ANALISI

Dati e società digitale: comprendere e gestire la natura del dato (3)



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Come dare vita a una forma di governance digitale che permetta di gestire la materia prima dell’economia digitale considerando ll rapporto fra la natura individuale e la natura collettiva dei dati. Terza puntata

Pubblicato il 14 mar 2025

Sergio Fumagalli

Senior Partner P4I



Dati e società digitale
Sergio Fumagalli, Senior Partner P4I

Si può considerare la governance come una forma di gestione della materia prima dell’economia digitale? Se la sfida è quella che ho cercato di descrivere nei primi due articoli (il primo è accessibile QUI, il secondo QUI n.d.r.), cioè se è vero che i dati sono la materia prima dell’economia ma anche della società digitale, viene spontaneo domandarsi quali debbano essere le direttrici su cui è necessario muoversi per rapportarsi in modo efficace e propositivo con questo fenomeno sempre più rilevante.

Prendiamo un altro considerando del medesimo regolamento UE citato all’inizio del primo capitolo (REGOLAMENTO (UE) 2023/2854):

(15) I dati rappresentano la digitalizzazione delle azioni e degli eventi degli utenti […]

Cioè, i dati rappresentano la nostra vita.

Per comprendere appieno le implicazioni di questa affermazione è necessario approfondire l’analisi di ciò che chiamiamo “dati”.

La luce, in fisica, ha una duplice natura, ondulatoria e corpuscolare: è entrambe le cose, che sono fra loro molto diverse, ed entrambe le nature sono necessarie per spiegare tutti i fenomeni relativi alla luce.

La doppia natura dei dati

Anche i dati hanno una doppia natura: una individuale e una collettiva. Due nature che convivono e si intrecciano fra loro, ma mantengono significati diversi.

La natura individuale dei dati si riferisce all’insieme di tutti i dati, generati da qualsiasi fonte, relativi ad un determinato soggetto: una transazione, un post, il video di una telecamera, una mail, una query, un’immagine, ….

La natura collettiva dei dati si riferisce all’insieme di tutti i dati, generati da qualsiasi fonte, relativi a tutti i soggetti che compongono una collettività: big data e data lake che raccolgono dati strutturati e non, provenienti da fonti diverse e in formati diversi e costituiscono la base per elaborare rappresentazioni che consentono di retroagire sulla collettività descritta dai dati e sui singoli che ne fanno parte.

Quando si parla di collettività è facile – e corretto – pensare a un Paese, al suo popolo, al suo territorio, alle sue imprese, ma la natura collettiva dei dati riguarda qualsiasi collettività, comunque sia definita, senza che sia necessario stabilire a priori dei confini di qualsiasi tipo: una famiglia, gli abitanti di una valle, un’impresa, un gruppo etnico.

Il rapporto fra la natura individuale e la natura collettiva dei dati

I regimi autoritari, quando vogliono controllare i cittadini, vietano gli assembramenti perché sanno che il comportamento delle masse risponde a logiche che non sono riconducibili alla somma dei comportamenti dei singoli individui che le compongono. Il rapporto fra la natura individuale dei dati e quella collettiva è ben rappresentato dal rapporto fra la natura dei singoli individui che compongono una folla e quella della massa nel suo insieme.

Servono regole diverse per controllare gli individui e per controllare le masse di individui: da qui i divieti di assembramento dei regimi autoritari. Lo stesso è vero per i dati.

Dati e società digitale

Sulla gestione dei dati, l’UE ha approvato una serie di normative. Tutte si riferiscono alla natura individuale dei dati: il dato personale appartiene all’interessato a cui si riferisce e serve il suo consenso per utilizzarlo, salvo casi precisamente indicati; un romanzo appartiene a chi l’ha scritto, un brevetto a chi l’ha registrato.

L’attenzione del legislatore europeo è sempre dedicata a garantire i diritti umani, politici ed economici connessi al trattamento del dato e la sua sicurezza, tutelando il singolo nei confronti di chi controlla gli strumenti tecnologici che trattano il dato o di chi lo vuole violare. È un aspetto essenziale ma insufficiente.

Il valore economico del dato

Il valore economico di un dato individuale, in sé, è irrilevante. I casi in cui non lo è dipendono non dal dato in sé ma dal significato che esso assume in un determinato contesto (uno scoop su una persona molto famosa in Italia, in Vietnam probabilmente non ha valore alcuno, una informazione finanziariamente rilevante può avere valore per un settore industriale o per un insieme di investitori e nessun valore per altri, …).

Per questa ragione, tutti i tentativi di monetizzare i dati personali delle singole persone, tentativi che pure ci sono stati, sono naufragati nel nulla.

Se consideriamo, invece, la natura collettiva dei dati il quadro cambia sostanzialmente.

L’insieme di un numero virtualmente infinito di dati individuali relativo a un numero grandissimo di oggetti (persone, cose, imprese …) che costituiscono una collettività è in sé un oggetto di grandissimo valore, con identità e qualità sue proprie, distinte da quelle dei singoli dati individuali che lo compongono, come una massa di individui ha comportamenti non riconducibili alla somma di quelli dei singoli individui che la compongono.

