Il capitale è probabilmente il fattore più discusso nella lotta al cambiamento climatico e il rapporto tra finanza e clima è sempre più al centro dell’attenzione. Per compiere progressi concreti, è cruciale promuovere gli investimenti nelle tecnologie esistenti, nonché in quelle emergenti e future, che possano contribuire a mitigare gli effetti della crisi climatica e favorire la transizione verso un’economia sostenibile.
Finanza e clima: il confronto a livello internazionale
In questo contesto, la 28ª edizione della COP (Conferenza delle Parti) ha compiuto significativi passi avanti nell’integrare l’ingranaggio della finanza all’interno della macchina del Net Zero. Durante la conferenza, circa 80 miliardi di dollari, di cui 57 miliardi nei primi quattro giorni, sono stati stanziati da governi, settore privato, investitori e organizzazioni filantropiche per sostenere diverse iniziative nell’ambito dell’agenda climatica. I Paesi europei hanno concordato all’unanimità l’eliminazione graduale dei combustibili fossili, delineando così una chiara direzione per l’UE, mentre tutte le Parti hanno convenuto all’ambizione di “abbandonare progressivamente i combustibili fossili”, facendone menzione per la prima volta in un accordo formale.
Va riconosciuto che essere arrivati a questo punto è stata un’impresa notevole data la complessità del sistema della COP, che si basa sull’unanimità. La prossima volta che nel vostro piccolo gruppo d’amici non riuscite a decidere in quale ristorante andare a mangiare, pensate ai delegati che rappresentano i 199 Stati membri della COP che devono decidere su un preciso lessico per ogni accordo e passare attraverso le inevitabili frizioni per cercare di ricondurre un gruppo disparato a un terreno comune come quello tra finanza e clima. Questo risultato assume particolare rilevanza considerando che la COP28 è stata presieduta dagli Emirati Arabi Uniti (EAU), Paese strettamente legato all’industria petrolifera. Considerando la considerevole quantità di compromessi necessari, non sorprende che la promessa pubblica di abbandonare l’uso dei combustibili fossili abbia attirato l’attenzione dei media.
Una serie di iniziative che rafforzano il rapporto tra finanza e clima
L’ottimismo della maggior parte dei commentatori quando si discute di finanziamenti si concentra inevitabilmente sull’ammontare raccolto. Tuttavia, sebbene questo sia stato un risultato notevole, il fattore cruciale da considerare per le tendenze future è stato il chiaro momentum nel campo della finanza sostenibile e del rapporto tra finanza e clima.
Tra le iniziative più rilevanti in questo ambito spiccano l’istituzione del Global Climate Finance Centre (GGFC) ad Abu Dhabi, un centro di ricerca focalizzato sull’identificazione di nuove forme di finanziamento per affrontare le sfide climatiche, e il lancio di “ALTÉRRA”, veicolo finanziario dedicato agli investimenti nei progetti di adattamento climatico delle economie emergenti. Gli Emirati Arabi Uniti hanno contribuito con un versamento iniziale di 30 miliardi di dollari per ALTÉRRA, con l’obiettivo di mobilitarne complessivamente 250 entro la fine del 2030. Inoltre, è da menzionare la firma della Carta per la Decarbonizzazione del Petrolio e del Gas, un nuovo impegno sottoscritto da 52 importanti attori dell’industria petrolifera (i quali, insieme, rappresentano circa il 40% della produzione annuale di petrolio), che mirano a raggiungere operazioni a emissioni zero entro il 2050, con uno sforzo specifico per eliminare le emissioni di metano entro il 2030.
Un ecosistema focalizzato su finanza e clima alla ricerca di nuovi equilibri
Fondamentalmente, gli sviluppi della COP28 segnalano che l’intero ecosistema finanziario sta gradualmente adottando un approccio più sostenibile. Questo non è solo auspicato, ma inevitabile. I risultati del primo “Global Stocktake”, un bilancio climatico che valuta i progressi nella lotta al cambiamento climatico, hanno rivelato un divario di investimenti pari a 40 mila miliardi di dollari, una somma necessaria per realizzare l’ambizioso obiettivo delle zero emissioni nette. Questo sottolinea la necessità di impegnare somme di denaro significativamente maggiori verso progetti legati al clima, sia attraverso l’azione diretta dei Paesi più sviluppati, sia tramite collaborazioni tra settori pubblico e privato.
Durante la COP28, è emersa con forza l’importanza di investire in nuove infrastrutture sostenibili, non solo per la produzione di energia pulita, ma anche per la sua trasmissione e su questo punto un ruolo chiave è affidato al rapporto tra finanza e clima. È stato enfatizzato il concetto chiave di “nessuna transizione senza trasmissione”, evidenziando che la generazione abbondante di energia rinnovabile risulta inutile senza una rete di trasmissione adeguata. Un esempio tangibile è rappresentato dal Regno Unito, che mira a generare 50 gigawatt di energia eolica offshore entro il 2030, ma che per farlo avrà bisogno di un’infrastruttura di trasmissione elettrica cinque volte maggiore di quella attuale.
Di conseguenza, la sfida posta dall’obiettivo del Net Zero è estremamente ampia e va oltre la semplice integrazione di energia rinnovabile: implica una transizione verso un’economia e società sostenibili, coinvolgendo tutti i settori, comportamenti collettivi e pratiche aziendali. Questo cambiamento richiederà non solo modifiche infrastrutturali e tecnologiche, ma anche una revisione dei modelli economici e sociali per garantire un futuro sostenibile per le generazioni future.
Come ridefinire i temi del rischio e del rendimento per gli investitori
Per realizzare questo obiettivo, nonostante il tangibile momentum positivo, è fondamentale un notevole miglioramento nell’ecosistema della finanza sostenibile e delle relazioni tra finanza e clima. È cruciale intervenire sugli incentivi e sui meccanismi di mercato per abbattere le barriere agli investimenti nelle attività sostenibili. Questo consentirà di trovare un equilibrio allettante tra rischio e rendimento per gli investitori, incentivando il flusso di capitale verso progetti e settori che promuovono un’economia verde. Parallelamente, è fondamentale frenare gli investimenti in entità non sostenibili che non dimostrano un impegno sufficiente per una transizione adeguata.
Questo evidenzia l’importanza di condurre un’analisi dettagliata sull’integrazione delle considerazioni ambientali, sociali e di governance (ESG) nelle operazioni, nelle pratiche aziendali e nelle strategie a lungo termine delle aziende. Tale analisi è fondamentale per soddisfare le aspettative etiche e per affrontare le conseguenze finanziarie e reputazionali dei comportamenti aziendali ritenuti meno in linea con gli imperativi sostenibili.
Le nuove legislazioni e direttive europee e internazionali indicano un interesse comune sul tema della nomenclatura ESG. Essenzialmente, ogni anello della catena d’investimento dovrà sempre più esplicitare con chiarezza le credenziali verdi, assicurando così sia una classificazione che un marketing appropriati – un notevole passo avanti per sradicare il discusso greenwashing.
Il ruolo dell’ESG: finanza e clima più vicini
Ciò significa che la normativa ESG non può semplicemente diventare una checklist da spuntare; rispettare le metriche finanziarie è importante ma confermare standard etici e di sostenibilità sarà fondamentale.
In definitiva, l’adozione e l’applicazione coerente di tali principi, insieme all’evoluzione delle industrie e alla ridefinizione dell’architettura finanziaria per favorire questa transizione, giocano un ruolo essenziale nel promuovere una cultura aziendale orientata alla sostenibilità. Questo contribuisce significativamente a plasmare un futuro più verde e responsabile per l’intera società