“Negli ultimi dodici mesi, il numero di aziende che si sono impegnate a raggiungere emissioni di carbonio net-zero è nuovamente raddoppiato. Si stima che un quarto delle emissioni globali di CO2 e più della metà del PIL globale fanno già parte degli impegni Net-zero. Tuttavia, il gap tra l’ambizione di ridurre le emissioni di CO2 a zero nei prossimi decenni e la realtà è ampio. A causa della natura volontaria della maggior parte degli impegni Net-Zero, infatti, le aziende possono dichiarare obiettivi senza ancorarli concretamente nel business plan. Ciò che è urgentemente necessario, quindi, sono ambizioni Net-Zero che siano sostenute da obiettivi di riduzione di CO2 temporanei basati sulla scienza”.
A sollevare la spinosa questione, che apre uno squarcio inedito su un problema sempre più pressante, è Roland Rott, CFA, Managing Director di La Française Sustainable Investment Research e Head of ESG & Sustainable Investment Research del Gruppo La Française. In un intervento sul tema, Rott pone una cruciale domanda: “Quali misure aziendali saranno prese all’interno delle imprese nei prossimi cinque anni per avvicinarsi significativamente all’obiettivo dell’Accordo di Parigi? Uno studio recente mostra che le aziende che si sono prefissate obiettivi a breve e medio termine stanno riducendo le emissioni a un tasso molto più alto della media economica generale. Non sorprende che banche, assicurazioni e gestori patrimoniali siano sempre più invitati a gestire attivamente i rischi e le opportunità climatiche nei loro portafogli”.
Il ruolo critico degli investitori
“Tuttavia – aggiunge -, attualmente, un portafoglio ben diversificato può essere rispettoso del clima solo quanto la media delle aziende quotate sul mercato. Il nuovo EU Climate Benchmark ha quindi definito, per esempio, come requisito che l’intensità di CO2 del portafoglio deve essere ridotta del 7% ogni anno per essere compatibile con gli obiettivi climatici scientifici. Pertanto, c’è un problema di misurazione così come un problema di incentivi. Gli investitori sono ben attrezzati per giocare un ruolo critico nel far rispettare gli obiettivi di riduzione di CO2 delle aziende in portafoglio. Questo perché metodi molto simili a quelli usati nell’analisi finanziaria sono necessari agli investitori per approvare metriche come la crescita degli utili, il flusso di cassa e i rapporti di bilancio. La sfida per gli investitori qui è quella di integrare i dati ESG e le intuizioni della ricerca sul clima nel processo di investimento. È una sfida impegnativa e significativa. Armati di queste conoscenze, si potrà anche sviluppare un dialogo costruttivo tra aziende e investitori. Il maggiore uso dei diritti di voto durante le assemblee societarie dovrebbe fornire ulteriori incentivi per questo impegno”.
E in futuro? Secondo Rott, “gli standard di reporting significativamente migliorati renderanno più facile per il settore finanziario fissare ambiziosi obiettivi di riduzione di CO2 per i portafogli di investimento. Questo – fa notare – aumenta la pressione sulle società di portafoglio per prendere misure concrete a breve e medio termine e, nella competizione per il capitale, per fornire le soluzioni di trasformazione urgentemente necessarie per Net-Zero 2050 già in questo decennio”.