Chi controlla gli strumenti e le regole con cui tale oggetto viene costruito acquisisce detiene un potere molto rilevante perché grazie a tale oggetto può conoscere la realtà sottostante, da cui i dati per costruire l’oggetto sono tratti, e retroagire su di essa per un fine economico, commerciale o politico, con un’efficacia senza precedenti, in modo sotterraneo.

Si tratta di un oggetto nuovo, che nel passato non è mai stato individuato, riconosciuto e tutelato, né avrebbe potuto esserlo, perché mancava la capacità tecnologica di costruirlo e gestirlo come un’entità precisa e concretamente definita.

Dai dati ai dati digitali come materia prima

È necessario essere precisi: non sono i dati ad essere nuovi ma il loro formato digitale e le tecnologie disponibili oggi, li rendono analizzabili nel loro insieme, come materia prima dell’economia digitale.

Rappresentazioni della collettività sono sempre esistite e sono state sempre determinanti per dare voce e/o influenzare i comportamenti sia dei singoli sia della collettività nel suo insieme: dai trattati dei filosofi alle teorie scientifiche, dalle opere di scrittori e pittori fino alle diapositive delle vacanze o agli scatti della Polaroid a una festa di compleanno. 

Prima di oggi, però, si trattava di viste separate, ciascuna con una propria finalità e un proprio proprietario, operanti in contesti diversi e in tempi distinti e solo casualmente sovrapponibili, correlate ma non integrate: l’elaborazione di un filosofo, la sensibilità di uno scrittore, il programma di un partito, l’inchiesta di un giornalista, il brevetto di uno scienziato, la strategia di un’azienda.

Rappresentazione, analisi e interpretazione della realtà

La retroazione fra la rappresentazione, l’analisi e la interpretazione da un lato e la collettività dall’altro, doveva sostanziarsi in iniziative concrete e visibili che richiedevano tempo, risorse e capacità e dovevano confrontarsi sul piano della realtà con le dinamiche sociali, economiche e politiche rilevanti per ciascuna specifica iniziativa, prima di incidere sulla realtà e modificarla.

Oggi, invece, è possibile raccogliere e racchiudere il patrimonio informativo di una collettività (un Paese, un territorio, una comunità, un’azienda …) in un data lake, memorizzarlo nel cloud, cioè in un data center delocalizzato rispetto alla collettività e  analizzarlo e rianalizzarlo nel suo complesso o nelle sue parti per le finalità più disparate e farne un business, anzi il business per indirizzare e trasformare i consumi, i desideri e le aspirazioni di miliardi di individui sostanzialmente inconsapevoli, ridefinendo la loro stessa identità. Senza considerare la possibilità dolosa di alterarlo (Fake).

E un solo attore può disporre di tutti gli strumenti necessari per arrivare ad incidere sulla collettività, al servizio di una finalità che lui solo conosce e che non necessariamente corrisponde alle leggi e alle regole che governano tale collettività o anche solo alle regole della concorrenza.

Il territorio di un paese e la rappresentazione digitale dei dati collettivi

Nel nuovo contesto, un Paese non è più costituito solo dal suo territorio, dai suoi abitanti ma anche dalla sua rappresentazione digitale, dai dati collettivi costruiti aggregando infiniti dati individuali. Anzi, dalle infinite rappresentazioni digitali collettive possibili in funzione della governance che viene adottata..

L’insieme dei dati prodotti da una collettività, ad esempio dal “sistema Italia”, ha un valore enorme. È un giacimento di informazioni in continua e frenetica espansione. È un asset del Paese, insieme al territorio, al mare, alle opere d’arte e ai monumenti, alla cultura, ai cittadini e alle imprese.

Fino a quando questo giacimento di informazioni, questo asset nazionale, questa nuova dimensione della realtà non sarà pienamente riconosciuta non potrà essere protetta e il suo sfruttamento non potrà essere adeguatamente regolato e valorizzato.

Il diritto di sfruttare questo giacimento oggi non è regolato perché il giacimento stesso non è riconosciuto e quindi non è individuato chi lo dovrebbe regolare, cioè il proprietario di questo nuovo petrolio che si forma, secondo dopo secondo, nel sottosuolo digitale del Paese.

Nell’assenza di regolazione questo patrimonio è in mani incontrollabili. Mani che potrebbero non essere tenute o non essere interessate a rispondere alle leggi dello Stato o agli interessi dell’azienda. In caso di competizione o di conflitto potrà essere usato contro la collettività.

Non è una prospettiva futura, già oggi può essere utilizzato per rispondere a interessi non necessariamente coincidenti con quelli della collettività a cui si riferisce, che sia il Paese o un’impresa. Da qui le scelte USA su TikTok.

Già, ma che fare?

Terza puntata

Leggi la quarta puntata QUI

Se non le hai lette puoi trovare

la seconda puntata QUI

e la prima puntata QUI

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