Gli ultimi tre anni sono stati caratterizzati, nel mercato dei fondi, da un aumento deciso, con un +20%, dei fondi ex articolo 8 del regolamento europeo SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation), quelli cioè conosciuti come “fondi a promozione della sostenibilità”, che integrano i criteri ESG in modo significativo nella selezione degli investimenti e nelle loro politiche d’investimento. Di paro passo l’anno appena trascorso è stato caratterizzato da un calo del 24% del numero dei fondi ex articolo 6, quelli cioè che non hanno un focus specifico sulla sostenibilità.
I dati sono contenuti nella terza edizione del Barometro ESG appena pubblicato da MainStreet Partners, che nell’occasione lancia un allarme: “Con l’aumento del numero di fondi ex articolo 8 – spiega – è cresciuta anche la presenza di coloro, per quanto concerne i dati in nostro possesso, che potrebbero essere accusati di greenwashing. Nel 2022, il 21% di tutti i fondi ex articolo 8 non soddisfaceva i criteri minimi di MainStreet Partners: un valore che è aumentato fino a raggiungere il 24% alla fine del 2023”.
“Il 2023 è stato un anno sfidante per gli asset manager su molti fronti, non ultimo quello di dover tenere il passo con il contesto normativo in continua evoluzione che ruota attorno agli investimenti sostenibili – afferma Neill Blanks, managing director di MainStreet Partners – Nel 2024 continueremo ad anticipare le esigenze degli investitori per aiutarli a soddisfare i loro obblighi normativi, ma anche per identificare ed evitare il greenwashing“.
Il Barometro ESG di MainStreet Partners
I dati della ricerca di MainStreet Partners sono il risultato dell’analisi, su base annua, condotta dal team di ricerca di MainStreet Partners attingendo al database ESG proprietario della società, che conta su più di 7.700 tra fondi ed Etf (Exchange-Traded Funds), più di 83.000 Isin (International Securities Identification Number) per oltre 350 società di gestione e un patrimonio totale di 10 mila miliardi di Euro.
Gli obiettivi principali del barometro sono l’identificazione delle tendenze nel mercato europeo dei fondi, con l’attribuzione di performance di sostenibilità e identificando le tendenze di sostenibilità presenti all’interno dei settori di appartenenza. Il barometro fornisce inoltre una sintesi degli sviluppi normativi in materia di ESG, e include un’analisi dettagliata sugli sviluppi dell’integrazione ESG (Rating Esg) all’interno dei private asset.
Le altre evidenze del barometro
Dallo studio emerge inoltre che – per quanto riguarda l’analisi degli European ESG Template, l’adozione dello “Scope 3” sulle emissioni di gas serra all’interno dei processi di investimento rimane limitata. A considerare esplicitamente le catene di approvvigionamento delle imprese sono soltanto due aree; “Articolo 8 European Bond” e “Small and Mid-Cap European Equity”. Sebbene “Scope 3” sia ampiamente conosciuto all’interno del mercato – spiega MainStreet Partners – esiste un divario significativo tra la disponibilità dei dati e la loro integrazione nel processo decisionale di investimento.
Quanto alla regolamentazione, al dì là dei nuovi indicatori come i Pai (Principle Adverse Impact), “I fondi devono superare una valutazione indipendente in merito agli obiettivi di sostenibilità – spiega MainStreet Partners – di come questi obiettivi vengono raggiunti e di come le attività non siano in conflitto con gli stessi obiettivi dichiarati dai fondi stessi”.
Rispetto infine ai private asset, l’integrazione ESG emerge come naturale per settori come le infrastrutture e l’immobiliare, grazie al riconoscimento dell’impatto ambientale e sociale globale dei settori, ma “non esiste una soluzione unica per valutare correttamente i private asset – conclude MainStreet Partners – tenendo conto delle differenze tra i vari settori e quindi è necessaria un’ampia competenza nell’esecuzione della valutazione per identificare i rischi in materia di sostenibilità”.