Per capire cosa sono e da chi sono emessi i “green bond” sarà bene partire dalla traduzione: “obbligazioni verdi”. Proprio come le classiche obbligazioni, si tratta di prodotti finanziari – nello specifico titoli di debito – pensati espressamente per finanziare iniziative che mettono in primo piano la sostenibilità ambientale.
Riguardano quindi progetti che possono mettere in primo piano la produzione di energia da fonti rinnovabili, l’uso sostenibile delle risorse o più in generale l’efficienza energetica, ma possono arrivare a riguardare anche il trattamento dei rifiuti o dell’acqua, il controllo o l’abbattimento dell’inquinamento, gli interventi “green” sui trasporti o sulle infrastrutture, e la bioedilizia.
A teorizzarli per primo fu l’italiano Aldo Romani, che oggi è a capo del Funding sostenibilità della Bei, Banca Europea degli Investimenti, mentre la prima emissione risale al 4 luglio 2007, proprio a opera della Bei. Guardando all’Italia, il primo green bond è stato lanciato nel 2014 da Hera, multiutility emiliana, una obbligazione decennale da 500 milioni di euro.
Le caratteristiche dei green bond
Ma cosa sono i green bond e perché sono differenti dalle obbligazioni tradizionali?
Le caratteristiche peculiari sono principalmente quattro, e riguardano innanzitutto il tipo di progetto da finanziare, che deve essere orientato alla sostenibilità ambientale, il fatto che i proventi dell’emissione debbano essere investiti esclusivamente per la realizzazione di queste iniziative, con conti specifici di destinazione che siano vincolati o con portafogli che possano essere monitorati dall’emittente. Per questo i beneficiari devono produrre, almeno annualmente, una rendicontazione dell’utilizzo dei fondi ottenuti, che deve essere anche sottoposta alla certificazione di un revisore esterno.
Da chi sono emessi
L’emissione dei green bond ha vissuto un’evoluzione importante nel corso degli anni, man mano che l’ESG e le questioni che riguardano la sostenibilità ambientale hanno iniziato a imporsi nelle agende dei governi e delle aziende, con un salto di qualità che si è verificato dopo la Cop21 di Parigi e gli accordi internazionali sul clima.
Il cambiamento principale riguarda il fatto che nei primi anni di disponibilità dello strumento a emettere le obbligazioni verdi erano soprattutto, e all’inizio esclusivamente, le istituzioni finanziarie internazionali, come ad esempio la stessa Bei o la Banca Mondiale.
Ma con il passare del tempo anche singole aziende e società municipalizzate hanno iniziato ad utilizzare questo genere di bond, come sostegno alla loro transizione ecologica, soprattutto in contesti come quelli dei Paesi in via di sviluppo e nelle economie emergenti, con l’obiettivo di raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite. Tra le aziende Italiane più coinvolte nell’emissione di green bond sono da segnalare, a titolo esemplificativo, Enel, Cdp, Ferrovie dello Stato e Intesa Sanpaolo.
La riforma europea sui green bond
Per capire cosa sono i green bond e da chi sono emessi, occorre guardare anche al contesto normativo e in particolare alle logiche di emissione su scala internazionale dove è intervenuta per prima l’associazione internazionale dei mercati di capitali, l’Icma, con la pubblicazione dei “Green Bond Principles”, che arriva a indicare un elenco degli interventi finanziabili.
Ma in un secondo momento a normare il settore con le proprie linee guida è stata l’Unione Europea, che ha elaborato un corpus di standard autonomo per le obbligazioni verdi nell’Ue, che è arrivato nel 2018 con la pubblicazione del piano d’azione europeo per il finanziamento della crescita sostenibile, come parte del Green Deal euopeo. Il nuovo standard prevede tra l’altro, a differenza di quanto avviene nei principi di Icma, un albo di certificatori. In sostanza a dare la second opinion potranno essere sul territorio europeo esclusivamente gli organismi che otterranno la luce verde dall’Ecma, authority di controllo dei mercati finanziari nell’Unione.
Oltre a questo principio, lo standard europeo ne prevede altri tre: il fatto che i fondi ottenuti con questi bond siano allineati alla tassonomia europea, il fatto che ci sia piena trasparenza su come i proventi dei bond vengano utilizzati e il fatto che tutte le emissioni vangano passate al vaglio di un revisore esterno che sia in grado di certificare la compliance rispetto a regole e tassi dei progetti finanziati.
Le obbligazioni verdi in Italia
A mettere in campo una serie di iniziative per sostenere l’utilizzo e la diffusione del green bond è Borsa Italiana, che partecipa alla Sustainable Stock Exchange Initiative dell’Onu e aderisce, attraverso London Stock Exchange (che a sua volta fa parte dei firmatari del Paris Pledge for Action), alla Climate Bonds Initiative, oltre a essere tra gli osservatori – per Icma – dei green bonds principles.
Tra gli impegni di Borsa Italiana c’è quello di sensibilizzare gli emittenti a essere completamente trasparenti in merito allo loro scelte ESG, mettendo tra l’altro a disposizione degli investitori indici e analisi ad hoc. Agli investitori istituzionali e retail la società offre anche la possibilità di identificare gli strumenti i cui proventi vengono destinati al finanziamento di progetti con specifici benefici o impatti di natura ambientale (“green bonds”) e/o sociale (“social bonds”). A testimoniare l’evoluzione del settore c’è anche il fatto che in Itaia sia in negoziazione il più importante green bond corporate a livello europeo, che è stato emesso da Enel Finance International ed è e garantito da Enel Spa: il controvalore complessivo è di 1,25 miliardi di euro, le cedole annuali sono pari all’1% del valore nominale e la scadenza è fissata al 16 settembre 2024.
