto fidarsi dei risultati che i modelli AI restituiscono.

A sollevare la questione è Raoul Rocher, Data & AI Technical Specialist, IBM Italia che afferma “Spesso, questi modelli sono delle black box, ossia forniscono risposte senza spiegare gli step che hanno seguito per arrivarci. Questo è il motivo per cui la trasparenza è fondamentale e quindi, disporre di fonti dati che supportano i risultati del modello”.

La strategia di IBM si basa su tre pilastri: gestione e organizzazione dei dati in maniera efficace, un approccio aperto all’AI con modelli come quelli della famiglia Granite di WatsonX e una solida governance per garantire trasparenza e conformità alle normative, specialmente alla luce della recente legislazione europea AI Act, che è entrata in vigore ad agosto 2024.

“Questa strategia – prosegue Rocher – si riassume in WatsonX, che include moduli per la gestione dei dati, dei modelli AI e della governance. Per realizzare la missione che ci ha consegnato il nostro CEO IBM Corporation, Arvind Krishna, We can make IBM the most trusted technology partner of the 21th century, dobbiamo impegnarci a promuovere una tecnologia aziendale che sia non solo innovativa, ma anche trasparente, etica e soprattutto affidabile“.

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