Il tema della comunicazione rappresenta per molte organizzazioni un aspetto rilevante per lo sviluppo di progetti ESG e per investire risorse in un cambiamento destinato a modificare profondamente il profilo “comportamentale” delle aziende in merito alla sostenibilità.
Certamente uno degli asset di questo cambiamento è legato alle opportunità per le organizzazioni di guadagnare un posizionamento autorevole e una reputazione in termini di attenzione all’ambiente, di iniziative sul sociale e di buone pratiche a livello di governance. Valori importanti che sono sempre più apprezzati e che sono sempre più importanti anche in termini di impatto sui processi decisionali che stanno alla base delle scelte quotidiane dei consumatori.
Ma il tema della comunicazione non si ferma alla “valorizzazione” dei risultati raggiunti, anzi, è un asset che entra a far parte in modo fondamentale del percorso ESG per l’accesso al mercato dei capitali con una serie di temi e prospettive nuove che abbiamo voluto affrontare con il supporto di Sergio Fumagalli, advisor P4I.
Come incide il Regolamento EU 2019/2088 in questo senso?
Sotto questo profilo, Regolamento EU 2019/2088 del Parlamento Europeo e del Consiglio, che sarà pienamente esecutivo dal 31/03/2021, svolge un ruolo centrale e profondamente innovativo, dettando regole sia in riferimento alle diverse tipologie di operatori finanziari, sia relativamente ai prodotti finanziari offerti da questi al mercato ovvero oggetto della consulenza.
Tra le varie raccomandazioni il Regolamento impone, infatti, a tutti i partecipanti al mercato finanziario e ai consulenti finanziari di pubblicare sul loro sito le politiche di due diligence rispetto a questi temi.
In particolare i partecipanti al mercato finanziario devono pubblicare “ove prendano in considerazione i principali effetti negativi delle decisioni di investimento sui fattori di sostenibilità, una dichiarazione concernente le politiche di dovuta diligenza per quanto riguarda tali effetti [..]” e, “ove non prendano in considerazione gli effetti negativi delle decisioni di investimento sui fattori di sostenibilità, una chiara motivazione di tale mancata considerazione” In altre parole “Chi gestisce il capitale investito considerando le conseguenze per la sostenibilità deve dire come lo fa; oppure, al contrario, deve dire che NON lo fa, perché non lo fa e deve qualificare il suo atteggiamento in futuro, ovvero deve comunicare se in futuro intenderà prenderlo in considerazione.
Nessuno degli operatori finanziari è escluso da questi obblighi, anche se è prevista una loro modulazione in funzione della dimensione degli operatori interessati.
Analoghi obblighi sono poi previsti per i consulenti finanziari.
Ad essere normata è sia la fase informativa svolta sui siti web, sia il materiale precontrattuale e le attività di marketing.
Quanto dettagliate sono le prescrizioni in una materia come la sostenibilità che è molto tecnica? Si tratta di indicazioni qualitative o anche quantitative?
Siamo in un territorio che è possibile qualificare – ed è qualificato dal Regolamento -c on il termine trasparenza e che possiamo intendere come una sorta di “obbligo alla disclosure“. Come detto, le aziende e le organizzazioni sono libere di scegliere, ovvero di “fare” o “non fare”, ma devono comunicarlo in modo chiaro, visto che anche il contenuto, cioè ciò che si deve comunicare, è normato, mentre per il merito tecnico, anche a livello quantitativo, è prevista una serie di provvedimenti tecnici complementari la cui predisposizone è affidata al Comitato congiunto delle autorità di vigilanza europee (EBA, EIOPA ed ESMA) e la cui approvazione è delegata alla Commissione, cioè con un iter semplificato. Appare, quindi, evidente che con questa premessa l’attività di comunicazione non è più discrezionale, non è più nemmeno “contendibile”, ma assume una dimensione ufficiale con la fisionomia di un “parametro” sul quale costruire dei benchmark.
Quali conseguenze è lecito attendersi dall’entrata in vigore del Regolamento?
Davanti all’obbligo a pronunciarsi è evidente che le tematiche legate alla sostenibilità e a maggior ragione quelle legate all’ESG vengono “incanalate” all’interno di un framework che non mancherà di avere effetti sul mercato. Certamente il primo e forse più importante di questi riguarda la necessità, per gli attori che intendono operare sul mercato europeo di adeguarsi o rinunciare a questo mercato.
Un altro effetto riguarda la necessità per le imprese e le organizzazioni di ricondurre le iniziative e gli investimenti ESG alle logiche dettate dall’insieme dei provvedimenti riconducibili al Regolamento e di standardizzare i processi di comunicazione rispetto a questi riferimenti.
Un ultimo punto, infine, ma non certo il meno importante: avendo definito anche che cos’è un investimento sostenibile e avendo stabilito delle regole per la comunicazione relativa agli investimenti sostenibili, tutto diventa più chiaro anche per il mondo retail, ovvero in generale per tutti gli investitori, inclusi i privati cittadini, con un impatto assai rilevante anche al di fuori di confini EU.
I riferimenti di EBA, EIOPA ed ESMA
A questo proposito Fumagalli sottolinea la centralità e la rilevanza degli allegati tecnici che le tre istituzioni europee di vigilanza – EBA, EIOPA ed ESMA, collettivamente definite come ESA (European Supervisory Authorities) – pubblicheranno, a diverse scadenze entro il 2023 perché andranno a dettagliare in modo univoco e non equivoco che cosa si intende per investimento sostenibile e quando e come lo si intende coerente con gli SDG, cioè con l’agenda 2030 dell’ONU e con gli accordi di Parigi.
La rilevanza del mercato finanziario europeo inevitabilmente creerà un riferimento valido, anzi obbligatorio, per il mondo intero e darà certezza all’intero mercato finanziario e al sottostante mondo delle imprese.
Diventerà, quindi, sempre più difficile dare vita a quei comportamenti strumentali che vanno sotto il nome di “greenwashing” così come a quelli funzionali a sfruttare la sensibilità del publico ai temi ambientali e sociali per drenare risorse finanziarie senza un reale impegno in tal senso.
Ad oggi, infatti, la definizione di sostenibilità in ambito finanziario e i criteri con cui vengono costruiti gli indici qualificati come ESG e i benchmark relativi, è affidata agli operatori finanziari e ai produttori di informazioni finanziarie e dei servizi connessi e scontano pertanto un certo livello di arbitrarietà che non contribuisce alla trasparenza complessiva di un mercato che sta assumendo, anzi, ha ormai assunto una grandissima rilevanza.
Visto da un’altra prospettiva, il Regolamento contribuisce a dare certezze al lavoro degli operatori finanziari e dei consulenti, così come a quelli delle imprese, impegnate in investimenti non trascurabili per allineare l’operatività quotidiana nel senso della sostenibilità.
Insomma, con questo intervento dell’EU, che sarà completamente concluso nei prossimi 12/24 mesi, il tema della sostenibilità o, se si vuole, il tema ESG esce dalla fase nascente e infantile per entrare in una di piena maturità, sia a monte, cioè nei rapporti fra investitori e imprese, sia a valle, fra operatori finanziari e consumatori.
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