Green Bond, Social Bond e Sustainable Bond
Accanto ai green bond, esistono anche altri strumenti obbligazionari che fanno riferimento all’ESG: Social Bond e Sustainable Bond. I primi finanziano progetti di grande interesse sociale coniugando obiettivi economici individuali, cioè la remunerazione dell’investimento, con altri di interesse generale, andando cioè nella realizzazione di iniziative che hanno un interesse per la società. Quanto ai Sustainable Bonds, danno l’opportunità agli investitori a coniugare gli obiettivi di investimento con quelli di sostenibilità sociale e ambientale indirizzati ai paesi membri beneficiari, nel campo ad esempio della riduzione della povertà, o di iniziative per la sanità, l’istruzione, le infrastrutture o l’agricoltura.
La crescita esponenziale dei green bond
Negli ultimi anni, la crescente consapevolezza dei rischi e delle sfide poste dai cambiamenti climatici ha trasformato l’approccio agli investimenti e portato alla proliferazione di strumenti finanziari e meccanismi di trasparenza nel settore finanziario, incentivando maggiori investimenti in progetti sostenibili e verdi.
Il movimento della finanza sostenibile ha guadagnato popolarità negli ultimi tempi, con un crescente interesse degli investitori a rendere il proprio portafoglio più sostenibile. Nell’ultimo decennio, l’emissione di green bond è aumentata esponenzialmente, raggiungendo un valore di circa 620 miliardi di dollari statunitensi a livello globale nel 2023, diventando uno strumento chiave per contrastare i cambiamenti climatici.
Dalla loro introduzione nel 2007, i green bond si sono rapidamente diffusi nei mercati finanziari di tutto il mondo. Come mostra il grafico di Statista, negli ultimi anni il valore dei green bond emessi a livello globale è cresciuto in maniera significativa. Se nel 2014 sono stati emessi green bond per un valore di 47 miliardi di dollari statunitensi; nel 2021, questa cifra ha raggiunto un picco di circa 634 miliardi di dollari. Tuttavia, nel 2022 e nel 2023 si è registrata una leggera diminuzione, con green bond emessi rispettivamente per 555 miliardi e 620 miliardi di dollari statunitensi.
Geograficamente parlando, non sorprende che le economie sviluppate vantino i mercati dei green bond più grandi. I paesi europei sono i principali emittenti, con un totale cumulato di green bond emessi in Europa nel 2023 pari a circa 310 miliardi di dollari USA. La rapida espansione dei green bond è stata incentivata da strategie verdi e sostenibili volte a trasformare le economie, incrementare l’efficienza energetica e ridurre le emissioni, solo per menzionarne alcune.
I paesi europei, in particolare grazie al piano del fondo Next Generation EU, hanno promosso questa agenda verde con maggiore intensità rispetto ad altri. Tuttavia, nel 2021 e nel 2022, nazioni come Stati Uniti e Cina si sono affermate come leader mondiali nell’emissione di green bond.
Nel 2023 la Germania ha emesso green bond per un valore complessivo di circa 287 miliardi di dollari statunitensi, posizionandosi come il principale emittente di green bond in Europa. Seguono la Francia e i Paesi Bassi, con emissioni rispettivamente di 229 miliardi e 138 miliardi di dollari statunitensi, completando la top tre dei paesi europei in questo settore. L’Italia si posiziona al quinto posto poiché ha emesso green bond per un valore totale di circa 91 miliardi di dollari.
Più trasparenza e affidabilità con gli EU Green Bond Standard
I Green Bond Standard EU GBS (EU GBS), introdotti dal Regolamento (UE) 2023/2631 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’UE il 30 novembre 2023 e che vedrà l’applicazione delle sue disposizioni a partire dal 21 dicembre 2024, segnano un’importante evoluzione nel panorama della finanza sostenibile. Questi standard volontari, sviluppati dalla Commissione Europea, mirano a creare un mercato più trasparente e resiliente per le obbligazioni verdi e sostenibili e orientato a investire in tecnologie e progetti in grado di supportare la transizione energetica, ecologica e industriale, in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo.
Da sottolineare è il fatto che gli EU GBS fissano una serie di parametri di riferimento che gli emittenti di obbligazioni possono scegliere (volontariamente) di seguire per emettere obbligazioni etichettate come Green Bond UE (EU GBS). Nello specifico, i Green Bond conformi agli Standard EU GBS devono soddisfare quattro requisiti fondamentali.
Anzitutto devono essere destinati esclusivamente a progetti conformi alla Tassonomia UE e i proventi devono essere gestiti con la massima trasparenza, attraverso dettagliate rendicontazioni che includono una scheda informativa pre-emissione, rapporti di allocazione e impatto post-emissione, e revisioni delle performance sia prima che dopo l’emissione;
Un revisore esterno registrato e supervisionato dall’ESMA (Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati) deve verificare tutte le obbligazioni EU GBS, assicurando la conformità al regolamento e l’allineamento alla tassonomia dei progetti finanziati.
In questi termini, l’introduzione degli EU GBS modifica profondamente il mercato dei green bond, aumentando la fiducia degli investitori e incentivando le aziende ad adottare pratiche più sostenibili. (Per approfondire gli sviluppi di questo mercato, puoi leggere il servizio Standard EU GBS: quale impatto sui Green Bond n.d.r.). I Green Bond Standard EU GBS intendono contribuire anche all’evoluzione dei sustainability bond per una maggiore propensione al controllo e alla misurabilità anche delle componenti sociali favorendo di fatto un approccio più olistico alla sostenibilità nei mercati finanziari.
Articolo aggiornato al 21 agosto 2024